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Mom to be: consapevolezze e timori delle mamme del futuro

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Le emozioni della gravidanza raccontate dalle mamme

Oggi, diventare mamme prima dei trent’anni non è più così comune. I tempi sono cambiati, come anche le esigenze delle donne. Ciò che accomuna tutte le future mamme da sempre è, però, il desiderio di una gravidanza serena e di un figlio sano.

Abbiamo rivolto alcune domande a delle neo-mamme o quasi mamme, cercando di capire insieme quali sono le consapevolezze più comuni e i timori che condividono. Rosalba, Ambra, Georgia ci parlano della loro esperienza da Mom to be.

A che età hai avuto il tuo primo figlio?

Rosalba: La mia prima gravidanza? A 30 anni, dopo studio, lavoro e casa.

Ambra: 28 anni, desiderata e arrivata subito!

Georgia: Il mio primo figlio l’ho avuto a 38 anni.

Durante i primi mesi di gravidanza, il tuo ginecologo ti ha chiesto se vi fosse qualche caso di malattie genetiche in famiglia (come la sindrome di Down)?

R: No, lo specialista che mi ha seguito non mi ha chiesto nulla a tal proposito. Ho pensato, che nel caso, avrei dovuto dirglielo io.

A: Sì, il mio ginecologo, già al primo incontro, mi ha chiesto se vi fossero casi di Trisomie in famiglia.

G: Sì, la domanda su un’eventuale familiarità di sindrome di Down o similari mi è stata fatta dal ginecologo.

Quali esami di screening hai fatto?

R: Ho eseguito la translucenza nucale e morfologica, come da prassi.

A: Durante i mesi di gestazione, ho eseguito il bitest, la translucenza e la morfologica. Conoscevo già gli esami e lo specialista ha mostrato attenzione a spiegarmi ciò che non era chiaro.

G: Io ho eseguito l’esame dell’Ultrascreen, ovvero la combinazione di Bitest e Translucenza nucale. 

Hai mai sentito parlare di NIPT, ovvero Non Invasive Prenatal Testing, gli esami del sangue che permettono già nel primo trimestre di gestazione di scoprire eventuali anomalie cromosomiche del feto?

R: Sì ne ho sentito parlare, anche se il mio specialista non me lo ha consigliato.

A: Sì, conosco questo tipo di esame e mi incuriosisce saperne di più! In futuro, cercherò di valutarne l’efficacia documentandomi come ho sempre fatto.

G: Sì, il ginecologo che mi ha fatto l’Ultreascreen, la morfologica e l’amniocentesi, mi aveva parlato di questo nuovo esame. Ricordo che si tratta di un esame ancora a pagamento e con invio dei campioni di sangue all’estero. In realtà, non ho più approfondito, perché già il mio risultato dell’Ultrascreen non rendeva consigliabile ulteriori test. So che individua con precisione i rischi delle tre principali Trisomie (21, 13 e 18).

Bitest e la translucenza nucale: prima di aver eseguito questo tipo di esame quali erano le tue conoscenze a tal proposito?

R: Sì, conoscevo già il Bitest e la Translucenza nucale e ho eseguito tale esame al termine del primo trimestre.

A: L’ho eseguito e mi sono informata prima e dopo… come? Grazie allo specialista e al web e al confronto con le altre mamme.

G: Informandomi, so che la Translucenza nucale andrebbe eseguita solo da operatori certificati dalla Fetal Medicine Foundation (i ginecologi “abilitati” prendono una specie di brevetto, con tanto di esami e studi), in maniera da ottenere un’attendibilità dei risultati intorno all’80%. Consiste nella misurazione ecografica di una piccola quantità di liquido che si deposita tra la cute e la colonna vertebrale del feto, in corrispondenza della nuca. Maggiore è lo spessore del liquido, maggiore è il rischio di anomalie cromosomiche.

Si esegue, se non erro, alla 11-12a settimana perché quello è il periodo di migliore visualizzazione, e perché la diagnosi precoce permette di gestire eventuali decisioni nei tempi consentiti dalla legge… Si possono avere segnalazioni di rischio non solo per la sindrome di Down, ma anche per anomalie cardiache o scheletriche. Se la Translucenza viene abbinata al Bitest, il risultato ha un’attendibilità del 95%.

