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Sconfiggere il tumore al seno: quando la chemioterapia non è la scelta giusta

Redazione

Ultimo aggiornamento – 22 Marzo, 2021

Tumore al seno e Chemioterapia

In collaborazione con  EuropaDonna , associazione di promozione sociale, fondata nel 1994 a Milano su intuizione dell’oncologo Umberto Veronesi e iniziativa della European School of Oncology. 


Sentiamo parlare sempre di più di medicina "su misura", soprattutto in ambito oncologico. Non sempre, infatti, le terapie considerate "standard" sino a qualche anno fa sono necessariamente le più adatte a ogni caso. Nel tumore al seno, ad esempio, la chemioterapia, cura importante e invasiva, può essere evitata in alcune pazienti. Ma come capirlo? Quali valutazioni fare? La scienza risponde a queste domande, con l'ausilio degli ormai noti test genomici.  

Europa Donna Italia, movimento per la prevenzione e la cura del tumore al seno, con l'obiettivo di sensibilizzare e informare, ha lanciato la campagna nazionale “Chemio: Se Posso la Evito” e, oggi, con loro parliamo di chemioterapia, esami genomici e nuove terapie personalizzate. 

Tumore al seno e chemioterapia: in quali casi è necessaria?  

La chemioterapia è una cura che viene fatta per ridurre il rischio di ritorno del tumore e di metastasi, quando la malattia è aggressiva e/o ha già intaccato i linfonodi. Può essere fatta prima dell’intervento chirurgico, per ridurre le dimensioni del tumore, oppure dopo, per diminuire le probabilità che il tumore ricompaia. 

La scelta di utilizzare o meno la chemioterapia viene presa in base al tipo di tumore, alla sede in cui è localizzato, allo stadio del suo sviluppo e allo stato di salute generale della donna, anche perché provoca importanti effetti collaterali. In genere, la  chemioterapia  è indicata nei casi in cui ci sia un’alta probabilità che il tumore sia diffuso nell’organismo in sedi diverse dal seno, oppure possa ripresentarsi nel tempo.

Quando, invece, la chemioterapia non è la scelta giusta e come capirlo?  

La chemioterapia può non essere necessaria in alcuni casi di tumore ormono-responsivo, così chiamato perché cresce sotto stimolo ormonale. Nella maggioranza dei tumori al seno di questo tipo, il rischio di recidiva, cioè di ricomparsa del tumore, è basso, dunque la terapia antiormonale è sufficiente a ridurlo. 

Quando il rischio di recidiva è elevato – e dunque il tumore è particolarmente aggressivo – è prevista l’aggiunta della chemioterapia. Nei casi di rischio intermedio invece, l’oncologo può non avere tutte le informazioni utili per stabilire quale sia l’opzione terapeutica più adatta. 

Proprio per questi casi, che rientrano in una sorta di “zona grigia”, i  test genomici  possono essere di aiuto, perché sono in grado di predire l’aggressività del tumore e quindi a valutare l’utilità di aggiungere la chemioterapia alla terapia antiormonale. Questi test sono indicati nei tumori ormono-responsivi di diametro non superiore ai 5 cm e con non più di tre linfonodi coinvolti.

Che significa "tumore ormono-responsivo"?

Si chiamano ormono-responsivi quei tumori la cui crescita è stimolata da ormoni. Sulla superficie delle cellule di questi tumori c’è una certa quantità di “recettori ormonali”, particolari proteine che, agganciandosi agli ormoni prodotti dall'organismo, provocano la moltiplicazione delle cellule tumorali. 

I tumori al seno ormo-responsivi – i più frequenti, circa il 70% di tutti i carcinomi della mammella – vengono quindi curati con farmaci che, bloccando la produzione degli ormoni femminili (estrogeni e progesterone), impediscono alla malattia di progredire.

In che modo i test genomici possono aiutare a riconoscere l'identità di un tumore? 

I test genomici analizzano specifici geni che regolano la crescita del tumore, la sua capacità di invadere altri organi e di manifestarsi nuovamente dopo un certo tempo. 

Forniscono quindi una sorta di “firma” molecolare del tumore che lo classifica sulla base della sua aggressività e del rischio di recidiva. I test genomici hanno dunque una duplice funzione: prognostica, perché aiutano a stabilire il rischio che il tumore si ripresenti o che possa invadere altri organi; e predittiva, perché valutano le probabilità che il tumore risponda a uno specifico trattamento, in particolare alla chemioterapia in aggiunta alla terapia antiormonale

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