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Tumore al seno: ecco i campanelli d’allarme

Vincenzo Russo | Blogger

Ultimo aggiornamento – 12 Ottobre, 2015

Il seno femminile è un organo complesso deputato fondamentalmente alla produzione di latte durante l’allattamento. Per questa sua funzione è conosciuto anche come ghiandola mammaria.

Ed, in effetti, il seno è una ghiandola doppia posizionata davanti al grande pettorale, il muscolo principale del torace. Il tessuto ghiandolare è costituito da una rete di lobi e lobuli che lo rendono visivamente simile a un grappolo d’uva. In età adulta, ogni mammella è composta da circa 15 – 20 lobi. I lobuli, durante l’allattamento, producono il latte che poi procede verso il capezzolo attraverso dei canali chiamati dotti. In ogni seno ci sono da cinque a dieci sistemi di dotti principali, ciascuno con la propria apertura sul capezzolo.

Il più diffuso tumore del seno è il carcinoma duttale, che inizia nelle cellule dei dotti.

Ma il tumore può anche iniziare nelle cellule dei lobuli o in altri tessuti del seno.

Il tumore al seno è una delle principali minacce tumorali per le donne e, negli Stati Uniti, è il secondo tumore più comune nelle donne dopo il cancro della pelle. Anche se può colpire anche gli uomini, per il sesso maschile è estremamente raro. Ogni anno, negli USA, si registrano circa 2.300 nuovi casi di cancro al seno negli uomini e circa 230.000 nuovi casi nelle donne [1].

Tumore al seno e gravidanza

Ci sono correlazioni tra il carcinoma mammario e la gravidanza, soprattutto in gestanti ultra-trentenni.

Il tumore si presenta, secondo dati Americani, in rapporto di 1 ogni 3.000 gravidanze e viene individuato, quasi sempre, dopo il parto.

La sintomatologia prevede sia la formazione di un ispessimento cutaneo o un nodulo, apprezzabile nella zona intono all’ascella, sia cambiamenti di forma o dimensione. A volte, si assiste alla presenza di un capezzolo rivolto verso l’interno.

Il tumore del seno nelle donne in gravidanza o in allattamento è molto subdolo perché buona parte dei sintomi non sono visibili. In questi periodi, infatti, il seno subisce fisiologici cambiamenti nelle dimensioni e nella forma, può risultare dolente e secernere fluidi. Gli stessi capezzoli possono indurirsi e diventare turgidi. In caso di sospetto è consigliabile rivolgersi immediatamente allo specialista che procederà con gli esami diagnostici strumentali come ecografia, mammografia ed, eventualmente, risonanza magnetica.

In caso di presenza di noduli o addensamenti verrà effettuata una biopsia.

I campanelli d’allarme

Il tumore al seno si presenta con maggiore frequenza nelle donne in menopausa, anche se non sono così rare forme di carcinoma mammario giovanile. Anche se le organizzazioni mediche internazionali sono divise sull’efficacia dell’auto-esame del seno, tuttavia questa pratica è consigliabile almeno come forma di attenzione verso i possibili segnali di pericolo.

Il campanello d’allarme principale è la presenza di uno o più piccoli noduli, molo spesso posizioni vicino o nell’ascella e apprezzabili alla palpazione. Ci sono però altri segnali da non sottovalutare:

  • Cambiamenti di forma o dimensione che si verificano improvvisamente e non hanno spiegazioni evidenti e con possibili differenze di forma e/o volume tra i due seni.
  • Perdite di fluidi o di sangue dal capezzolo.
  • Arrossamenti cutanei, soprattutto del capezzolo o delle zone circostanti.
  • Cambiamenti della consistenza della pelle, apprezzabili al tatto, anche con formazione di fossette o increspature della pelle.
  • Improvvisi indurimenti sottocutanei di una zona del seno [2].

I fattori di rischio

Esistono molti fattori di rischio, alcuni dei quali collegabili a scelte personali come il fumo, l’alcool o le protesi mammarie, mentre altri ne sono indipendenti, come il sesso o l’invecchiamento. In questa categoria si trovano anche i fattori genetici, tra i più importanti visto che interessano circa il 10% dei casi di tumori al seno [3].

La causa più diffusa di cancro al seno ereditario, secondo i dati provenienti dagli Stati Uniti, è una mutazione ereditaria nei geni BRCA1 e BRCA2. Nelle cellule normali questi geni aiutano a prevenire il cancro, inibendo le proteine ​​che consentono la proliferazione anomala della crescita cellulare. La mutazione produce l’effetto contrario e, in alcuni gruppi razziali, la mutazione del gene BRCA1 comporta un aumento fino all’80% del rischio di contrarre un tumore del seno.

Anche altre mutazioni genetiche sono sospettate di essere a rischio tumore, ma la loro incidenza è estremamente bassa.

La familiarità costituisce un altro fattore di rischio, con un aumento fino al 15% nelle famiglie con alto numero di casi diagnosticati.

