Cancro e sessualità: come affrontare i tabù con il supporto giusto

Emanuela Spotorno | Editor

Ultimo aggiornamento – 04 Febbraio, 2025

braccia di amanti che si intrecciano

La diagnosi e il trattamento di una malattia oncologica hanno un impatto profondo su molteplici aspetti della vita di una persona, inclusa la sfera intima e sessuale. Questo ambito fondamentale è spesso confinato al silenzio, circondato da tabù e da una carenza di informazioni adeguate, rendendo ancora più difficile per i pazienti e i loro partner accedere al supporto necessario.

Per affrontare questo tema, abbiamo intervistato la Dr.ssa Amalia Vetromile, presidente dell’associazione Mamanonmama, promotrice del progetto di innovazione sociale Sexandthecancer®, rivolto alle donne colpite da malattia oncologica. 

Insieme a lei, hanno partecipato anche la Dr.ssa Chiara Cassani, ginecologa e oncologa, e il Dr. Simone D'Alpaos, psiconcologo, entrambi attivi presso la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e volontari dell’associazione.

Attraverso questa intervista, abbiamo approfondito gli effetti fisici e psicologici dei trattamenti oncologici sulla sessualità, dei tabù ancora radicati, delle differenze di genere nell'approccio al problema e delle possibili soluzioni per migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Ecco le domande che gli abbiamo posto.

Ci può spiegare brevemente qual è la missione dell’associazione Sex and the Cancer?  

Sexandthecancer®  è un progetto di innovazione sociale di Mamanonmama APS, nato nel 2020 per rompere un assordante silenzio che circonda un problema che riguarda il 6% delle donne italiane: il sesso dopo il cancro

La missione, attraverso il lavoro dei professionisti clinici volontari, è informare e supportare le persone colpite da una patologia oncologica del diritto al benessere e ad una buona qualità di vita e, nel contempo, favorire la formazione dei medici, psicologi e personale sanitario per comprendere il problema, conoscere i possibili rimedi e superare l’imbarazzo di parlarne con i pazienti. 

Inoltre, stimolare la ricerca clinica e sensibilizzare le istituzioni per rendere le terapie disponibili, quali ad esempio terapie locali con lubrificanti e acido ialuronico, riabilitazione del pavimento pelvico, supporto psicologico, laser vaginale, accessibili a tutti.

Quali sono gli effetti più comuni che i trattamenti oncologici (chemioterapia, radioterapia, interventi chirurgici) hanno sulla vita sessuale dei pazienti?

Qualche esempio; nelle donne la cosiddetta sindrome urogenitale: irritazione, prurito, ricorrenti infezioni vaginali e urinarie, urgenza urinaria, minzione dolorosa,  scarsa lubrificazione, vaginite, atrofia vaginale, stenosi vaginale e dolore alla penetrazione (dispareunia). 

Negli uomini disfunzione erettile, disordini dell’eiaculazione, modifiche del pene. In entrambi i casi possiamo avere calo della libido. 

Inoltre, i cambiamenti fisici hanno un impatto sull’immagine corporea, quali ad esempio, l’alopecia, le cicatrici, l’incontinenza urinale e fecale; anche questo può influenzare le relazioni sessuali. 

uomo-e-donna-a-letto-non-si-parlano

Da considerare anche che le persone che provano dolore durante i rapporti sessuali possono conservarne la memoria anche se la causa è stata rimossa; questo potrebbe portare a perdita della libido e all’evitamento dell’attività sessuale.

Quali sono i tabù o i dubbi più frequenti che i pazienti (o i loro partner) vi confidano, e come li affrontate?

Il tabù è rappresentato proprio dalla sessualità in sé. I clinici troppo spesso non anticipano la possibilità di insorgenza di disfunzioni sessuali a seguito dei trattamenti oncologici né chiedono alle pazienti se ci sono problemi in questo ambito. 

Le donne, per vergogna o per paura di essere giudicate, difficilmente affrontano per prime questa tematica e a causa di questa “congiura del silenzio” tutto rimane sommerso. 

Il senso di colpa (“è colpa mia”, “sbaglio qualcosa”, “non sono normale”), la paura e la frustrazione (“perderò il mio partner/la mia partner”, “non avrò mai più una vita sessuale soddisfacente”, “non sarò mai più io”) sono i vissuti più frequenti di queste persone. 

Purtroppo, il tema della sessualità è da sempre trattato come una “priorità maschile”; spesso, nelle prese in carico psicologiche di donne in trattamento oncologico, emerge come prima esternazione un “non sapevo di poterne parlare”- “so che non dovrebbe essere la priorità”- “non sapevo con chi poterne parlare per paura di essere giudicata”, tutti pensieri che finiscono per mettere in disparte il problema senza però risolvere il disagio. 

