Il glioblastoma – chiamato anche glioblastoma multiforme o astrocitoma di grado IV – che ha colpito la scrittrice inglese Sophie Kinsella, è una forma molto aggressiva e rara di tumore che colpisce il Sistema nervoso centrale (Snc).
Si tratta di uno tra i tumori più aggressivi, dal momento che, pur sviluppandosi quasi sempre nel cervello, può interessare anche il tronco encefalico, il cervelletto e, più raramente, il midollo spinale. Rappresenta la forma più comune di tumore cerebrale primario: circa un caso su due tra quelli che originano direttamente dal tessuto nervoso.
Scopriamo di più attraverso i dati dell’Iss.
Cos’è il glioblastoma e come si genera
Il glioblastoma nasce dalla glia, il gruppo di cellule che sostiene e protegge i neuroni e va a colpire soprattutto in età adulta e matura, con un picco tra i 45 e i 75 anni – ma non esclude né i giovani né i bambini.
L’incidenza annuale si muove intorno a 2/5 nuovi casi ogni 100.000 abitanti, con una lieve prevalenza maschile e un riscontro più frequente nella popolazione caucasica.
La malattia ha un andamento rapido: nonostante i trattamenti più avanzati, la sopravvivenza mediana è di circa 15 mesi dalla diagnosi, e soltanto una piccola quota di persone arriva al traguardo dei cinque anni.
Non tutti i glioblastomi si comportano allo stesso modo: la maggior parte è “primaria”, cioè nasce come tumore già aggressivo, senza passaggi intermedi. In una minoranza di casi, invece, il glioblastoma rappresenta l’evoluzione di un astrocitoma di basso grado: in questo caso si parla di forma “secondaria”.
In passato si pensava che l’unica cellula di origine possibile fosse quella gliale: studi più recenti mostrano, invece, che il tumore può emergere anche da cellule con caratteristiche simili alle cellule staminali neurali, capaci di generare diverse componenti del sistema nervoso.
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Le anomalie molecolari che queste cellule accumulano le portano a perdere il loro ruolo fisiologico: non costruiscono più tessuti sani, ma formano una massa maligna che si espande e crea una propria rete di vasi sanguigni.
Le radiazioni ionizzanti rappresentano uno dei pochi elementi chiaramente collegati a un rischio maggiore di glioblastoma. Può accadere dopo trattamenti radioterapici effettuati anni prima per altre patologie.
Altre esposizioni – come cloruro di vinile, pesticidi o fumi industriali – sono state associate ai gliomi in maniera meno solida. Invece, non risultano correlazioni significative con l’uso dei telefoni cellulari, l’esposizione a campi elettromagnetici o alla formaldeide.
Alcune malattie genetiche, tra cui la neurofibromatosi, la sclerosi tuberosa e la sindrome di Li-Fraumeni, aumentano il rischio; tuttavia riguardano meno dell’1% dei pazienti.
I sintomi del glioblastoma
Il quadro clinico varia molto, perché dipende dalla sede del tumore e dalla velocità di crescita.
I sintomi più comuni sono:
- mal di testa sempre più intensi;
- nausea;
- vomito;
- crisi epilettiche.
L’aumento della pressione all’interno del cranio e la dilatazione dei vasi sanguigni spiegano gran parte di questi disturbi.
Possono comparire anche alterazioni:
- del comportamento;
- della memoria;
- del linguaggio;
- dello stato di coscienza.
Si tratta di segnali meno specifici, ma tipici dell’interessamento delle funzioni cerebrali superiori.
Glioblastoma: diagnosi e trattamento
Il percorso diagnostico unisce tre elementi fondamentali:
- biopsia, eseguita con ago o durante l’intervento chirurgico, indispensabile per definire il tipo di tumore, il grado di aggressività e le sue mutazioni genetiche;
- esami di imaging, con risonanza magnetica e tecniche avanzate come la spettroscopia o la risonanza funzionale; in alcuni casi si utilizzano TAC e PET;
- valutazione neurologica, per individuare deficit motori, sensoriali o cognitivi.
Alcuni studi epidemiologici su popolazioni ben definite indicano una tendenza all’aumento dell’incidenza di glioblastoma nei decenni passati, probabilmente legata a:
- invecchiamento della popolazione;
- miglioramento nella diagnosi e classificazione;
- migliori registrazioni dei casi.
Tuttavia, in alcuni paesi (come ad esempio negli USA dal 2004 al 2021) non si osserva un aumento netto statisticamente significativo dei tassi di incidenza – pur restando elevati in popolazioni più anziane.
La cura del glioblastoma richiede un approccio integrato, con il percorso standard che, infatti, prevede:
- chemioterapia adiuvante, con cicli successivi di temozolomide (Protocollo Stupp);
- terapie aggiuntive, come i campi elettrici (TTF), che riducono la capacità delle cellule di dividersi, o le terapie mirate. Tra queste, il bevacizumab e, più recentemente, il regorafenib, impiegato nelle recidive grazie a risultati incoraggianti nel bloccare diversi meccanismi di crescita del tumore;
- cure palliative, fondamentali per il controllo del dolore e dei sintomi nelle fasi avanzate o nei periodi più delicati del trattamento;
- chirurgia, con l’obiettivo di rimuovere la maggior quantità possibile di tumore senza mettere a rischio le funzioni vitali. L’asportazione completa è quasi sempre impossibile, perché le cellule maligne hanno una forte tendenza a infiltrarsi nel tessuto circostante;
- radioterapia, spesso combinata a temozolomide, un chemioterapico orale capace di danneggiare il DNA delle cellule tumorali:
Differenze tra uomini e donne
Il glioblastoma non colpisce i due sessi nello stesso modo. Gli individui di sesso maschile presentano un’incidenza più elevata e, mediamente, una sopravvivenza più breve.
Le donne, pur sviluppando talvolta tumori più estesi e con necrosi più marcata, mostrano una prognosi migliore.
Le ragioni sono molteplici:
- genetica ed epigenetica: nelle donne è più frequente l’inattivazione del promotore MGMT, un dettaglio che aumenta la sensibilità al temozolomide e migliora l’esito terapeutico;
- ormoni sessuali: il testosterone favorisce la proliferazione cellulare attraverso il suo recettore; estrogeni e progesterone sembrano esercitare un effetto protettivo;
- differenze di espressione genica, che coinvolgono geni cruciali come p53, RB1, p21 e p27, influenzando il modo in cui le cellule si trasformano e si moltiplicano;
- risposta immunitaria: generalmente più efficace nel sesso femminile.
Inoltre, differenze etniche globali mostrano tassi più alti nelle popolazioni caucasiche rispetto ad alcune popolazioni asiatiche o afroamericane.
Questi elementi non si limitano a spiegare perché il tumore colpisce diversamente uomini e donne: rappresentano anche una base preziosa per sviluppare terapie più mirate e personalizzate, un obiettivo particolarmente importante per una malattia che ancora oggi lascia margini di cura molto limitati.
Fonti:
- Iss Salute – Glioblastoma
- Biology Insights – Glioblastoma Prevalence: Statistics and Global Trends
- PubMed – Neural Stem Cells as Potential Glioblastoma Cells of Origin
- PubMed – Increment of the incidence of glioblastoma following decrease in the incidence of brain tumors in 2000-2020: a population-based registry study
- CBTRUS – Glioblastoma fact sheet