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Dolore alla spalla quando si alza il braccio? Ecco cosa fare in questi casi

Redazione

Ultimo aggiornamento – 28 Ottobre, 2020

Tendinopatia alla spalla

A cura di  sanita_informazione

Dr. Luigi Messuri, specialista in Ortopedia e Traumatologia - Dr.ssa A. Barbieri, coordinatore infermieristico S.C. Ortopedia e Traumatologia.


Negli ultimi anni, la terapia con onde d’urto ha trovato nel trattamento di alcune patologie a carico dell’apparato osteoarticolare uno dei maggiori ambiti di applicazione.

Tra queste, sicuramente le patologie a carico dell’articolazione della spalla e, nello specifico, le tendinopatie che interessano prevalentemente la cuffia dei rotatori (l’insieme dei tendini del sovra spinato, sottospinato, sottoscapolare e piccolo rotondo) e il capo lungo del bicipite.

Tendinite alla spalla: cosa è e quali sono i sintomi?

La tendinopatia calcifica della spalla è più frequente nei pazienti tra i 30 e i 60 anni e le donne sono più colpite degli uomini.

Causa della comparsa di tale patologia può essere o un trauma contusivo diretto alla spalla o un trauma da contraccolpo (ad esempio, da caduta sulla mano ad arto esteso) o, ancora, movimenti ripetuti con elevazione dell’arto, come avviene in diversi sport e in alcune attività lavorative (parrucchieri).

La sintomatologia si manifesta e tende ad aggravarsi a causa dello sfregamento che avviene con la superficie inferiore dell’acromion-claveare legato all’aumento di spessore dei tendini, dovuto all’infiammazione e alla frequente presenza di calcificazioni della borsa.

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I segni della tendinopatia

Il paziente presenta:

  • Dolore alla spalla, prevalentemente in specifici movimenti, quali elevazione, abduzione e intra-rotazione dell’arto, con maggior comparsa durante la notte.
  • Limitazione funzionale inizialmente a carico di alcuni movimenti e, successivamente, se non trattata, a carico di tutta la spalla con possibile rischio di blocco acuto.

La diagnosi della tendinopatia alla spalla

Il primo approccio diagnostico nei confronti della patologia avviene attraverso l’esecuzione della radiografia della spalla che consente di valutare le caratteristiche anatomiche del soggetto (acromion piatto, arrotondato o a uncino), la presenza o meno di aspetti artrosici e l’eventuale presenza di calcificazioni.

Quindi l’ecografia che ci mostra la presenza o l’assenza di soluzioni di continuo dei tendini, l’infiammazione degli stessi e l’eventuale reazione a un conflitto con l’articolazione acromion-claveare.

Un’eventuale risonanza magnetica nucleare trova indicazione solo in presenza di segni clinici di rottura dei tendini ed è finalizzata alla valutazione del trofismo muscolare e dell’eventuale residuo tendineo, in vista di un intervento chirurgico.

Cura delle tendinopatie: perché le onde d'urto possono aiutare?

La proposta terapeutica con onde d’urto ha visto nel trattamento delle tendinopatie una immediata affermazione correlata al suo ruolo nella frantumazione delle calcificazioni.

Il protocollo di trattamento con onde d’urto è determinato nelle seguenti modalità.

La sede dell’applicazione è la spalla interessata. Le sedute previste e programmate sono tre.

Il numero di colpi elargiti a seduta sono 2000 a livello della spalla, più eventuali ulteriori 700 colpi a livello del capo lungo del bicipite brachiale ogni seduta, se viene utilizzata la fonte di energia piezo–elettrica. Quando si utilizzano le fonti di energia elettromagnetica ed elettroidraulica, il numero di colpi utilizzati è inferiore.

L’energia erogata varia da 0,08 mj/mm² a 0,18 mj/mm². Il range di intervallo tra una seduta e l’altra è settimanale.

L’onda prodotta non genera né tumefazione né va a intaccare tessuti sani, in quanto colpisce con esattezza la parte interessata, portando al minimo gli effetti collaterali. Il controllo si basa sulla valutazione evolutiva della sintomatologia clinica e della limitazione funzionale.

Le onde d’urto funzionano creando dei “microtraumi” a livello dell’articolazione e stimolando la formazione di nuovi vasi sanguigni nella zona interessata dalla sintomatologia algica. Inoltre, determinano:

  • eliminazione dei fibroblasti calcificati;
  • neovascolarizzazione dei legamenti;
  • aumento della produzione di collagene;
  • incremento del metabolismo e della microcircolazione;
  • diminuzione della tensione muscolare.

Importante è spiegare al paziente che non sempre il trattamento sarà efficace sul dolore nelle prime sedute, ma che bisognerà attendere qualche settimana dall’ultima e che, contemporaneamente, dovrebbe associare della rieducazione funzionale che permette un corretto ripristino della coordinazione muscolare dell’arto, evitando però di fare quei movimenti che evocano la sintomatologia dolorosa e, quindi, l’infiammazione.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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