Il gruppo sanguigno potrebbe giocare un ruolo nella suscettibilità al Coronavirus. La notizia, spesso letta in qualità di fake news, circola da mesi. Inizialmente, a sostenerlo avevamo un team di ricerca cinese guidato da scienziati dell'Università Meridionale della Scienza e della Tecnologia di Shenzhen.
A marzo, nel pieno della pandemia, è poi arrivata la conferma con una ricerca scientifica internazionale pubblicata sull'autorevole rivista New England Journal of Medicine che ha coinvolto centri di ricerca norvegesi, tedeschi e spagnoli e italiani, coordinati dal Policlinico di Milano in collaborazione con l'Istituto Clinico Humanitas e l'Ospedale San Gerardo di Monza.
Oggi, a riportare l'attenzione della comunità scientifica sul legame tra i gruppi sanguigni e il Coronavirus sono due studi appena pubblicati sulla rivista Blood Advances, che offrono ulteriori prove del potenziale ruolo dei gruppi sanguigni nel prevedere la vulnerabilità all'infezione e la gravità del Covid-19.
Cerchiamo di capirne di più.
Gruppo sanguigno e Coronavirus: maggiore protezione per il gruppo 0
Le due nuove ricerche si aggiungono, dunque, alla crescente mole di dati secondo cui c'è effettivamente un legame tra il gruppo sanguigno e la suscettibilità al Coronavirus.
Nel primo studio, i ricercatori hanno messo a confronto i dati danesi di oltre 47mila persone positive con i dati di circa 2 milioni di persone della popolazione generale. Dall'analisi è emerso chiaramente che tra i positivi risultavano meno persone con gruppo sanguigno 0 e più persone con i gruppi A, B e AB.
Nel secondo studio, le cose cambiano leggermente. Sembrerebbe, infatti, che i pazienti con gruppi sanguigni A o AB corrono un rischio maggiore di sviluppare una forma grave di Covid-19, se paragonati ai ai pazienti con i gruppi sanguigni 0 o B. Questa volta, sono stati passati in rassegna i dati di 95 pazienti gravi ricoverati in un ospedale canadese, scoprendo che quelli con gruppi sanguigni A o AB necessitavano con maggior frequenza della ventilazione meccanica, per danni polmonari, e della dialisi, per insufficienza renale.
Anche il DNA sarebbe coinvolto: sotto i riflettori una regione del cromosoma 3
Non solo il gruppo sanguigno. Da quanto emerso, anche il DNA potrebbe svolgere un ruolo importante nella manifestazione dei sintomi e, in particolare, nella gravità del coinvolgimento respiratorio di Covid-19. Parliamo, infatti, di una regione del cromosoma 3, anche se il meccanismo con cui questa porzione di codice genetico agirebbe sulla patologia non è ancora del tutto chiaro.
«Per ora abbiamo due marcatori genetici che indicano un aumento del rischio alla gravità della patologia: uno è il gruppo sanguigno, che conosciamo meglio e l'altro è una regione del cromosoma 3 che comprende alcuni co-recettori del virus e fattori infiammatori, ma è ancora in corso di definizione».
In ogni caso, conoscendo questi due fattori, sarà possibile prevedere quali persone saranno più suscettibili a eventuali complicazioni. I medici saranno dunque più preparati a mettere in campo «le migliori strategie di prevenzione e trattamenti più mirati. Inoltre, questa scoperta è fondamentale per la ricerca scientifica, perché può contribuire nella messa a punto di vaccini efficaci contro Sars-CoV-2».
In ogni caso, sempre a detta degli esperti, è importante sottolineare che i gruppi sanguigni in sé non influenzano il rischio di contrarre il Covid-19. Sappiamo però che quando vengono contagiate persone di determinati gruppi, è più probabile assistere a sintomi ben più gravi.