Lo stesso dicasi per l’origine etnica. Studi USA hanno dimostrato la prevalenza dei tumori nelle donne caucasiche rispetto alle afroamericane. Tuttavia, queste ultime hanno un indice di mortalità maggiore e un’incidenza più marcata per le donne giovani, nel range fino ai 45 anni di età. Altre cause di aumento del rischio sono:

  • Fattori di rischio indotti da patologie benigne del seno: alcune patologie benigne del seno potrebbero portare ad un aumento del rischio di cancro al seno. Le patologie benigne del seno sono state classificate in 3 gruppi generali in base alla rilevanza del rischio.
  • Lesioni non proliferative: sono patologie che non inducono crescita eccessiva di tessuto mammario. Non sembrano influenzare il rischio di cancro al seno, o se lo fanno, è per una minima parte.
  • Lesioni proliferative senza atipie: producono una crescita delle cellule nei dotti o lobuli del tessuto mammario. Sembrano provocare un leggero aumento, fino ad 1,5 volte,del rischio di cancro al seno. Includono: iperplasia duttale non atipica, fibroadenoma, adenosi sclerosante, papillomatosi.
  • Lesioni proliferative atipiche: in questi casi vi è una proliferazione cellulare nei dotti o lobuli del tessuto del seno. Hanno un effetto maggiore sul rischio di cancro al seno, aumentadolo da 3,5 a 5 volte. Questi tipi di lesioni comprendono: iperplasia duttale atipica (ADH), iperplasia lobulare atipica (ALH), carcinoma lobulare in situ (LCIS).
  • Mestruazioni e allattamento: alcuni studi suggeriscono che le donne con un arco di vita riproduttiva più lunga e menarca prima dei 12 anni siano maggiormente soggette al rischio di cancro mammario post menopausa per via del maggior numero di periodi mestruali a cui vanno incontro nell’arco della vita. Per il motivo opposto, le donne che allattano al seno per un lungo periodo – da 18 a 24 mesi – avrebbero una maggior protezione.
  • Obesità e attività fisica: aumentare di peso, fino all’obesità, dopo la menopausa aumenta il rischio di cancro al seno. Prima della menopausa le ovaie producono la maggior parte del normale quantitativo di estrogeni, mentre il tessuto adiposo ne produce una piccola quantità. Dopo la menopausa la maggior parte di estrogeni di una donna viene dal tessuto adiposo. Avere più tessuto grasso dopo la menopausa può aumentare le probabilità di ammalarsi di cancro al seno, per colpa dell’aumento della produzione di estrogeni. 
  • Dieta: diversi studi sembrano provare che la dieta quotidiana ha incidenza sul rischio di tumori, compreso il tumore al seno. Il rischio aumenta nelle donne abituali consumatrici di carni rosse, mentre diminuisce, stando alla maggior parte degli studi, nei paesi in cui la dieta è povera di grassi totali, a basso contenuto di grassi polinsaturi, e povera di grassi saturi. Non tutti i ricercatori sono d’accordo con questa tesi, che avrà bisogno di ulteriori approfondimenti, anche se tutti sono d’accordo che una dieta sana ed equilibrata è sicuramente la scelta migliore.
  • Lavoro notturno: è una scoperta molto recente, supportata da diverse ricerche che hanno suggerito che le donne che lavorano di notte possono avere un rischio maggiore di sviluppare il cancro al seno. Secondo i ricercatori, l’effetto potrebbe essere dovuto a variazioni elevate dei livelli di melatonina, un ormone la cui produzione è influenzata dall’esposizione alla luce.

L’importanza dello screening

Sottoporsi periodicamente a uno screening per la prevenzione del cancro al seno è un fattore fondamentale per la diagnosi precoce, decisiva per sconfiggere il male. Il test più comune è l’esame clinico del seno che può essere effettuato autonomamente, in questo caso si parla di autopalpazione o, meglio, da personale medico specializzato.

L’esame consiste nell’esaminare il seno, con il metodo della palpazione, alla ricerca di variazioni apprezzabili del tessuto cutaneo, sotto cutaneo e della eventuale presenza di addensamenti tissutali o noduli. Sono però molti i dubbi della comunità scientifica che questo test sia realmente efficace e, per questo, l’esame più efficace è la mammografia, nient’altro che una radiografia del seno, attraverso la quale si possono visualizzare anche lesioni non ancora apprezzabili con l’esame clinico [4].

Fonti

[1] http://www.cancer.gov/types/breast

[2] http://www.cancer.gov/types/breast/patient/pregnancy-breast-treatment-pdq

[3] http://www.webmd.com/breast-cancer/guide/breast-cancer-symptoms-and-types

[4] http://www.cdc.gov/cancer/breast/basic_info/screening.htm

 

 

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Scritto da Vincenzo Russo | Blogger

Lavoro da anni nel mondo della medicina. Con Pazienti.it ho l'opportunità di scrivere di argomenti di salute, trasmettendo importanti messaggi di prevenzione e benessere.

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