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La storia della penicillina: un’intuizione italiana

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Dr. Carlo Iadevaia: Medico Chirurgo, specialista in Malattie Dell’Apparato Respiratorio, Allergologia Respiratoria, Disturbi del Sonno. Istruttore Nazionale Salvamento Academy BLS-D /PBLSD e Manovre di Disostruzione vie Aeree. Docente accreditato dalla Regione Campania.


Tradizionalmente, la storia della farmacoterapia antibiotica è legata al nome di Alexander Fleming, biologo e farmacologo scozzese, insignito del Nobel per la medicina nel 1945 per aver scoperto o meglio isolato nel lontano 1928 la penicillina dal fungo penicillum notatum.

Bisognerà giungere al 1940, però, affinché con gli studi di Fleming, di Florey e Chain sia possibile isolare la penicillina.

La strada verso la penicillina: un’intuizione italiana

Sicuro dei suoi lavori sperimentali, Florey, nel 1941, partì per gli Stati Uniti dove riuscì a persuadere il governo a intraprendere la produzione industriale della penicillina. I progressi furono folgoranti. L’introduzione della penicillina nella medicina moderna causò una vera rivoluzione e fu utilizzata largamente durante la seconda guerra mondiale, salvando la vita a numerosi soldati feriti nel corso delle battaglie.

Pochi, tuttavia, conosco la storia di Vincenzo Tiberio. Costui era un medico italiano che, nel 1895, neolaureato, anticipò di ben 30 anni, con delle semplici osservazioni mediche, le intuizioni di Fleming. Tiberio, di origini molisane e figlio di notaio, visse ad Arzano gli anni degli studi medici, abitando presso dei parenti e fu proprio quella casa a dare inizio alle sue brillanti intuizioni.

La casa, in accordo con lo stile del tempo e le necessità domestiche di approvvigionamento idrico, presentava un pozzo al centro dell’ampio cortile. Tiberio osservò la presenza di muffe all’interno del pozzo e notò che le persone che si rifornivano a quel pozzo manifestavano costanti sintomi intestinali, ogni volta che le muffe venivano rimosse e il pozzo ripulito.

Si delineava così il concetto che le muffe avessero azione battericida e, in pratica, rendevano l’acqua potabile distruggendo i batteri che la colonizzavano.          Lo scienziato, lungimirante, si rese subito conto dei possibili risvolti della sua scoperta e, dopo molti ostacoli e la diffidenza del mondo accademico, ottenne di frequentare i laboratori di Igiene della Regia Facoltà di Medicina di Napoli dove, sotto la guida del professor Vincenzo de Giaxa, potette verificare le sue intuizioni.

Nel 1895, ottenne a spese della Facoltà, la pubblicazione del volume ‘’Sugli estratti di alcune muffe’’. Il libro conteneva in dettaglio tutti i passaggi dell’esperimento e i risultati ottenuti in vivo e in vitro, compresa la dimostrazione del potere chemio tattico degli estratti delle muffe nei confronti del ‘Bacillo del tifo’ e del ‘Vibrione del colera’. Per varie vicende, Tiberio abbandonò gli studi e della sua scoperta non parlò nessuno.

Dopo la pubblicazione del suo lavoro, Vincenzo Tiberio prese parte al concorso per Medico di 2ª classe nel Corpo sanitario marittimo e lo vinse. Dopo diverse spedizioni, tornato in Italia, si attivò per portare soccorso alle popolazioni duramente colpite dal terribile terremoto del 1905 che rase al suolo Messina e Reggio Calabria.

Nel marzo 1912, Tiberio venne nominato direttore del gabinetto batteriologico dell’ospedale militare di “La Maddalena”, dove rimase sino al novembre dello stesso anno e in un periodo così limitato riuscì a trasferire ai colleghi la sua impronta di ricercatore, dedicandosi in particolare ai problemi relativi alle infezioni malariche allora assai diffuse in quell’area.

Successivamente, venne trasferito in Libia e  il 13 gennaio del 1913 raggiunse Tobruck per assumere l’incarico di direttore del Laboratorio di analisi di quella infermeria. Il 16 agosto del 1913 gli giunse dal Ministero la notizia della promozione a maggiore. Con quel grado, venne trasferito a Napoli, dove il 7 gennaio 1915, la sua vita operosa si spense e all’età di soli 46 anni fu ucciso da una crisi cardiaca.

Della scoperta di Tiberio non si ebbe notizia per più di 40 anni fin quando nel 1955 il suo articolo fu ristampato a cura dello stesso Istituto di Igiene dove era stato sepolto per tutti questi anni.

Il lavoro di Tiberio fu quindi riconosciuto ufficialmente dalla comunità scientifica e accademica. Nel 2010, “La storia di Tiberio” è diventato un lungometraggio  realizzato con il contributo della provincia di Campobasso.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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