Patient Voices: sul New York Times i malati raccontano la loro storia

Dr.ssa Elisabetta Ciccolella Farmacista
Redatto scientificamente da Dr.ssa Elisabetta Ciccolella, Farmacista |
A cura di Alessandra Lucivero

Data articolo – 19 Luglio, 2010

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“Le persone non capiscono. Non si tratta di una scelta ma di qualcosa che devo imparare a gestire”. Gillian Craig ha 17 anni e da diverso tempo combatte con l’anoressia. “E’ stato devastante”, spiega la madre Lauren. “E’ un’esperienza che ti consuma. Anche quando le cose vanno bene sei preoccupata e quando vanno male tutto ruota attorno a questo problema”.  Tra poco Gillian andrà al college ma non è ancora guarita e i genitori stanno cercando un istituto che preveda dei programmi per studenti con problemi alimentari.

John Hart, invece ha 24 anni, e soffre di una grave forma di autismo. E’ sua madre Ann a raccontare la sua storia, John infatti non riesce a parlare e comunica solo scrivendo su una tastiera, Ann è la sua voce per il mondo. John è seguito tutti i giorni da un logopedista, fa piccoli lavori e  volontariato in chiesa insieme alla madre. “Un consiglio ai genitori con figli affetti da autismo? Amateli e aiutateli a conoscere persone e a trovare amici”.

Queste sono alcune delle storie che si possono leggere e ascoltare su Patient Voices, una  sezione che il New York Times dedica ai racconti dei malati e alle loro famiglie. Patient Voices è diviso in 31 sottogruppi sotto in quali si ritrovano le storie. C’è, per esempio, la sezione della sindrome ossessivo compulsiva, quella della psoriasi, c’è chi racconta del lupus e chi di infertilità. Ogni sezione, oltre ai racconti audio, ha anche un forum che consente ai lettori di raccontare a loro volta le loro esperienze e una pagina che illustra il disturbo, elencando sintomi e cure.

Sono storie di paura, di speranza, di preoccupazione ma anche della vita quotidiana che una famiglia si deve reinventare quando una diagnosi cambia la vita per sempre. Per non sentirsi soli e per condividere, perché la malattia non sia anche una condanna all’indifferenza.

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