Un farmaco contro il Coronavirus è davvero pronto? Questa la notizia che sta da pochissimo rimbalzando in rete. Ma, conservando la positività e la fiducia nella scienza, cerchiamo di capirne di più.
Come si cura il Coronavirus?
Sinora, gli Specialisti - nei casi più gravi - hanno impiegato terapie farmacologiche già note per la cura di altre patologie, come l'AIDS e l'artrite reumatoide. Ora, pare finalmente esserci un farmaco progettato nello specifico per combattere il Coronavirus Sars-CoV2.
C'è da dire che si lavora su diversi fronti e Paesi davvero incessantemente, studiando anche il plasma dei soggetti guariti o valutando i reali effetti dei farmaci antinfiammatori.
Il primo farmaco contro il Coronavirus
Un passo alla volta, dunque, che sembra aver condotto un team dell'Università olandese di Utrecht - coordinato da Chunyan Wang - a elaborare il primo farmaco contro il Coronavirus.
Quando sarà disponibile?
Tempo, pazienza e fiducia. Ecco la risposta. Secondo gli esperti, il farmaco dovrà essere ora sottoposto a diversi test sugli animali e poi sull'uomo, prima di essere commercializzato.
Si parla, quindi, di mesi per raggiungere e rispettare gli standard di sicurezza necessari.
Di cosa si tratta? Parliamo di un farmaco monoclonale, in grado di identificare la proteina nota come "spike" (punta, artiglio) o indicata con la lettera S, che il virus sfrutta per aggredire le cellule respiratorie umane.
Quali sono le altre ricerche in atto?
Come già detto, si lavora in più di un laboratorio. Si sta, infatti, analizzando anche il plasma dei pazienti già guariti dal Virus con alti livelli di anticorpi. Ovviamente, prima di procedere alle somministrazioni di plasma ai pazienti colpiti dal virus, si attende il via libera dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss).
E il farmaco contro l'artrite reumatoide?
Noto col nome di tocilizumab, questo farmaco - la cui sperimentazione è partita da Napoli - sarà distribuito gratuitamente dalla Roche anche nelle altre Regioni. "Ci sono fatti svolti in Cina su grandi numeri di pazienti, in Italia lo stiamo studiando, ma è ancora presto per trarre conclusioni", ha affermato Giuseppe Remuzzi, dell'Istituto farmacologico Mario Negrì di Bergamo.
Non vanno dimenticati i possibili effetti collaterali di queste terapie, come i danni renali.
Si lavora senza sosta. Fiducia: la soluzione potrebbe non essere così lontana.