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Allergia in arrivo: come prepararci?

Marco Cicirello | Blogger

Ultimo aggiornamento – 17 Marzo, 2015

Marzo è arrivato e con lui le condizioni atmosferiche incerte e mutevoli che caratterizzano il primo mese di primavera. Giornate di sole si alternano a improvvisi ritorni del clima invernale. Ma con la primavera, si sa, torna anche un altro fenomeno che dà filo da torcere a moltissime persone: l’allergia. Starnuti, occhi che prudono, naso chiuso e che cola, lacrimazioni e altre reazioni sono i classici sintomi di allergia ai pollini primaverili che si accumulano nell’atmosfera.

Prima che la primavera si faccia avanti con tutto il suo carico di allergeni, abbiamo pensato di rimediare intervistando la dottoressa Claudia Alessandri, specialista in allergologia, che ci darà alcune informazioni per prepararci alla stagione delle allergie.

La stagione delle allergie è in arrivo. Quali sono i primi segnali che ci fanno capire che è iniziata l’allergia?

I primi sintomi possono essere caratterizzati dalla comparsa di starnuti a ripetizione, prurito al naso, al palato e alle orecchie ma, ben presto, a seconda del grado di sensibilizzazione allergica del paziente e della concentrazione del polline nell’atmosfera, possono comparire lacrimazione ed iperemia congiuntivale, scolo di muco limpido dal naso (rinorrea). In soggetti predisposti possono sopraggiungere tosse, raucedine e difficoltà respiratoria.

Come difenderci? Esistono sostanze che possiamo evitare? O altre che possono aiutarci ad affrontare al meglio i sintomi dell’allergia?

La prima difesa consiste nel “conoscere il nemico” e quindi sottoporsi a indagini diagnostiche, preferibilmente di tipo molecolare, per ben caratterizzare ed individuare dal punto di vista allergologico le modalità di esposizione che condizionano la propria reattività.
Molto spesso un paziente vede acuirsi i sintomi respiratori in primavera e suppone di essere allergico solo ai pollini primaverili, sottovalutando “il naso sempre chiuso” o la costante secrezione retrofaringea che lo affligge durante l’inverno, spesso legata alla presenza di altri allergeni, alcune volte perenni (acari) o stagionali, ma comunque invernali (polline di cipresso o nocciolo).

Evitare il polline sarebbe come dire “smetti di respirare”. I pollini sono presenti nell’atmosfera. Veicolati dal vento percorrono chilometri, e possono entrare anche nelle abitazioni appena apriamo la finestra. L’essere umano, il bambino in particolare, devono fare una vita normale. Spettano al bravo allergologo la diagnosi e la terapia. Chi soffre di pollinosi non deve subire restrizioni di sorta. Non dimentichiamoci che esistono atleti allergici che si allenano all’aperto e che vincono medaglie nonostante la loro allergia.  Spesso, specie in un bambino, la pollinosi può coesistere anche con l’allergia alimentare. Quest’ultima può impedirgli una vita normale, che però può essere fatta di giochi all’aria aperta e di corse in bicicletta. Se lo si limita anche in questo si rischia di ghettizzarlo ancora di più, deprimendolo, rendendolo diverso dagli altri bambini ed impedendogli quella qualità di vita fatta di socializzazione e scambio con la natura indispensabile ad uno sviluppo normale.

Per affrontare l’allergia esistono farmaci specifici a base di antistaminici e cortisonici inalatori (scarsamente assorbiti e quindi con  nessun effetto sistemico, ma localizzato solo all’organo bersaglio cioè naso, congiuntiva e bronchi). Se la terapia antiallergica non è sufficiente a contenere i sintomi e si è costretti a ricorrere a farmaci per lunghi periodi, una volta caratterizzata molecolarmente la reattività del paziente, in alcuni casi, si può ricorrere all’immunoterapia specifica. Questa terapia consiste nella somministrazione per bocca, a piccole dosi sublinguali dell’estratto allergenico in causa, per ottenere, nel giro di 3-5 anni, la riduzione fino alla scomparsa dell’ipersensibilità del paziente, con la remissione dei sintomi.

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Quali sono gli allergeni più diffusi? 

La presenza o meno di un determinato polline e quindi delle proteine allergeniche in esso contenute, dipende dalla zona climatica in cui si vive.

Inizierei con i pollini delle Fagales che precedono e accompagnano l’impollinazione primaverile. Gli alberi appartenenti all’ordine delle Fagales (es. Betulla, Nocciolo, Carpino, Faggio, Quercia, Castagno) iniziano ad impollinare  a fine gennaio, come il nocciolo, per terminare a luglio con il castagno. Tutti questi pollini contengono nel loro polline una proteina allergenica molto simile. Un paziente sensibilizzato a questa proteina allergenica può iniziare ad avere sintomi da gennaio a luglio. Chi vive in Italia centrale e meridionale, difficilmente ha contatti con alberi di betulla, ma il nocciolo, le querce, i castagni e i faggi sono presenti in tutte queste regioni.

