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Parkinson: esenzione dal ticket, patente di guida e cambiamenti nel lavoro

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Parkinson e diritti

In collaborazione con  parkinsonitalia


Quando parliamo di malattia di Parkinson, molti sono gli interrogativi, anche di natura burocratica, a cui è bene dare una risposta.

Per farlo in maniera chiara e completa, abbiamo rivolto alcune domande al dr. Antonino Marra, presidente di Parkinson Italia.

Un paziente con Parkinson ha diritto all’esenzione dal ticket per quali prestazioni?

Per chi è affetto dalla Malattia di Parkinson alcune prestazioni sanitarie sono esenti da ticket.
Chi è affetto dalla malattia di Parkinson può richiedere alla propria ASL di residenza il rilascio dell’attestato di Esenzione per Patologia (cod. 038).

Queste sono alcune prestazioni che, una volta ottenuto il documento, è possibile effettuare gratuitamente, cioè senza pagare il ticket:

  • Visita neurologica
  • Terapia occupazionale
  • Training per disturbi cognitivi
  • Valutazione protesica
  • Rieducazione motoria individuale
  • Rieducazione motoria in gruppo
  • Training deambulatori e del passo
  • Esercizio assistito in acqua
  • Risonanza magnetica del cervello e del tronco encefalico (limitatamente a sospetto diagnostico specifico, clinicamente motivato ed esplicitamente documentato e a una prestazione per anno)

Tutte queste prestazioni sono esenti dal pagamento del ticket, se eseguite presso strutture sanitarie pubbliche o private convenzionate.
Attenzione: il medico deve scrivere nella ricetta il numero del codice di esenzione.
Al momento dell’erogazione della prestazione occorre esibire sempre l’attestato di esenzione.

Parkinson e lavoro: si ha diritto a delle “trasformazioni” e, dunque, dei cambiamenti nelle ore e nelle modalità?

Il paziente ha il diritto di cambiare il proprio contratto da full time a part time (vedi Jobs Act e Codice dei contratti). In pratica, la normativa estende la possibilità a chi soffre di patologie cronico-degenerative di modificare il suo status di lavoratore. Ovviamente il lavoratore colpito dalla malattia ha diritto ai permessi per visite specialistiche o esami, purché giustificati con un certificato medico rilasciato dalla struttura a cui si è rivolto.

Chi ha il Parkinson può avere la patente di guida?

Quando la MdP è allo stato iniziale, non c’è alcuna controindicazione alla guida di una auto, quindi a rinnovare la patente. Il problema sorge con l’avanzare della malattia e con la possibile comparsa degli effetti collaterali dei farmaci anti-Parkinson (es. i colpi di sonno). Sarà la Commisione Patenti a valutare quanto la malattia limiti la prestazione del richiedente e potrà porre delle limitazioni all’uso della patente.

La visita va richiesta con presentazione del proprio medico di medicina generale e il versamento delle tasse dovute. E’ necessario un certificato medico redatto dallo specialista che attesti lo stato di salute del paziente. La commissione potrà richiedere una valutazione anche con l’ausilio del “simulatore”, per valutare anche la necessità o meno di dotare la propria auto di sistemi facilitanti la guida (es. cambio automatico).

Parkinson e case di riposo: quando si ha diritto al ricovero gratuito e come trovare la giusta struttura?

Quando il MdP non è più autosufficiente o non ha caregiver che possano accudirlo e sopperire a ogni tipo di esigenza materiale, fisiologica e d’aiuto per eseguire i compiti quotidiani, si pone la necessità di una decisione molto delicata su come migliorare la sua qualità di vita in una casa di riposo, casa di cura o RSA. Diventa necessario cercare una struttura che lo possa accogliere in modo adeguato.

In taluni casi, lo stato di salute fisica potrebbe essere precario da rendere necessaria un’assistenza continua.
In altri casi, lo stadio del Parkinson potrebbe essere talmente avanzato da non permettere più d’interagire con il paziente in modo normale, ponendo il problema di un’assistenza continuativa, professionale e consapevole delle condizioni di salute complessive.

La scelta non è facile per i parenti che si vedono costretti da una serie di circostanze a doversi separare dal proprio congiunto, senza poter fare altro che affidarlo alle cure di una casa di riposo, o ad una casa di cura o RSA.

La differenza tra le 3 strutture per anziani: casa di riposo, casa di cura, RSA

Alla casa di riposo si accede facendo domanda presso l’ufficio dei Servizi Sociali del Comune, se la struttura è pubblica. Il pagamento del servizio può essere in tal caso a carico parziale del cittadino-ospite e calcolato in base al reddito annuo.

Tutte le case di riposo sono soggette a precisi requisiti secondo la Legge vigente e a un regolamento interno, che deve essere portato a conoscenza degli ospiti e dei parenti.

La casa di cura e l’RSA hanno delle caratteristiche in comune e altre invece differiscono. Più precisamente, la casa di cura ospita persone parzialmente autosufficienti, ma con problemi di salute che vanno seguiti da personale sanitario specializzato, oltre che dagli operatori sociosanitari. L’RSA è idonea per le persone non autosufficienti, quindi per chi ha bisogno di cure e assistenza sanitaria anche per malattie croniche e degenerative gravi.

Nella casa di cura, oltre all’assistenza sanitaria dovuta, ci possano anche essere momenti di convivialità tra gli ospiti, che possono dedicarsi alla socializzazione. Nella casa di riposo il personale medico non è presente tutto il giorno o anche di notte, in quanto non ci sono ospiti che abbiano necessità di un’assistenza continua in tal senso, mentre nell’ RSA questo avviene. I medici sono presenti 24 ore al giorno, come gli infermieri e gli operatori assistenziali specializzati. Gli anziani vengono assistiti in tutte le loro necessità, dall’igiene personale alla nutrizione, con la presenza degli operatori socio sanitari.

Per quanto riguarda il pagamento delle 2 strutture, la casa di cura è a carico dell’ospite o dei parenti in base alla sua situazione reddituale, in quanto si tratta quasi sempre di residenze private. Le persone che invece sono soggette a disabilità grave e sono del tutto non autosufficienti, dovrebbero pagare una tantum in base al reddito nelle strutture pubbliche. Se invece l’RSA è privata, la retta è a totale carico dell’ospite o dei suoi familiari.

Nel caso di strutture pubbliche, l’accesso deve essere concordato, come per la casa di riposo, con l’ufficio dei Servizi sociali del Comune.


*Ringraziamo il dr. Antonino Marra per la collaborazione.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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