L’Herpes nasconde un pericolo che nessuno si aspettava

Simona Soldi | Biologa

Ultimo aggiornamento – 22 Gennaio, 2019

herpes e demenza: qual è il legame

Un certo numero di recenti studi sta tirando le fila di una teoria abbastanza sorprendente, secondo la quale infezioni ad uno stadio grave da parte dell’Herpes virus possono portare a sviluppare la malattia di Alzheimer e altre condizioni di declino cognitivo.

Cerchiamo di capirne di più.

Declino cognitivo: colpa dell’Herpes? Anche

Le prove sperimentali di una connessione biologica esistente fra l’attacco dell’Herpes virus e patologie del sistema nervoso centrale che portano alla demenza stanno infatti cominciando ad accumularsi, tanto da indurre alcuni ricercatori coinvolti nello studio ad affermare che, di fatto, il virus potrebbe essere una concausa della patologia.

Tuttavia, potrebbero volerci ancora altri anni prima che venga dipanata in modo definitivo la modalità con cui il virus possa provocare sintomi come la perdita progressiva di memoria e il declino cognitivo.

Due articoli pubblicati lo scorso inverno da ricercatori di Taiwan concludevano che infezioni gravi di Herpes virus aumentavano il rischio dei pazienti affetti di sviluppare una forma di demenza senile.

Un differente studio, pubblicato ancora una volta da un team di ricercatori di Taiwan, ha riscontrato rischi simili correlati ad infezioni gravi da parte di un ceppo diverso di herpes virus. In quest’ultimo studio, comunque, l’insorgenza dei sintomi della demenza è stata prevenuta grazie alla somministrazione di farmaci antivirali specifici contro l’herpes.

In base ai risultati di questi tre studi, altri ricercatori nel Regno Unito hanno concluso, in un altro articolo pubblicato il mese scorso, che l’azione del virus non sembra semplicemente correlata ad un aumento del rischio di sviluppare la demenza. Invece, sembrano essere state raccolte abbastanza prove scientifiche del fatto che l’Herpes simplex costituisca una vera e propria causa scatenante della malattia.

Non possiamo esserne assolutamente certi, ma appare molto probabile che possa trattarsi di questo” – ha affermato la dr.ssa Ruth Itzhaki, professoressa di neuroscienze dell’Università di Manchester, in Inghilterra, tra gli autori dell’articolo.

Inoltre, uno studio pubblicato dai ricercatori della Icahn School of Medicine di Mount Sinai, nello stato di New York e dell’Arizona State University, ha esaminato i cervelli di persone decedute a causa del morbo di Alzheimer, ovvero la forma più comune di demenza. In base ai risultati della ricerca, i pazienti affetti da morbo di Alzheimer presentavano anche livelli elevati di Herpes virus, rispetto a pazienti che non avevano sviluppato questa forma di demenza durante la vita.

Tuttavia, deve ancora venire dimostrato in modo definitivo il nesso causale fra le due condizioni.

Una ricerca che richiede tempo

Dimostrare scientificamente questo tipo di correlazione dovrebbe coinvolgere la somministrazione di terapie o vaccini anti-herpes e, successivamente, sarebbe necessario rintracciare tutte quelle persone che li hanno ricevuti molto tempo prima, dal momento che la demenza si sviluppa, solitamente, durante la vecchiaia della vita di una persona. Questo procedimento sarebbe alquanto difficoltoso da applicare ma, forse, non impossibile. Al momento sono già attivi due studi negli Stati Uniti, intesi a portare avanti proprio questo obiettivo.

I ricercatori dovrebbero ricercare soggetti partecipanti allo studio che hanno un comprovato rischio di ricaduta di infezione da Herpes virus durante la vecchiaia e, successivamente, dovrebbero trattare questi pazienti con specifici antivirali prima della possibile insorgenza della demenza.

Esistono, infatti, diversi tipi di Herpes virus: i recenti studi si sono concentrati specificamente sui virus herpes simplex HSV1 e HSV2 e sugli herpes virus umani HHV 6A, 6B e 7, ovvero quelli valutati come a maggior rischio di costituire una causa dello sviluppo di demenza.

Quasi tutti i soggetti esaminati presentano una certa quantità di almeno uno di questi ceppi di herpes virus nel cervello. I virus in questione vengono, infatti, contratti generalmente durante l’infanzia o l’adolescenza, ma possono ricomparire con nuove modalità “di espressione” anche in seguito.

Il virus responsabile della varicella, ad esempio, può rimanere in stato di latenza anche per molti anni, per poi ricomparire sottoforma del virus che causa il cosiddetto “fuoco di sant’Antonio” – o herpes zoster – in alcune persone. L’ipotesi è, quindi, che vi siano altri ceppi di herpes virus in grado di risvegliarsi a un certo punto della vita di una persona e diffondersi nel cervello, causando eventualmente i sintomi della demenza.

Qual è il futuro?

La dr.ssa Itzhaki ha affermato di poter escludere “senza ombra di dubbio” che l’Herpes virus costituisca la causa ultima della demenza, dal momento che ha trascorso molti anni di lavoro nella ricerca di questa possibile causa. Nel 2009, scoprì insieme ai suoi collaboratori che le placche amiloidi ritrovate nel cervello dei pazienti con il morbo di Alzheimer contenevano DNA di Herpes virus, ma è stato solo in tempi recenti che questa ipotesi ha cominciato a circolare e a venire accettata come palusibile.

Se questa ipotesi venisse definitivamente confermata e i suoi meccanismi dipanati, prevenire lo sviluppo della demenza  “potrebbe divenire semplice come assumere le statine in caso di colesterolo alto” – ha dichiarato Itzhaki.

In effetti, i farmaci antivirali nel caso dello studio di Taiwan potrebbero aver impedito al virus di penetrare nel cervello e, secondo Itzhaki, se questi hanno effettivamente funzionato in casi di infezioni di Herpes in stadi gravi, appare molto probabile che potrebbero agire positivamente anche in soggetti con condizioni molto meno gravi rispetto a quelli presenti dello studio preso in esame.


FONTI

Sono diversi gli studi e i papers che mettono in correlazione l’infezione da Herpes virus con il manifestarsi di malattie neurodegenerative, tra cui il Morbo di Alzheimer. Tra questi, si segnalano i più recenti e autorevoli, già citati nell’articolo di cui sopra: 

Simona Soldi | Biologa
Scritto da Simona Soldi | Biologa

Sono laureata in Biotecnologie Farmaceutiche, dopo la laurea mi sono occupata di ricerca in biologia molecolare e genetica presso il Dipartimento di Farmacologia Preclinica e Clinica dell’Università di Firenze e, successivamente, presso il Laboratorio di Genetica del Lievito dell’International Centre For Genetic Engineering and Biotechnology di Trieste, collaborando a progetti di testing di sostanze farmacologicamente attive su modelli di lievito e a progetti di ingegneria genetica.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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