icon/back Indietro Esplora per argomento

Epatite cronica: quali effetti aspettarsi con il passare del tempo

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

fegato ed epatite

A cura di logo_senior_italia


L’epatite è una malattia che interessa il fegato e che, più precisamente, ne definisce un processo infiammatorio.

Il suo stesso nome ce lo spiega: essa è, infatti, composta dal termine hêpar che vuol dire ‘fegato’ in greco antico e dal suffisso -ite che definisce l’infiammazione.

Si sente parlare frequentemente di epatite B e di epatite C, ma spesso non se ne conoscono le differenze. In realtà, ne esistono anche più tipologie, ognuna con le sue specificità e non tutte sono gravi allo stesso modo.

Scopriamone di più!

Tutti i tipi di epatite (e le cause)

Le epatiti si distinguono in due grandi gruppi: epatiti infettive ed epatiti non infettive.

Fanno parte del primo gruppo quelle causate dalle infezioni e vengono associate a una lettera dell’alfabeto; tra le più note, quelle che vanno dalla lettera A alla E.

Ogni epatite è causata da un virus (e quindi da un microrganismo patogeno) specifico, denominato con la stessa lettera (ad esempio, HAV è l’Hepatitis A Virus); ma esistono altre cause di epatite?

La risposta è sì. Anche altri microrganismi possono determinare l’insorgenza di questa malattia, attraverso il contagio di diverse patologie, come:

  • Mononucleosi (virus EpsteinBarr)
  • Varicella ed Herpes Zoster
  • Citomegalovirus
  • Herpes Simplex

Vi sono poi le epatiti non infettive; infatti, oltre alle patologie, anche l’ingestione di sostanze tossiche (alcol, farmaci, ecc.) o altre condizioni – come le malattie autoimmuni o disordini metabolici – possono portare a epatite.

Tra tutte, l’epatite C è quella che desta maggiori preoccupazioni per le sue conseguenze, che possono essere particolarmente pericolose dopo i 50 anni; scopriamo il perché.

Come si contagia l’epatite C?

Ricordiamo, anzitutto, che la causa dell’epatite C è il Hepacivirus Hepatitis C virus (HCV) della famiglia Flaviviridae. Capita spesso che il contagio avvenga all’interno del nucleo familiare per “trasmissione orizzontale” (la trasmissione verticale madre-figlio copre solo il 3-5% dei casi).

Nello specifico, l’epatite C si trasmette attraverso la cute o le mucose (o sangue contaminato); ovviamente, anche oggetti d’uso comune, che si scambino con persone portatrici della malattia, possono esserne responsabili (è il caso di: rasoi, spazzolini da denti, forbicine e tutto ciò che può essere entrato in contatto con il sangue del paziente infetto).

In Italia, la maggiore fonte di diffusione è collegata all’assunzione di droghe per via endovenosa (con aghi non sterili), mentre nei Paesi in via di sviluppo il motivo principale di trasmissione è legato alle trasfusioni di sangue infetto. Per questo anche tatuaggi e piercing effettuati con apparecchiature non sterili potrebbero essere causa di contagio.

La trasmissione per via sessuale è possibile, ma solo se vi è scambio di sangue (né la saliva, né lo sperma, né altre secrezioni contengono il virus, a patto che non vi siano tracce di sangue, per via di patologie o altre disfunzioni).

Come si riconosce l’epatite C?

I sintomi dell’epatite C sono spesso vaghi e non specifici; non è infrequente che la malattia si manifesti in modo del tutto asintomatico e che, solo dopo alcuni mesi, sopravvengano disturbi tra cui:

  • Nausea
  • Vomito
  • Febbre
  • Dolori muscolari
  • Dolori addominali
  • Ittero

La sintomatologia dell’epatite C è, dunque, non facilmente riconoscibile. Circa l’80% dei casi di epatite acuta diventa cronica: il cronicizzarsi della malattia comporta sintomi aspecifici (sono frequenti un senso di malessere e di affaticamento).

Le complicanze dell’epatite C: cosa aspettarsi con il passare del tempo

Cosa aspettarsi col passare del tempo? Cosa può succedere all’organismo con il cronicizzarsi dell’epatite C? Spesso sono queste le domande che affliggono i pazienti colpiti da questa forma di epatite.