Le Cupressacee (polline del cipresso e di altre piante appartenenti a questa famiglia, come ginepro e tuja) nei giorni invernali di febbraio e marzo stanno creando non pochi problemi ai pazienti sensibilizzati al loro polline. La loro impollinazione va da fine gennaio agli inizi di aprile, con una nuova possibile riacutizzazione a novembre nelle zone in cui è presente il ginepro.

Le Parietarie (ne esistono varie specie) impollinano da febbraio a fine ottobre, specie nelle regioni centro-meridionali e nelle isole, causando spesso anche asma bronchiale.

Nelle città l’impollinazione del platano, tanto spesso usato a scopo ornamentale, può causare sintomi, fortunatamente di breve durata in aprile.

L’ulivo impollina a maggio-giugno, insieme ad alcune altre Oleaceae (frassino, ligustro, lillà, forstizia) che producono polline contenente una proteina allergenica simile a quella dell’olivo. Questa allergia può cominciare già in marzo e finire ad inizio luglio. Molti pazienti quindi, pur in apparente assenza di alberi di olivo, possono avere sintomi.

Da fine marzo a inizio ottobre impollinano le graminacee, erbe assi diffuse su tutto il territorio nazionale. La maggiore concentrazione del polline di queste piante si ha tra maggio e giugno, ma a secondo della zona (es pascoli montani) e delle intensità delle piogge che ne favoriscono la crescita, l’impollinazione perdura a lungo anche durante l’estate.

Una persona non allergica può sviluppare allergia verso pollini?

Questa è il tipo di domanda più frequente da parte di un paziente che si è improvvisamente scoperto allergico: “Dottore, non capisco, ma fino all’altro anno non ho mai avuto nulla e ora sto malissimo”.

Chi non è immunologicamente predisposto a essere allergico non soffrirà mai di pollinosi, chi è predisposto può iniziare ad avere sintomi a qualsiasi età, anche da anziano, ma al momento non sappiamo come distinguere le due tipologie e rimane quindi importante la diagnosi precoce al primo insorgere dei sintomi e non dopo un eventuale peggioramento che interviene dopo una o più stagioni.

Se i propri familiari sono allergici, è possibile sviluppare allergia anche da grandi? Si è maggiormente predisposti?

Avere un familiare o più di un familiare allergico aumenta la possibilità di sviluppare allergia, ma si può essere allergici, anche se in famiglia nessuno è allergico indipendentemente dall’età. Di due gemelli monocoriali e quindi identici, uno può essere allergico, l’altro no. A causa dell’invecchiamento medio della popolazione, negli ultimi anni vediamo sempre più persone della quarta e quinta età diventare allergici per la prima volta. Anche in questo caso bisogna pensare alla possibilità di una allergia e non scartarla solo per motivi anagrafici.

Fino a quando dura il periodo delle allergie?

Se con “periodo di allergia” intendiamo la pollinosi, in conformità a quanto scritto prima e al numero di pollini cui è sensibilizzato il paziente, l’unico mese sicuramente “libero” da pollini è quello di dicembre. Questo ovviamente vale nel paziente polisensibilizzato che vive in Italia, ma la nostra geografia è molto variabile e la durata dei sintomi dipende dal combinato costituito dal profilo personale di sensibilizzazione e dalla qualità e quantità di polline disperso in atmosfera nel luogo dove il paziente “ha il naso”.

Città, paesi e campagne: esistono differenze tra le allergie in questi luoghi diversi? L’inquinamento può peggiorare l’allergia?

Esistono moltissimi studi in letteratura che hanno dimostrato come il particolato atmosferico (inquinamento) peggiori i sintomi dell’allergia. Paradossalmente, ma non tanto, purtroppo, è meglio vivere in campagna in mezzo alle erbe e agli alberi che in una città piena di smog. Esistono studi internazionali, quindi, che contrastano certi decaloghi apparsi online in questi giorni. Decaloghi  che sembrano consigliare di confinare il paziente allergico in un ambiente chiuso lontano da qualsiasi allergene “indoor e outdoor”. In ogni caso lo spostamento dalla città alla campagna comporta una variazione quali/quantitativa dei pollini dispersi. Si può per questo passare per alcuni pollini da una situazione più favorevole in campagna (es. polline di parietaria o platano) ad una più sfavorevole (es. graminacee, olivo).

 

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Scritto da Marco Cicirello | Blogger

La scrittura è la mia personale visione del mondo. Penso che tutto ciò che riguarda gli uomini riguardi anche me e, grazie a Pazienti, posso parlare ogni giorno della cosa più importante della vita: la salute, sia quella fisica che quella mentale.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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