Diabete e intestino: la scoperta che potrebbe ridurre l’infiammazione

Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano
A cura di Mattia Zamboni
Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano

Data articolo – 22 Dicembre, 2025

Un operatore sanitario in divisa esegue un test della glicemia a un paziente anziano seduto in uno studio medico

Il diabete di tipo 2 è, ad oggi, una delle patologie metaboliche più diffuse al mondo: secondo le stime globali, colpisce centinaia di milioni di persone e la sua incidenza continua a crescere, soprattutto nei Paesi occidentali.

Alla base di questa condizione, vi è un’alterazione della risposta dell’organismo all’insulina, l’ormone che permette al glucosio di entrare nelle cellule. Quando i tessuti diventano meno sensibili alla sua azione, il glucosio resta nel sangue e il pancreas è costretto a produrre quantità sempre maggiori di insulina. Questo meccanismo, noto come resistenza insulinica, non è solo un problema metabolico, ma anche immunitario.

Uno studio recente ha identificato un possibile meccanismo protettivo legato a un metabolita prodotto dai batteri intestinali: la trimetilammina (TMA).

Scopriamo di più.

Il ruolo dell’infiammazione

Negli ultimi anni, la ricerca ha chiarito che l’infiammazione cronica di basso grado è uno dei principali motori della resistenza all’insulina. L’attivazione persistente del sistema immunitario porta al rilascio di segnali infiammatori che interferiscono con i normali percorsi dell’insulina all’interno delle cellule.

Il risultato è un circolo vizioso: l’infiammazione riduce la sensibilità insulinica, l’aumento della glicemia e dell’insulina alimenta ulteriormente l’infiammazione e, nel tempo, il rischio di sviluppare diabete e altre malattie metaboliche aumenta in modo significativo.

In questo contesto si inserisce il microbioma intestinale, ovvero l’insieme dei microrganismi che vivono nel nostro intestino. Questi batteri non si limitano a partecipare alla digestione, ma producono una vasta gamma di molecole capaci di influenzare il sistema immunitario e il metabolismo.


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Numerose evidenze hanno già dimostrato che alterazioni della composizione del microbioma possono favorire stati infiammatori cronici e aumentare il rischio di insulino-resistenza. Ora, però, la nuova ricerca in questione aggiunge un tassello importante a questo quadro.

La trimetilammina (TMA) viene prodotta durante la digestione della colina, un nutriente presente in alimenti comuni come uova, pesce, legumi e alcuni vegetali. Analizzando modelli cellulari umani, studi su animali e bersagli molecolari specifici, i ricercatori hanno osservato che questa molecola è in grado di ridurre l’infiammazione indotta dalla dieta e migliorare la sensibilità all’insulina.

Il meccanismo biologico

Il dato chiave riguarda l’interazione tra la TMA e una proteina chiamata IRAK4, coinvolta nelle vie di attivazione del sistema immunitario. In presenza di una dieta ricca di grassi, IRAK4 contribuisce ad accendere risposte infiammatorie che favoriscono la resistenza insulinica.

La TMA sembra legarsi direttamente a questa proteina e bloccarne l’attività. In questo modo, l’infiammazione si riduce e la risposta dell’organismo all’insulina migliora, con un effetto positivo sul controllo della glicemia.

Un aspetto particolarmente interessante è che l’eliminazione genetica o il blocco farmacologico di IRAK4 produce effetti simili a quelli osservati con la TMA, suggerendo che questa via potrebbe rappresentare un bersaglio terapeutico rilevante.

Finora, l’attenzione si era concentrata soprattutto su un altro metabolita, il TMAO, derivato ossidato della TMA, spesso associato a un aumento del rischio cardiovascolare. Questo studio suggerisce invece che la TMA, prima di essere convertita in TMAO, possa avere effetti metabolici favorevoli.

Il risultato è un cambio di prospettiva: non tutti i metaboliti intestinali legati alla colina hanno necessariamente un impatto negativo e il loro effetto dipende dal contesto biologico e metabolico in cui agiscono.

Primo piano di una persona che utilizza un glucometro per misurare il livello di zucchero nel sangue da un dito

Questi dati rafforzano l’idea che la dieta non influenzi la salute solo in modo diretto, ma anche attraverso il modo in cui il microbioma intestinale metabolizza i nutrienti.

Regimi alimentari ricchi di fibre, alimenti vegetali integrali e poco processati favoriscono una maggiore diversità microbica e la produzione di metaboliti con effetti antinfiammatori, come gli acidi grassi a catena corta. Al contrario, le diete occidentali ricche di grassi saturi e zuccheri raffinati sono associate a disbiosi intestinale e a un aumento dell’infiammazione sistemica.

Sebbene siano necessari ulteriori studi clinici sull’uomo per confermare questi risultati, la direzione è chiara: il microbioma intestinale rappresenta un attore centrale nella regolazione dell’infiammazione e del metabolismo del glucosio.

In futuro, questo potrebbe tradursi in approcci nutrizionali più mirati, basati su alimentazione personalizzata, probiotici specifici o strategie capaci di modulare la produzione di metaboliti benefici.

Fonti:

  • Nature MetabolismInhibition of IRAK4 by microbial trimethylamine blunts metabolic inflammation and ameliorates glycemic control
  • DiabetesatlasDiabetes around the world
  • PubMedInsulin resistance and chronic inflammation
  • Signal Transduction and Targeted TherapyGut microbiome regulates inflammation and insulin resistance: a novel therapeutic target to improve insulin sensitivity
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