Un impatto negativo sulla qualità della vita al quale deve essere data la giusta importanza. In rare ma reali situazioni alcunə pazienti possono arrivare al rifiuto dei trattamenti oncologici e alle successive conseguenze. È invece importante esplorare le percezioni e i desideri personali deə pazienti, i timori e i punti di forza, anche quelli riguardanti gli aspetti legati al sesso. 

Parlarne e “normalizzare” quanto provato e vissuto è il primo fondamentale passo  per poter affrontare qualsiasi problematica in ambito sessuale. 

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Altro aspetto fondamentale, che permette di affrontare con successo queste problematiche, è l’approccio multispecialistico (ginecologo, psicologo, sessuologo, ostetrica) e personalizzato che tenga conto delle i componenti fisiche/organiche e psicologiche della sessualità in ambito oncologico. 

E’ attivo il nostro sportello d’ascolto online  dove rispondono i nostri professionisti volontari.


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Esistono differenze significative nell’impatto sui pazienti uomini rispetto alle pazienti donne? 

Da uno studio pubblicato nel 2015 “Perceived causes and consequences of sexual changes after cancer for women and men: a mixed method study”si evince che l’impatto è di pari entità in entrambi i sessi. Le conseguenze fisiche (secchezza vaginale e disfunzione erettile) sono per entrambi il primo ostacolo. 

Sicuramente le conseguenze  dei trattamenti oncologici sulla funzione sessuale maschile sono più studiate, più conosciute in ambito medico e non, e meglio affrontate anche all’interno dei percorsi di cura e riabilitazione garantiti dal SSN. 

Per le donne tutto è più complesso, come se per queste ultime la sessualità fosse meno importante (e sappiamo che non lo è): non esistono percorsi dedicati a livello del SSN, molti trattamenti e iter terapeutici sono a completo carico della donna; anche da un punto di vista della ricerca si stanno muovendo solo in anni recenti i primi passi.

Quali strategie o interventi suggerite per aiutare i pazienti a recuperare o mantenere un senso di intimità e piacere durante il percorso oncologico?

Un passo fondamentale nei percorsi di supporto alla sessualità e intimità, è legittimare la richiesta di aiuto inerente a un aspetto sano della propria qualità di vita. 

Si cerca poi di indagare e analizzare più nello specifico quali sono le effettive problematiche sul piano intimo. Attraverso un lavoro di supporto con lə psicologə/psicosessuologə, si coinvolgono altri specialisti (ginecolog*, urolog*, chirurg*, endocrinolog* ostetric*).

E’ importante affrontare e possibilmente prevenire (nell’ottica della pre-abilitazione) le problematiche fisiche che possono influire negativamente sulla funzione sessuale: idratanti, dilatatori, riabilitazione del pavimento pelvico, terapie ormonali, terapie fisiche (laser, radiofrequenza, ecc), a seconda delle necessità del singolo individuo.

Questi i punti cardine di un supporto medico e psicologico riguardante l’intimità: comprendere l'anatomia e la fisiologia di quello che è successo, intervenire a livello medico sulle possibili interferenze/lesioni fisiche, 

Ridefinire i pensieri e le credenze sulla malattia/pregiudizio/operazioni/coppia, promuovere ogni forma di sessualità/intimità seppur “residua”, ridurre al minimo le interferenze esterne, promuovere il piacere e non la cultura della malattia. 

E’ inoltre importante coinvolgere il/la/læ partner, se presente, all’interno del percorso e condividere il proprio vissuto con altræ che  stiano attraversando o abbiano attraversato percorsi simili.

Il primo passo, tuttavia, dovrebbe partire dal team clinico, parlando apertamente alla persona in cura. Il/la paziente deve essere informato se tra gli effetti collaterali della terapia oncologica (chirurgia, chemio/radioterapia o terapia ormonale..) esiste la possibilità che sia compromessa la sfera sessuale/intima (proprio sul consenso informato potrebbe essere specificato anche questo aspetto). 

Questo permetterebbe alle pazienti e ai pazienti di ricollegarsi ad un effetto collaterale che era stato “pre-accennato” e facilita una successiva richiesta “mi aveva informato rispetto al rischio di…è accaduto”.

Emanuela Spotorno | Editor
Scritto da Emanuela Spotorno | Editor

Amo da sempre i libri e la lettura e negli ultimi anni mi sono appassionata a tematiche legate al benessere, all'alimentazione e al mondo Pet. Finalmente su Pazienti.it posso scrivere di argomenti che mi coinvolgono ed appassionano.

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Emanuela Spotorno | Editor
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