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"Ho preso il Coronavirus: ora cosa succede?"

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Cosa succede nel caso in cui si contragga l'infezione da Coronavirus

Febbre alta, tossa secca ed insistente, difficoltà respiratorie: il pensiero corre subito all’infezione da COVID-19. Ma come bisogna procedere per tutelare la propria salute e quella della collettività, agendo nel rispetto dei protocolli di sicurezza in caso di contagio? Cerchiamo di capirlo insieme, passo per passo.

Il triage telefonico: un primo contatto con il proprio medico

Prima di tutto occorre contattare telefonicamente il proprio medico di famiglia che provvederà a effettuare un triage telefonico, ovvero una serie di domande standardizzate per tutti i medici di medicina generale atti ad approfondire il quadro clinico del proprio paziente. 

In dettaglio, il medico si informerà sui sintomi del paziente: se ha difficoltà respiratorie, se ha il respiro lento oppure accelerato e se ha modo di tenere sott’occhio la saturazione, ovvero la concentrazione ematica di ossigeno, con un pulsossimetro. 

Verranno poste poi domande su eventuali malattie pregresse tipo cardiopatie, problemi ai polmoni o ai reni e se ha un sistema immunitario normale o deficitario a causa di malattie oncologiche o metaboliche. Bisognerà anche tenere conto di avere fatto o meno le vaccinazioni antinfluenzale o antipneumococcica così da escludere queste patologia già da subito. Verrà chiesto, in caso la paziente sia una donna, se è in stato di gravidanza o nel caso di una persona anziana, se è autosufficiente o no e se vive da solo o meno. Inoltre, durante la telefonata, il medico valuterà se il paziente è stato in luoghi focolai del contagio o ambienti sanitari con pazienti positivi o, ancora, se è venuto a contatto con qualcuno che ha contratto il Coronavirus.

Nel caso il medico sia indirizzato ad ipotizzare una polmonite, tipo se il paziente è in uno stato di “alterata coscienza”, ossia se non è né vigile né consapevole, ha una pressione sistolica bassa, ossia sotto i 100, se respira difficilmente anche a riposo e se la possibilità di un possibile contagio è alta, occorrerà chiamare il 118 o il 112 per poi proseguire con gli approfondimenti domiciliari previsti dalle direttive regionali

In caso contrario, il medico concorderà col paziente una terapia ed il successivo appuntamento telefonico per monitorare il decorso della patologia. Occorre sempre ricordare che alcune linee di febbre non sono sufficienti per avviare la procedura di emergenza.

Il tampone: fondamentale per confermare (o meno) la presenza del Coronavirus

Il tampone rino-faringeo consente di prelevare campioni di muco e saliva dal naso o dalla gola tramite bastoncino con cotone, una sorta di cotton fioc, materiale sul quale cercare l’acido nucleico specifico del COVID-19. 

Quando il test risulta positivo, il campione viene inviato all’Istituto Superiore di Sanità per un test di conferma per evitare falsi positivi. Se il risultato si conferma, il nuovo contagio viene comunicato alle autorità sanitarie italiane e internazionali e viene confermato l’isolamento domiciliare o ospedaliero a seconda della sintomatologia.

L’isolamento domiciliare in caso di positività al Coronavirus: quando i sintomi sono lievi

Chi è positivo al tampone senza però manifestare sintomi così importanti da ricorrere all’ospedale, deve condurre una quarantena domiciliare con una sorveglianza attiva durante l’isolamento che consiste nella misurazione della temperatura due volte al giorno ed alla pronta segnalazione di ogni eventuale evoluzione velocemente.

L’isolamento in caso di infezione da COVID-19 (ma che vale in ogni altro caso di qualsiasi altra infezione!) non consiste semplicemente nel rimanere a casa ma nello stare sempre nella stessa stanza con a disposizione, se possibile, un bagno privato

Occorre altresì mantenere a distanza con il resto della famiglia. Importante è non ricevere visite, non avere contatti con nessuno, soprattutto con anziani, ovvero con la categoria più a rischio. 

Altre semplici regole a cui attenersi durante l’isolamento sono quelle che riguardano l’igiene delle mani, da lavare costantemente perché sono il principale mezzo di trasmissione del contagio.

È importante anche arieggiare gli ambienti di casa e a non condividere oggetti personali di uso comune, termometro compreso. Indossare la mascherina non è necessario: il contagiato, infatti, dovrebbe, responsabilmente, tenersi a distanza dai suoi cari.

All’assistenza della persona isolata dovrebbe provvedere una (e sempre la stessa) persona per evitare un aumento del rischio di contagio. È opportuno lasciare la spesa o le medicine davanti alla casa della persona o, qualora necessitasse di assistenza, si deve entrare in casa con i dispositivi di protezione individuale, mantenendo le distanze e rispettando le norme igieniche. 

L’isolamento deve essere mantenuto per tutto il periodo di incubazione della malattia, ovvero per il tempo che intercorre fra il contagio e lo sviluppo dei sintomi clinici, stimato fra 2 e 11 giorni, fino a un massimo di 14.

Il ricovero ospedaliero: quando la situazione si aggrava 

Se, invece, il paziente mostra sintomi che richiedono un ricovero, sopraggiungono dagli operatori sanitari in tenuta da biocontenimento, ossia con mascherina, tuta, guanti ed un’ambulanza adeguatamente equipaggiata. 

Faranno domande di anamnesi e misureranno febbre, pressione e saturazione. La struttura per il ricovero sarà indicata dalla rete del 112 in base alla disponibilità. 

Il paziente contagiato verrà sistemato in una stanza nosocomiale in isolamento “in pressione negativa” che fa sì che, qualora vengono aperte porte o finestre, l’aria venga risucchiata all’interno e non ci sia quindi diffusione di microrganismi all’esterno. 

I sanitari entreranno qui uno alla volta solo due volte al giorno, a meno di criticità, con tute, copriscarpe, mascherine, cuffie e guanti. Le camere di isolamento sono singole con bagno interno e un locale detto “filtro” o “buca”, cioè un’anticamera che le separa dal corridoio del reparto nel quale ai pazienti è vietato sostare. Qui è dove gli infermieri depositano i pasti per i degenti; una volta usciti gli infermieri, i pazienti possono recarsi nel filtro, con mascherina e guanti, e portare in camera i pasti. Una volta in camera, possono stare senza maschera e guanti. Le comunicazioni avvengono tramite interfono. Le superfici vengono disinfettate due volte al giorno ed ovviamente i pazienti non possono ricevere visite.

La guarigione: il tampone è finalmente negativo

La guarigione arriva quando i sintomi scompaiono e il risultato di due tamponi a distanza di 24 ore uno dall’altro è sempre negativo: il paziente può quindi venire dimesso. Nei casi in cui il paziente non mostri i sintomi ma il risultato del tampone è positivo, il test viene ripetuto dopo una settimana.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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