Il Bitest combina i valori, nel sangue materno, di 2 proteine: la BetaHCG (la stessa che si dosa per avere conferma del test di gravidanza) e la Plasmaproteina A della gravidanza. Si esegue un semplice prelievo di sangue; c’è un certo range di valori di normalità: un eventuale aumento della BhCG e una diminuzione della proteina A sono indice di rischio di Sindrome di Down.  Nel mio caso, il “completamento ecografico” della Translucenza è stato fatto 10 giorni dopo il Bitest. Alla fine, viene elaborato un numero, che solitamente è una frazione: per numeri < 1/250 il rischio è molto basso, per numeri > 1/250 il rischio sale, e può essere consigliata l’amniocentesi.

Nel bene e nel male, si tratta di un indice probabilistico, ma molto spesso ormai, viste le nuove Linee Guida, anche mamme un po’ più “attempate” possono ottenere risultati così rassicuranti da non pensare più all’ipotesi amniocentesi. Alla fine, comunque, io e il mio compagno ci siamo presentati regolarmente all’amniocentesi che avevamo per prudenza prenotato con un certo anticipo. Non sai che ansia nella sala d’attesa, continuavo a ricordare le parole del ginecologo: il risultato dell’Ultrascreen diceva che il rischio di anomalie cromosomiche era inferiore al rischio di aborto per amniocentesi.

Ma il ginecologo a cui mi ero rivolta ha una grande esperienza nel praticare l’amniocentesi e così alla fine l’ho fatta. Nessun dolore, nessun disturbo, ma tanta paura nella settimana successiva, trascorsa più o meno a letto.

Conosci i rischi legati all’amniocentesi? Se sì, quali sono le tue fonti (specialista, web, riviste, libri, passaparola…)?

R: Sì, conosco i rischi legati all’amniocentesi tramite passaparola, anche se la mia fonte d’informazione in questo caso è stata soprattutto il web.

A: Sì, conosco i rischi e non mi hanno mai lasciato indifferente, ma credo che per tutte le mamme sia così. Le fonti? In primis, tramite lo specialista e poi il web.

G: I rischi legati all’amniocentesi sono ovviamente causati dal carattere invasivo dell’esame: solo un operatore molto esperto riuscirà ecograficamente a inserire al meglio l’ago per il prelievo del liquido amniotico, in maniera da non avvicinarsi in alcun modo al feto, e non bucare il sacco amniotico, “contaminando” il liquido amniotico stesso. Mi sento tremare al solo ricordo!  

Ansia in gravidanza: ne hai sofferto? Qual era la tua più grande paura?

R: Durante i lunghi 9 mesi di gravidanza son tante le paure che ti accompagnano. Innanzitutto, se stai facendo tutto il possibile per il bambino che cresce dentro te, se lo stai alimentando bene, se il tuo corpo (con tutto ciò che ne comporta) è “alla sua altezza”. Infine, a ogni visita ginecologica, attraverso lo schermo della macchina ecografica e grazie alle risposte della ginecologa, speri che tutto proceda per il meglio (misure, battito, posizione…). Più che di ansia io parlerei di forte senso di responsabilità. Ovviamente, la più grande paura è di non riuscire a portar a termine la gravidanza.

A: Nel primo trimestre, facevo spesso incubi legati a un possibile aborto oppure che il bambino potesse sviluppare malformazioni. Credo che queste fossero le mie ansie.

G: La mia ansia più grande era quella di avere un bambino non sano, o di perderlo per scoprire se lo era o no.

Due aggettivi per definire la tua esperienza in gravidanza.

R: La gravidanza per me è magia e forte senso di gratitudine. Non sono propriamente due aggettivi, ma sono i sentimenti predominanti che ho avvertito e che avverto tutt’ora.

A: Direi emozionante e scombussolante.

G: Due aggettivi per definire la mia gravidanza: emozionante e indimenticabile! I disturbi, i dolori e le paure sono tanti, ma si dimentica tutto al primo vagito in sala parto! E tutto, dal concepimento al parto, resta il più bel miracolo che ci sia!

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