Agoaspirato del seno: cosa permette di scoprire?

Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche

Ultimo aggiornamento – 23 Ottobre, 2018

agoaspirato del seno: come si effettua e come si leggono i risultati

Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno, il cancro più frequente nel sesso femminile.

Grazie al progredire delle conoscenze mediche e alla diagnosi precoce, sostenuta anche dalle molte iniziative volte a sensibilizzare le donne sul tema e a proporre loro screening gratuiti, oggi la mortalità per il cancro della mammella è minore rispetto al passato.

Sottoporsi a dei regolari controlli periodici può fare davvero la differenza e, sicuramente, essere informate riguardo le varie tecniche diagnostiche è di notevole utilità.

Tra gli altri, è utile capire a cosa si fa riferimento quando si parla di agoaspirato del seno, un esame che prevede il prelievo di un campione di cellule dalla mammella per essere poi analizzata al microscopio.

Agoaspirato del seno, un utile esame citologico

L’agoaspirato del seno è un esame citologico, ovvero una tecnica che consente di prelevare e visionare al microscopio alcune cellule del seno. In particolare, le cellule vengono prelevate da un nodulo o da un’altra area di tessuto mammario che appare sospetta mentre si esegue un’ecografia o una mammografia.

L’agoaspirato, però, può essere utilizzato anche per prelevare dei campioni da linfonodi sospetti, ad esempio dai linfonodi ascellari. Oltre al ruolo diagnostico, questa tecnica ha anche applicazioni terapeutiche.

Tuttavia, in questo post ci concentriamo esclusivamente sulla sua utilità diagnostica, poiché si tratta di una procedura utilissima per distinguere la natura benigna o maligna di una lesione, e di solito viene effettuato in seguito a mammografia o ecografia mammaria.

Una volta che le tecniche diagnostiche per immagine hanno evidenziato una lesione, infatti, è importante conoscerne la natura. Osservando le cellule prelevate con agoaspirato è possibile proprio identificare se si tratta di una cisti o di un fibroadenoma, cioè di una lesione benigna o di un tumore maligno. L’agoaspirato del seno, quindi, è una tecnica diagnostica complementare alla mammografia o all’ecografia mammaria.

Come si esegue l’agoaspirato del seno

L’agoaspirato del seno è una tecnica diagnostica minimamente invasiva, per la quale non serve alcuna preparazione da parte della paziente.

Il prelievo viene eseguito attraverso un ago sottilissimo, inserito nel seno (dopo aver adeguatamente disinfettato la zona) e raggiunge il nodulo o l’area sospetta, dalla quale preleva un campione di cellule o di liquido. Il nodulo o la zona su cui effettuare il prelievo viene individuato facilmente perché l’esame di esegue sotto la guida ecografica.

La procedura, quindi, si realizza con la paziente in posizione supina sul lettino, e dura pochi minuti. Durante il prelievo, l’ago viene spostato avanti e indietro nella zona da indagare, in modo da assicurarsi di raccogliere per bene il campione, ma non occorre preoccuparsi per il dolore! Generalmente la procedura provoca solo un poco di fastidio, tanto che non è necessaria l’anestesia locale.

I movimenti dell’ago sono necessari per essere certi di campionare tutte le lesioni sospette e perché una quantità esigua di materiale biologico potrebbe rendere inutile tutta la procedura, poiché sarebbe impossibile fornire un risultato certo. Una volta raccolte le cellule o il liquido, il materiale presente nell’ago viene depositato su due o più vetrini e inviato al laboratorio, dove verrà studiato.

Sebbene la procedura non sia generalmente dolorosa, è possibile che ci si sente un poco indolenzite dopo l’agoaspirazione. Per ridurre il fastidio può essere utile un impacco di ghiaccio, il quale riduce anche il rischio di comparsa di ematomi.

E il risultato?

Il risultato della valutazione citologica viene elaborato in pochi giorni e sul referto sono generalmente riportati dei codici e una breve descrizione. I codici che possono essere riportati nel referto sono C1, C2, C3, C4 o C5, ed ognuno ha un significato preciso. In particolare:

  • C1 indica che il campionamento del materiale è stato inadeguato o non rappresentativo, cioè o è stato eseguito male tecnicamente o sono state prelevate pochissime cellule, e dunque non è possibile eseguire la valutazione citologica.
  • C2 indica che le cellule valutate hanno alterazioni sicuramente benigne.
  • C3 indica che la lesione presenta elementi di natura benigna ma anche qualche atipia.
  • C4, invece, individua il sospetto di malignità, cioè una diagnosi non definitiva di carcinoma, ma la presenza di elementi cellulari meritevoli di ulteriori accertamenti.
  • C5, infine, è assegnato alle lesioni francamente maligne.

L’esame non comporta alcun rischio e, sotto il parere del medico, in alcuni casi, risulta davvero di vitale importanza.

Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche
Scritto da Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche

Da sempre interessata alla divulgazione scientifica e con un'implacabile sete di conoscenza che vorrei condividere, sono Biologa, laureata in Biotecnologie Mediche e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche. Svolgo sia attività libero professionale di Biologo Nutrizionista sia attività di ricerca, presso l’Università "La Sapienza" di Roma.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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