Una recente ricerca, pubblicata su The Journal of Diabetes & Metabolic Disorders, ha messo in luce un dato cruciale per la salute metabolica: le persone che riescono a intervenire per controllare il loro prediabete entro due anni dalla diagnosi hanno una probabilità significativa di evitarne la progressione verso il diabete di tipo 2.
Scopriamo di più.
Riconoscere i segnali silenziosi del prediabete
La sfida principale del prediabete è che, per la maggior parte delle persone, non si manifestano sintomi evidenti.
In rari casi, però, la diagnosi avviene a seguito di sintomi che possono includere:
- aumento dell’appetito;
- variazioni di peso inspiegabili (sia perdita che aumento);
- stanchezza e debolezza;
- problemi visivi (vista offuscata);
- guarigione lenta di tagli o lividi;
- infezioni ricorrenti della pelle o sanguinamento delle gengive.
Proprio a causa della sua natura spesso asintomatica, Jack Ogden, medico di base e specialista in diabete presso la Lagom Clinic nel Regno Unit, ha enfatizzato l'importanza di concentrarsi sui fattori di rischio: “È cruciale concentrarsi su fattori di rischio come l’essere in sovrappeso, l’avere una storia familiare di diabete, o condizioni come l’ipertensione.”
Per questo motivo i test di screening (generalmente l'HbA1c, che misura la glicemia media degli ultimi tre mesi) sono raccomandati a partire dai 35 anni; per le popolazioni a più alto rischio, come gli asiatici meridionali, Ogden suggerisce di anticipare il test intorno ai 25 anni.
I dettagli della nuova ricerca
Lo studio si è basato sui dati di 1.670 individui di età pari o superiore a 30 anni, tutti inizialmente senza diabete, estratti da cartelle cliniche elettroniche di un ospedale pubblico nell'arco di un decennio.
L'incidenza complessiva del diabete di tipo 2 nel gruppo studiato è stata di 20,94 casi ogni 1000 anni per persona, ma la cifra nasconde differenze sostanziali a seconda dello stato metabolico iniziale:
- rischio elevato: tra coloro che presentavano già uno stato di prediabete all'inizio dello studio (glicemia più alta del normale ma non ancora diabetica) il tasso di incidenza è schizzato a 41,74 ogni 1.000 anni-persona;
- rischio standard: negli individui con normoglicemia (livelli di zucchero nel sangue normali) l'incidenza era nettamente inferiore, attestandosi a 15,89 ogni 1.000 anni-persona.
I risultati hanno messo in evidenza le seguenti, cruciali probabilità:
- progressione al diabete: la probabilità che un individuo con prediabete progredisca verso il diabete di tipo 2 ha toccato circa il 30%;
- regressione dal prediabete: la probabilità di regredire dal prediabete alla normoglicemia ha raggiunto un picco impressionante, quasi il 60%, specialmente entro i primi 2-3 anni dall'identificazione del prediabete, sebbene questa probabilità tenda a diminuire nel tempo;
- deviazione dal normale: anche coloro che partivano dalla normoglicemia non erano immuni da cambiamenti: circa il 25% ha mostrato una regressione verso lo stato di prediabete.
Lo studio, inoltre, ha rivelato anche chiare differenze legate al sesso nelle dinamiche di transizione:
- gli uomini hanno mostrato una maggiore probabilità di progressione verso il diabete conclamato;
- le donne, al contrario, hanno manifestato una maggiore capacità di regressione dallo stato di prediabete alla normoglicemia.
La chiave è lo stile di vita
Poiché il prediabete aumenta drasticamente la probabilità di sviluppare il diabete di tipo 2, la modifica dello stile di vita è l'elemento cruciale per invertire la condizione e bloccare la sua progressione.
Ogden ha riassunto così gli obiettivi: "Prevenire la progressione al diabete di tipo 2 richiede pronte modifiche dello stile di vita. Puntare a una perdita di peso del 5-10%, impegnarsi in almeno 150 minuti di attività fisica a settimana, e concentrarsi su una dieta ricca di cereali integrali, verdure e proteine magre può essere d’impatto. Affrontare fattori legati allo stile di vita come la qualità del sonno, la gestione dello stress, e la cessazione del fumo è anche vitale."
Queste raccomandazioni sono supportate da numerosi studi, i quali confermano l'efficacia di interventi specifici:
- perdere peso: mantenere un IMC inferiore a 25 o perdere il 5-7% del peso corporeo (se in sovrappeso);
- aumentare l'attività fisica: bastano 150 minuti di esercizio settimanale per riportare la glicemia a livelli sani;
- seguire una dieta sana: privilegiare carboidrati complessi e fibre, riducendo zuccheri, cibi processati e grassi saturi;
- dormire a sufficienza.
Qualora le modifiche dello stile di vita non fossero sufficienti, esistono anche opzioni farmacologiche per invertire il prediabete, inclusi farmaci come la metformina (una biguanide) e gli agonisti del GLP-1.
Ogden, pur non avendo partecipato a questa ricerca, ha lodato l'approccio dello studio, definendolo un "coorte retrospettiva ben costruita" che ha analizzato dieci anni di dati medici elettronici.
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Inoltre, ha sottolineato che l'utilizzo della modellazione multi-stato è robusto e che i risultati sulle transizioni della malattia sono in linea con quelli di altri studi.
Tuttavia, ha anche messo in guardia su alcune limitazioni: infatti, lo studio ha una generalizzabilità che potrebbe essere limitata, poiché è stato condotto in una piccola area dell'India con specifiche abitudini alimentari e culturali.
La conferma dei risultati storici
Barbara Eichorst, vicepresidente dei programmi sanitari presso l’American Diabetes Association, ha rafforzato questo concetto aggiungendo: "Questi benefici perdurano. Il follow-up a lungo termine ha dimostrato che l’intervento sullo stile di vita ha continuato a ritardare l’insorgenza del diabete e a ridurne l’incidenza su un arco di 10-15 anni."
Come ha concluso Ogden: "Lo studio sottolinea l’importanza di un’azione tempestiva, in particolare entro i primi 2-3 anni da una diagnosi di prediabete, poiché questo periodo è la finestra più efficace per l’annullamento."
Ha infine evidenziato la disparità dei percorsi: sebbene circa il 30% delle persone con prediabete progredisca verso il diabete di tipo 2 entro un decennio, ben il 60% riesce a regredire nelle prime fasi.
Fonti:
Journal of Diabetes & Metabolic Disorders - Transition between prediabetic and diabetic stages in an urban community in india: a decade-long retrospective cohort study