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La percezione del dolore: ecco da cosa dipende

Valerio Gestri | Blogger

Ultimo aggiornamento – 29 Aprile, 2021

Che cosa è il dolore? Se lo chiedete ad un poeta, vi dirà senz’altro che è il tormento senza fine provocato dall’amore, ma se lo chiedete a un scienziato, avrà delle serie difficoltà a darvi una risposta precisa.

Questo perché uno studio recente ha messo in dubbio una teoria sulla natura del dolore nota come “matrice del dolore“. Secondo la teoria, la “matrice del dolore” è uno schema di attività cerebrali ritenute responsabili del dolore.

Tuttavia, lo studio ha rilevato che la matrice esisteva già nei pazienti nati senza il senso del dolore, quindi questo porta a pensare che la matrice risponda semplicemente agli stimoli che attirano l’attenzione, a prescindere dal fatto che il dolore sia avvertito o meno.

Nello studio, pubblicato sulla rivista on-line JAMA Neurology, i ricercatori dell’University College di Londra e della University of Reading hanno misurato l’attività cerebrale in risposta a delle dolorose punture in due rari individui nati senza la capacità di sentire dolore.

Questa prova è stata effettuata anche su quattro volontari che provano normalmente il dolore. Anche se gli scienziati si aspettavano di vedere diverse risposte nei due gruppi, i risultati hanno dimostrato che i volontari senza alcun senso del dolore hanno mostrato lo stesso modello di attività cerebrale degli altri.

Anche se questi risultati potrebbero avere un’importanza relativa per l’opinione generale, per gli scienziati potrebbero essere una grande rivelazione. Infatti, potrebbero mettere in discussione la teoria fondamentale sul modo in cui gli esseri umani percepiscono il dolore.

La matrice del dolore, nota anche come il centro del dolore del cervello, è uno schema di attività cerebrali ampiamente considerata come il marcatore del dolore nell’uomo. Anche se questa non è la prima volta che l’autenticità della matrice del dolore è stata chiamata in causa, i risultati evidenziano la necessità di comprendere che la correlazione non implica automaticamente la causalità.

Ogni studente nel campo scientifico sa che la correlazione non implica la causalità e non dobbiamo dimenticarlo quando si interpretano le scansioni del cervello“, spiega il professor John Wood in un comunicato.

Trovare le vere origini del dolore sarebbe molto utile per lo sviluppo di farmaci da utilizzare sugli individui che soffrono di dolore cronico. Milioni di persone sperimentano dolori cronici ogni anno, ma non vi è alcuna cura per questa condizione.

Inoltre, anche se gli antidolorifici oppioidi restano un modo efficace per combattere il dolore moderato o grave, questi farmaci creano dipendenza.

Per questo motivo, la comprensione del modo in cui le sensazioni di dolore sono interpretate dal nostro cervello potrebbe essere il primo passo verso la ricerca di un modo diverso per combattere il dolore. Tuttavia, Wood ha spiegato che, per ora, le vere origini del dolore nel cervello sono ignote.

Anche il dolore emotivo può far male

Le persone tendono a monitorare la salute fisica molto più di quanto facciano con quella emotiva. Ad esempio, ogni anno facciamo un check-up medico al nostro fisico, ma l’idea di farne uno psicologico ci è completamente estranea.

Sappiamo che se una piccola lesione fisica come un taglio diventa più dolorosa nel corso del tempo è il segno di un’infezione più grave. Ma se non riuscite ad ottenere una promozione sul lavoro, si tratta ugualmente di una sofferenza, che potrebbe durare anche settimane o mesi.

Noi tendiamo a reagire al dolore fisico in modo migliore rispetto al dolore emotivo. Eppure, a parte le malattie gravi, il dolore emotivo ha molto più impatto sulla vita rispetto a quello fisico. Ecco 4 ragioni che dimostrano che il dolore emotivo è peggiore di quello fisico.

  1. I ricordi scatenano il dolore emotivo, ma non il dolore fisico

Se vi torna in mente il momento in cui vi siete rotti una gamba, questa parte non vi farà male, ma se ripensate ad un rifiuto amoroso o ad una delusione proverete un dolore emotivo. La nostra capacità di evocare il dolore emotivo si trova in netto contrasto con la nostra totale incapacità (per fortuna) di provare il dolore fisico in un momento successivo.

  1. Il dolore fisico viene usato come distrazione dal dolore emotivo, ma non viceversa

Alcuni ragazzi e adulti si praticano delle ferite (autolesionismo) perché il dolore fisico li distrae dal dolore emotivo, offrendo sollievo. Ma quest’azione non funziona in senso inverso.

  1. Il dolore fisico crea più empatia del dolore emotivo

Quando vediamo un incidente dove una persona si è ferita, ci viene spontaneo di correre subito a vedere se sta bene. Ma se ne vediamo un’altra che viene schernita per strada, è più difficile che gli spettatori mettano in pratica quest’azione. Gli studi hanno scoperto che sottovalutiamo costantemente il dolore emotivo degli altri, ma non il loro dolore fisico. Inoltre, queste lacune dell’empatia per il dolore emotivo sono ridotte solo se abbiamo sperimentato una sensazione simile in tempi recenti.

  1. Il dolore emotivo può danneggiare la nostra autostima

Il dolore fisico deve essere abbastanza estremo per arrivare ad influenzare la nostra personalità, danneggiando la nostra salute mentale a meno che le circostanze non siano gravi, ma anche singoli episodi di dolore emotivo possono danneggiare la nostra salute mentale.

Ad esempio, un esame all’università può creare ansia e paura del fallimento, oppure un singolo rifiuto dalla persona amata può portare ad anni di evasione e di solitudine, oppure il bullismo nella scuola può farci diventare timidi e introversi da adulti.

 

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Scritto da Valerio Gestri | Blogger

Laureato in Lettere Moderne, ho una pluriennale esperienza nella redazione di contenuti. Dopo aver lavorato come redattore cartaceo e multimediale, collaboro come freelance, coltivando le mie passioni: la scrittura e l'informazione!.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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