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Polmonite batterica: più pericolosa per il cuore

Redazione

Ultimo aggiornamento – 05 Novembre, 2021

polmonite batterica: pericolosa per il cuore

Polmonite causata da un batterio? Le complicanze cardiache sarebbero maggiori rispetto a chi contrae la forma virale. Ad affermarlo, i ricercatori dell’Intermountain Heart Institute di Salt Lake City, grazie a uno studio che ha coinvolto circa 5.000 pazienti.

La notizia è arrivata proprio in concomitanza con la Giornata Mondiale contro la Polmonite, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Unicef, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di cure appropriate, anche con il ricorso al vaccino antinfluenzale.

Un disturbo spesso sottovalutato, a tratti persino trascurato. I numeri, però, parlano chiaro: in Italia di polmonite muoiono ogni anno circa 10 mila persone, con una incidenza maggiori tra gli anziani e i pazienti affetti già da altre patologie.

Facciamo chiarezza.

Polmonite batterica: molto più pericolosa per il cuore

Non è di certo una novità. L’impatto che le infezioni alle vie respiratorie possano avere sulla salute cardiovascolare erano già note da tempo, anche grazie a uno studio pubblicato sullo European Respiratory Journal, dal quale emergeva come la polmonite aumentasse fino a sei volte la probabilità di essere colpiti da un attacco di cuore e da un ictus.

Come ha affermato il dr. J. Brent Muhlestein, MD, ricercatore nell’area cardiovascolare presso l’Intermountain Heart Institute, “abbiamo sempre saputo che la polmonite era un fattore di rischio per eventi cardiaci avversi entro i primi 90 giorni dalla diagnosi”.

Quello che ancora non sapevamo, però, era quale fosse il tipo di polmonite più pericolosa. Grazie a questo studio, possiamo finalmente avere una risposta chiara, che consentirà ai medici di monitorare al meglio i pazienti, magari contrastando il rischio di un evento cardiaco avverso.

I numeri dello studio

In particolare, lo studio ha valutato 4.792 pazienti con diagnosi di polmonite ricoverati in uno dei 23 ospedali dell’Intermountain Healthcare, tra gennaio 2007 e maggio 2014.

Ogni paziente è stato seguito per 90 giorni, per poter monitorare attacchi cardiaci non fatali, ictus, insufficienza cardiaca o morte. Cosa è emerso? Il 34% dei casi di polmonite batterica si sono evoluti con evento cardiovascolare maggiore entro 90 giorni dalla diagnosi. La forma virale, invece, si è tramutata in attacchi di cuore solo nel 26% dei casi.

Il motivo sembrerebbe dettato dall’infiammazione. ”La polmonite batterica provoca una maggiore infiammazione delle arterie rispetto alla polmonite virale“, ha spiegato il dr. Muhlestein.

Quando le arterie si infiammano, gli strati di placca che si sono accumulati nel corso degli anni si destabilizzano. A questo punto, la placca può staccarsi dalle pareti arteriose causando un blocco, che può portare a un infarto oppure a un ictus, aumentando al contempo il rischio di morte.

Polmonite: la cura (e la prevenzione)

Lo studio ha diverse ricadute pratiche. “I caregiver, infatti, dovrebbero essere consapevoli dei rischi cardiovascolari associati alla polmonite, in particolare nella sua forma batterica” – sostiene il dr. Muhlestein.

Le cure dunque dovrebbero essere maggiormente aggressive e non si dovrebbe mai abbassare la guardia, per captare eventuali segni di infarto o ictus” – continua – “Se il paziente sta assumendo farmaci specifici per una condizione cardiaca, come l’ipertensione o il colesterolo, dovrebbe continuare a seguire le terapie prescritte, per scongiurare eventi avversi”.

Prevenire le infezioni può non essere semplice. Tre regole, però, sono davvero essenziali: fare il vaccino antinfluenzale polivalente, curare l’igiene delle mani per tutto l’anno (soprattutto durante l’inverno) e smettere di fumare.


FONTE

  • Per maggiori informazioni sulla Giornata Mondiale contro la Polmonite 2018, si rimanda alla pagina dedicata dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
  • Lo studio in questione è stato presentato a Chicago nell’ambito del Congresso dell’American Heart Association.

 

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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