Si stima che solo in Italia, le malattie infiammatorie croniche e intestinali (MICI) colpiscano circa 250 mila persone. In larga parte, paliamo di giovani, con un età compresa tra i 20 e i 40 anni.
Per loro, dall’ultimo congresso ECCO (European Crohn’s and Colitis Organisation) vi sono però delle speranze, grazie allo sviluppo di nuovi farmaci capaci di spegnere quell’infiammazione che scatena i sintomi tipici della malattia di Crohn e della retticolite ulcerosa.
Malattie infiammatorie croniche intestinali: cosa c’è da sapere
Purtroppo, le MICI fanno parte di quel gruppo di malattie definitive in termini medici idiopatiche: non se ne conoscono fino in fondo le cause. L’ipotesi prevalente è quella di una reazione immunologica da parte dell’intestino nei confronti di determinati antigeni, scatenata da una interazione tra fattori genetici e ambientali. Si tratta di patologie che presentano familiarità? Non proprio. È innegabile una tendenza a un maggior rischio nei parenti delle persone affette ma, di certo, non possiamo definirle malattie ereditarie.
In ogni caso, chi ne soffre, conosce molto bene i sintomi della malattia di Crohn e della colite ulcerosa. Soprattutto, sono ben consapevoli della modalità di manifestazione, fatta di periodi di latenza alternati a fasi di riacutizzazione. Nel primo caso, i disturbi si manifestano con diarrea e dolore addominale, localizzato nella parte inferiore destra dell’addome. Se si è affetti da colite, invece, si ha diarrea ematica, tenesmo e, in alcuni casi, anemia.
Le cura di oggi
Dalle MICI, purtroppo, non è possibile guarire. L’obiettivo principale dei trattamenti è lo spegnimento dell’infiammazione. Dunque, sembra superfluo dire che la cura per eccellenza si basa sulla terapia farmacologica.
In particolare, per la colite ulcerosa la terapia dipende dall’estensione del tratto di intestino crasso interessato e, ovviamente, dalla gravità dell’infiammazione.
Per il morbo di Crohn, la terapia farmacologica di prima linea si discosta di poco da quella della colite ulcerosa. Tuttavia, sempre più spesso si fa ricorso a farmaci immunosoppressori, per cerca di controllare l’infiammazione e prevenire la ricorrenza dei sintomi stessi. Quando le terapie non risultano efficaci, l’intervento chirurgico può essere la sola soluzione possibile.
Le nuove frontiere terapeutiche
Oggi, però, ci sono nuove (e concrete) speranze: i farmaci biologici è possibile controllare al meglio la malattia, in particolare nei casi altamente refrattari ai trattamenti convenzionali.
L’attenzione è puntata soprattutto su vedolizumab, un anticorpo che sembra essere capace di spegnere l’infiammazione, proprio sul lungo periodo.
Durante l’European Crohn’s and Colitis Organisation, sono emerse evidenze del tutto positive anche su ustekinumab, anticorpo efficace nel trattamento della malattia di Crohn e sembrerebbe anche nella cura della colite ulcerosa.
Secondo gli esperti, dopo la terapia con ustekinumab, in circa il 20 per cento dei pazienti le ulcere guariscono. Non solo: l’effetto è rapido, mantenendosi nel tempo. Anche a un anno di distanza, il 60 per cento dei malati registra sintomi molto più lievi.
Come già sottolineato, però, dalle MICI non si guarisce. Ma la buona notizia c’è: i farmaci biologici stanno avendo ottimi riscontri. In più, ve ne sono tanti, e le possibilità di scelta diventano più ampie.