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"Noi ci siamo fino alla fine": il racconto di un'infermiera di Bergamo

Giulia Merola

Ultimo aggiornamento – 07 Aprile, 2020

Infermiere contro il covid

Intervista a Giulia Merola, infermiera presso l’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.


7 aprile 2020: si celebra, oggi, la Giornata Mondiale della Salute dedicata, in questo nuovo anno, alla preziosissima figura degli infermieri.

In queste settimane così difficili di emergenza sanitaria, gli infermieri, instancabili, dediti, vicini ai pazienti, hanno delineato ancor meglio l’immagine di loro stessi, come figure professionali chiave per la salute dei pazienti. Anche a loro va il nostro infinito grazie.

Ed è proprio per raccontare, con le parole di chi è in campo da settimane, quanto contino l’esperienza e il valore professionale e umano, che abbiamo intervistato Giulia Merola, infermiera presso l’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo

Il lavoro di tutti gli infermieri, in queste ultime settimane, è stato come sempre indispensabile: cosa l'ha colpita di più dell'emergenza? 

Ciò che più mi ha colpito è stato, da subito, il fatto che il nostro lavoro sia apparso come indispensabile. Non solo dal punto di vista dell’assistenza, ma ci è stata richiesta immediatamente, dal punto di vista logistico, la nostra disponibilità

Noi sapevamo, anche dai mezzi di comunicazione, dell’emergenza, ma un pomeriggio io, che lavoro in urologia, mi sono ritrovata a essere chiamata assieme agli altri colleghi a gestire la necessità di spostare i pazienti del reparto e convertire d’urgenza la nostra area in reparto Covid19

Tutti, allora, i colleghi in turno, ma anche chi stava smontando, hanno dimostrato disponibilità massima. Dal giorno successivo, siamo diventati un reparto Covid

La voglia di essere partecipi dei colleghi e del team mi ha davvero colpito. Lo stesso vale a livello dirigenziale, le capo-area ci hanno supportato in primis sulle questioni di logistica; nessuno ha sollevato polemiche. Si è capito che ci si trovava e ci si trova davanti a una emergenza e si è agito di conseguenza.  

Come è cambiato il lavoro degli infermieri in queste settimane in reparto? Ci sono delle nuove normative da seguire anche per voi?

Sì, assolutamente sì. Io parlo soprattutto per i colleghi che provengono da ambiti come gli ambulatori, per loro c’è stato davvero un cambiamento radicale; anche altre persone, come me che provengo da un ambito chirurgico, hanno dovuto vivere il cambiamento nel lavoro. 

Prima di tutto, questa famosa linea rossa che divide la parte pulita da quella “sporca”, ovvero chi fa assistenza e chi gestisce applicativi e farmaci. 

C’è stata proprio una netta divisione per creare l’isolamento. Si è trattata di una rivoluzione, resa possibile dall’aiuto dei colleghi dei reparti di Malattie Infettive e da tutte le normative subito condivise per l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, per la corretta vestizione e per l’isolamento del paziente

Ci sono dei corsi di aggiornamento organizzati dalla nostra Azienda per capire come utilizzare al meglio le protezioni e dei corsi sulla gestione degli applicativi per lavorare e, ancora, dei corsi sulla conoscenza delle modalità di utilizzo delle CPAP

I medici specialisti si sono dovuti riconvertire ad esperti nella cura del Covid19: quali sono le maggiori difficoltà per voi infermieri?

Sì, ci sono state difficoltà. Abbiamo però messo in campo le nostre diverse abilità a livello professionale. 

Dal punto di vista della gestione del paziente Covid19, l’Azienda ci ha aiutato, supportandoci con corsi di aggiornamento e specializzazione.  

Le stanze dei pazienti sono state e sono, tutt'oggi, off limits a parenti e cari in generale: in che modo supportate i pazienti così isolati?

La condizione dell’isolamento è molto sentita dai pazienti, soprattutto da quelli coscienti e non sedati. 

Noi siamo a nostro modo vicini, prima di tutto durante le pratiche assistenziali; abbiamo un tipo di assistenza modulare, per cui si contano 12 pazienti e 3 infermieri, così riusciamo a seguirli molto bene. Nelle stanze siamo parecchio presenti, per l’assistenza infermieristica

Chi è più autosufficiente può poi utilizzare i propri telefoni personali, di grande aiuto, e vedere la TV. In alcuni casi, i parenti possono portare vestiti, libri, sempre tenendo conto dei limiti negli spostamenti che sono previsti dal Decreto. 

Tensioni, fragilità e tanto coraggio: come avete gestito il vostro equilibrio in questo scenario così difficile? Quale consiglio darebbe a un giovane collega?

Si sono manifestate tra tutti tensione e paura di non sentirsi all’altezza di affrontare una situazione così importante. 

Abbiamo visto che questa emergenza si è allargata così tanto; ci ha aiutato percepire che noi, come professionisti della salute, eravamo parte di questa situazione, con gli strumenti per gestire e cambiare le cose. Le emozioni sono state veramente molteplici e nei primi periodi è stata dura. 

La nostra Azienda ha messo a disposizione la possibilità di fare psicoterapia, individuale o a piccoli gruppi; io sono andata a uno degli incontri ed è stato molto utile riuscire a parlare con una professionista e avere dei rimandi su come gestire le cose. 

Bisogna pensare che una volta fuori dal lavoro c’è anche la paura del dopo, del come si sta, la paura di contagiare i familiari. Quindi, il trovare uno spazio creato dall’Azienda è stato importante, come è importante capire che ci si deve prendere dei giorni di riposo, imparare ad ascoltarsi. 

All’inizio l’adrenalina ha fatto sì che non si staccasse, ma è bene trovare dei momenti di pausa, nonostante ci sia l’istinto di voler tornare al lavoro per rendersi utili.

Quale messaggio sente di voler condividere con i nostri lettori, anche in occasione della Giornata Mondiale della Salute, dedicata all'attività così preziosa per i pazienti degli infermieri?

Il mio è un messaggio di speranza

Abbiamo vissuto sulla nostra pelle che come Sanità, seppur a volte a fatica, siamo stati in grado di aiutare tantissime persone. Ci sono stati diversi morti, ma vorrei incentrarmi sulle guarigioni. Bisogna avere fiducia nella Sanità italiana

Mi piacerebbe, alla luce dei fatti, che d’ora in poi nel quotidiano si mantengano le norme igieniche di base. Adesso tutti hanno imparato che bisogna lavarsi le mani, avere una igiene respiratoria, starnutendo nel fazzoletto o soffiandosi il naso per poi lavarsi subito dopo. Queste piccole norme igieniche sono importantissime. 

In generale, dobbiamo prenderci cura di noi stessi. Penso alle persone con patologie croniche, diabete, ipertensione, sovrappeso, che fanno più fatica. Dobbiamo prenderci cura di noi. 

Concludo aggiungendo una cosa a cui tengo molto. Parlo ai parenti che hanno vissuto la perdita di un loro caro, costretti però a casa. Io vorrei dire che è vero che muoiono da soli, però non solo soli, nel senso che cerchiamo di essere molto vicini in questo delicato momento. Vorrei rassicurare i parenti, noi ci siamo e siamo con loro sino alla fine. 

Sicuramente è triste, ma da parte nostra non mancano delle piccole attenzioni, dei piccoli gesti, anche solo una preghiera che, può sembrare poco, ma spero possa essere d’aiuto a chi soffre per un lutto. 

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Giulia Merola
Scritto da Giulia Merola

Infermiera presso l’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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