"Non riesco a ricordarmi i sogni": ma quanto c'è di vero?

Arianna Bordi | Editor

Ultimo aggiornamento – 11 Aprile, 2025

Ragazza sdraiata per terra con la faccia su un cuscino e circondata da nuvole all'interno di un set fotografico

Perché alcuni sogni vengono ricordati e altri no? Esiste una predisposizione nell’avere un ricordo di ciò che si ha appena sognato?

Scopriamolo in questo articolo.

Esistono “sognatori” e “non sognatori”?

Negli anni '70 David Cohen ha formulato l'ipotesi di salienza-interferenza, una teoria che sottolinea la natura effimera dei ricordi onirici. Immagina i tuoi sogni come bolle di sapone: fragili e evanescenti, tendono a svanire nel nulla in pochi istanti se non vi prestiamo attenzione.

Cohen suggerisce che la memoria dei sogni persiste solo in assenza di distrazioni o interferenze: una volta che la nostra mente si riempie di pensieri e attività quotidiane, come pianificare la giornata o controllare le notifiche del telefono, i sogni vengono relegati nell'oblio, sacrificati sull'altare dell'efficienza della memoria.

In altre parole, il nostro cervello dà priorità alle informazioni pratiche necessarie per affrontare la giornata rispetto ai ricordi onirici.

La chiave per preservare i sogni diventa, dunque, un atto di volontà: concentrarsi attivamente sul sogno immediatamente dopo il risveglio. In cosa si traduce? Nel prendersi un momento per rivivere le immagini, le emozioni e le sensazioni del sogno, permettendo loro di radicarsi nella nostra memoria.

Proprio come quando iniziamo a notare simboli o numeri ricorrenti, la nostra mente diventa più ricettiva, portando alla luce ciò che prima era nascosto; in questo modo i sogni, da entità evanescenti, diventano presenze più tangibili nella nostra vita.

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Ma non tutti i sogni sono uguali: infatti, la seconda parte della teoria di Cohen introduce il concetto di salienza: più un sogno è vivido, bizzarro o carico di emozioni, maggiore è la probabilità di ricordarlo; i sogni che ci colpiscono per la loro stranezza o intensità emotiva si imprimono nella nostra memoria con maggiore forza, rendendo più facile richiamarli alla mente.

È affascinante notare come alcune persone sembrino avere un archivio onirico sempre attivo, ricordando i propri sogni con vivida chiarezza ogni mattina, mentre altre faticano a recuperare anche il più vago frammento.

Questo enigma ha spinto i ricercatori a indagare le differenze tra "sognatori" e "non sognatori", un'etichetta che, come sottolineano gli studiosi, potrebbe riflettere più la capacità di ricordare che la frequenza effettiva dei sogni.

Le ricerche hanno evidenziato una serie di fattori che sembrano influenzare la capacità di ricordare i sogni:

  • età e sesso: il ricordo dei sogni tende a diminuire con l'avanzare dell'età, e le donne sembrano avere una maggiore propensione a ricordare i propri sogni rispetto agli uomini;
  • personalità: i "sognatori" tendono a mostrare tratti di personalità distintivi. Spesso, ottengono punteggi più elevati nelle scale che misurano l'ansia, l'apertura all'esperienza, l'assorbimento (la capacità di immergersi nelle esperienze) e la creatività. Tendono anche ad avere una ricca vita immaginativa e a fantasticare frequentemente. L'analogia tra "sognatori" e "artisti", e tra "non sognatori" e "ingegneri", può aiutare a visualizzare queste differenze;

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  • interesse per i sogni: l'atteggiamento verso i sogni gioca un ruolo cruciale. Chi è genuinamente interessato ai propri sogni ha maggiori probabilità di ricordarli, mentre chi li considera irrilevanti tende a dimenticarli facilmente;
  • sonno: gli studi di laboratorio hanno rivelato che i "sognatori" sperimentano periodi di risveglio notturno più lunghi. Dunque il risveglio, anche breve, durante un sogno, è fondamentale per la sua memorizzazione. Non sono state riscontrate differenze significative nella durata del sonno REM o del sonno profondo tra i due gruppi;
  • reattività cerebrale notturna: i "sognatori" mostrano una maggiore reattività cerebrale ai suoni durante la notte. Ciò significa che si svegliano più facilmente e sono più consapevoli dell'ambiente circostante;
  • attività cerebrale a riposo: durante la veglia, i "sognatori" mostrano una maggiore attività nelle regioni della "rete in modalità predefinita", un circuito cerebrale attivo durante il vagabondaggio mentale e i sogni ad occhi aperti.

Come agevolare il ricordo dei sogni

A volte i nostri sogni si presentano con una tale intensità da sembrare veri e propri film, ricchi di immagini nitide e trame complesse.

Studi sul sonno hanno rivelato che queste esperienze oniriche più memorabili tendono a verificarsi durante la fase REM (Rapid Eye Movement), un periodo di sonno caratterizzato da un'elevata attività cerebrale.

Come sottolinea Valentina Elce, dottoressa in neuroscienze presso la Scuola di Studi Avanzati IMT di Lucca, "svegliarsi durante questa fase è solitamente associato a una maggiore probabilità di ricordare i sogni".

Tuttavia, è importante notare che non sogniamo esclusivamente durante la fase REM: la nostra attività onirica si estende per gran parte della notte, anche se con intensità e caratteristiche diverse.

Il sonno profondo, d'altra parte, sembra ostacolare il ricordo dei sogni, poiché dominato da onde cerebrali lente, che possono interferire con la codifica dei ricordi e ridurre la nostra consapevolezza dell'esperienza onirica.


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Elce spiega che "nel caso dei sogni il cervello ha bisogno di registrarli prima di svegliarsi", ma il sonno stesso può interrompere questi processi di memorizzazione.

Se un sogno non viene codificato correttamente, a causa del sonno profondo, di distrazioni al risveglio o di una mancanza di attenzione, rischia di svanire rapidamente dalla nostra memoria.

Nicoline Douwes Isema, esperta dei sogni, suggerisce alcuni consigli pratici per rafforzare la memoria onirica:

  • dormire di più: il sonno REM, la fase in cui i sogni sono più vividi, si intensifica verso il mattino. Prolungare il sonno significa dare più tempo alla mente per tessere trame oniriche complesse e memorabili;
  • incubazione dei sogni: questa tecnica consiste nell'impostare un'intenzione prima di addormentarsi, concentrandosi su un tema o un problema specifico. La ricerca della dottoressa Deirdre Barrett della Harvard Medical School ha dimostrato che questa pratica può favorire l'emergere di sogni pertinenti e persino offrire soluzioni creative;
  • dream journaling: annotare i sogni al risveglio, anche se solo frammenti o sensazioni, aiuta a consolidare i ricordi e a sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio mondo onirico. L'uso di un diario o di registrazioni vocali può catturare i dettagli fugaci prima che svaniscano;
  • condivisione dei sogni: parlare dei propri sogni con altri appassionati può rafforzare il ricordo e arricchire l'esperienza onirica.
Arianna Bordi | Editor
Scritto da Arianna Bordi | Editor

Dopo la laurea in Letteratura e Lingue straniere, durante il mio percorso di laurea magistrale mi sono specializzata in Editoria e Comunicazione visiva e digitale. Ho frequentato corsi relativi al giornalismo, alla traduzione, alla scrittura per il web, al copywriting e all'editing di testi.

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Arianna Bordi | Editor
Arianna Bordi | Editor
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