La cronicizzazione stessa rappresenta la complicanza più frequente; a seguito di questa, può manifestarsi cirrosi epatica, che corrisponde alla ripetizione del ciclo di danno e riparazione a carico del fegato.

Tale processo porta alla fibrosi del fegato, che conduce, a sua volta, alla condizione di insufficienza epatica. In genere, si arriva a essere affetti da cirrosi dopo un ciclo di circa 30 anni di insorgenza e remissione (alternate) della malattia.

Se l’epatite cronica è la complicanza più comune, quella più grave (e conseguente allo stato di cronicizzazione) è il carcinoma epatico. Possono poi esservi altre conseguenze, come le varici gastriche e/o esofagee, che conducono, a loro volta, ad asciti e ad emorragie, con accumulo di tossine nel sangue (dovuto alla cessazione, da parte del fegato, della funzione di smaltimento di sostanze tossiche); quest’ultima condizione può generare encefalopatia epatica.

Si può guarire dall’epatite C?

La buona notizia è che con terapia farmacologica è possibile guarire dall’epatite C nel 90% dei casi: si tratta, dunque, di una cura efficace. I farmaci di ultima generazione (nuovi farmaci per l’epatite C) ad azione diretta, hanno quasi sempre una risposta positiva sul paziente. In caso di epatite cronica con danni irreversibili, però, si rende quasi sempre d’obbligo il trapianto di fegato, per cui è necessario entrare in una lista d’attesa.

Non è ancora disponibile un vaccino contro l’epatite C (a differenza delle altre due tipologie più comuni, l’epatite A e l’epatite B): ecco perché la prevenzione e l’attuazione di pratiche igieniche (come l’utilizzo di strumentazione sterile) è così importante.

Epatite C, esenzione dal ticket e diritto all’invalidità civile: sì, ma quando?

Chi soffre di epatite cronica attiva, così come chi è affetto da cirrosi epatica, può beneficiare dell’esenzione dal pagamento del ticket sanitario per visite ed esami relativi al controllo della malattia. La domanda deve essere presentata all’Asl territoriale, congiuntamente al certificato che attesti la patologia. Questa è certamente una notizia rincuorante, soprattutto per chi soffre di epatite C ed è già in pensione, ed ha quindi un reddito minore su cui far affidamento per le proprie spese mediche.

Oltre a ciò, con epatite cronica si ha diritto anche all’invalidità civile, valutata al 51%, per cui si può accedere al Collocamento Mirato – accesso a servizi di sostegno e di collocamento appositi.

Oltre a ciò, si può essere conteggiati nelle quote di riserva per il Collocamento obbligatorio (con contratto part time più un’ora – corrispondente a minimo 21 ore settimanali). La domanda di invalidità va presentata presso l’Inps, allegando certificazione medica emessa non più di 3 mesi prima della presentazione della domanda.

L’invalidità permette di avere accesso alla prestazione di servizi tra cui: protesi, ausili medici, riduzione dell’abbonamento al trasporto pubblico e della Tari (tassa sui rifiuti) e uno sconto sulla telefonia fissa. Se l’epatite cronica evolve in cirrosi, l’invalidità civile può essere riconosciuta in una fascia compresa tra il 71% e l’80%. (Sopra il 74% il malato ha diritto anche ad un assegno di invalidità mensile, purché abbia tra i 18 e i 65 anni, sia cittadino italiano (o di un Paese UE ma residente in Italia) e che non svolga alcuna altra professione.

Infine, se l’invalidità è superiore al 75%, chi è affetto da cirrosi epatica derivata da epatite può beneficiare di un aumento pensionistico: ad ogni anno lavorato dal 2002 in poi corrispondono 2 mesi di contributi in più (per un massimo di 5 anni).

Condividi
Redazione
Scritto da Redazione

La redazione di Pazienti.it crea contenuti volti a intercettare e approfondire tutte le tematiche riguardanti la salute e il benessere psificofisico umano e animale. Realizza news e articoli di attualità, interviste agli esperti, suggerimenti e spunti accuratamente redatti e raccolti all'interno di categorie specifiche, per chi vuole ricercare e prendersi cura del proprio benessere.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
Redazione
Redazione
in Salute

1778 articoli pubblicati

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
icon/chat