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Trovati antibiotici e farmaci nel latte: i rischi per la salute

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Farmaci nel latte: trovate tracce

Sono state analizzate 21 confezioni di latte (fresco e a lunga conservazione) di alcuni dei principali marchi presenti sul mercato. Il risultato? In più della metà delle confezioni sono state rilevate tracce di farmaci: antinfiammatori, cortisonici e antibiotici in particolare.

Niente allarmismi, assicurano gli esperti. “Il Salvagente”, la rivista che si è occupata di portare avanti i test, ha infatti sottolineato che vi è assoluto rispetto dei limiti di legge, stabiliti dal Regolamento Europeo 37 del 2010. Tuttavia, i rischi non mancano, soprattutto se si guarda a bambini e neonati: il pericolo di assuefazione ai medicinali e sviluppo di batteri resistenti è alto.

Quali farmaci sono stati trovati nelle confezioni di latte

La rivista ha esaminato ventuno confezioni di latte fresco e a lunga conservazione di alcuni tra i più famosi marchi commercializzati in Italia. I biologi – grazie a un metodo avanguardistico sviluppato dall’Università Federico II di Napoli e da quella di Valencia – hanno scoperto che in oltre il 50 per cento dei casi sono state rilevate tracce di farmaci.

Come abbiamo visto, le più frequenti sono desametasone (un cortisonico), neloxicam (antinfiammatorio) e amoxicillina (un antibiotico), in concentrazioni tra 0,022 mcg/kg e 1,80 mcg/kg. In un solo caso, è stata evidenziata contemporaneamente la presenza di tutti e 3 i farmaci. In 4 confezioni, invece, le analisi hanno rilevato tracce di due farmaci. Negli altri 5 campioni sono state rilevate tracce di un solo tra i tre principi attivi.

Vi è poco da stupirsi: questi prodotti, infatti, vengono somministrati alle mucche da latte per prevenire e curare le mastiti, cioè infezioni alle mammelle, come ha spiegato Enrico Moriconi, veterinario e Garante degli animali della Regione Piemonte.

I risultati confermano dati già noti, emersi da una ricerca su 56 bricchi di latte italiani, pubblicata sul Journal of Dairy Science. E l’attenzione da sempre è puntata su neonati e bambini che potrebbero risultare più vulnerabili, sviluppando il già noto problema dell’antibiotico resistenza.

Antibiotico resistenza: nel 2050 fino a 10 milioni di decessi

L’assunzione costante di piccole dosi di antibiotico – evidenzia il dr. Ruggiero Francavilla, pediatra, gastroenterologo dell’Università di Bari – con gli alimenti può determinare una pressione selettiva sulla normale flora batterica intestinale, a vantaggio dei batteri resistenti agli antibiotici che possono diventare più rappresentati“.

Insomma, gli agenti patogeni stanno ormai acquisendo la capacità genetica di sopravvivere al trattamento antibiotico, a causa dell’uso (troppo) diffuso di antibiotici – assunti sia direttamente dall’uomo sia tramite residui presenti nel cibo. Non è un caso, dunque, che l’incidenza delle infezioni resistenti agli antibiotici sia in forte aumento, contro un tasso di scoperta di nuovi antibiotici sempre più rallentato.

Dati alla mano, possiamo affermare che nel 2015 gli agenti patogeni resistenti hanno causato oltre 30.000 decessi tra Europa e Stati Uniti, e si stima che entro il 2050 il numero potrebbe salire fino a 10 milioni in tutto il mondo.

La soluzione? Un cambiamento dei nostri stili di vita. “Se si volessero allevare le mucche secondo i loro bisogni, un litro di latte costerebbe 4 euro e avremmo la gente in piazza a fare la rivoluzione” – ha sottolineato il dr. Enrico Moriconi, veterinario.

Il cambiamento allora deve venire da noi. “Se continuiamo a consumare in maniera così spropositata prodotti di origine animale saremo costretti ad avere conseguenze sul benessere animale, in primis, e in secondo luogo sulla nostra salute” – ha concluso.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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