Sono innumerevoli le malattie che procurano deficit nello sviluppo cognitivo, di cui le origini genetiche non risultano ancora del tutto chiare. E sono ancora di più i pazienti affetti da disturbi cognitivi, indipendentemente dall’età.
Eppure, cause sconosciute si accompagnano a certezze ormai consolidate: alcune patologie riguardanti lo sviluppo cognitivo peggiorano con l’infiammazione, che altera il normale funzionamento delle sinapsi cerebrali. Ed è proprio questo il motivo che ha spinto un gruppo di ricercatori italiani a concentrarsi sullo studio degli effetti di uno stato infiammatorio a livello dei neuroni.
Vediamo nei dettagli i risultati della ricerca, che ha suscitato sin da subito l’interesse di medici e ricercatori di tutto il mondo.
Disturbi cognitivi: danni reversibili con un antinfiammatorio?
La ricerca, condotta da Humanitas in collaborazione con l’Istituto di Neuroscienze del CNR e l’Universidad Miguel Hernández lnstituto de Neurociencias, ha identificato per la prima volta la correlazione tra alti livelli di infiammazione e un’aumentata espressione di una proteina, la Mecp2, molto nota per un ruolo che ricopre nello sviluppo corretto del sistema nervoso e della plasticità cerebrale. Non a caso, un suo cattivo funzionamento dà origine ad alcune malattie neurologiche, caratterizzate da disabilità intellettive e deficit cognitivi, tra cui citiamo la sindrome di Rett e la sindrome da duplicazione di Mecp2.
“Abbiamo dimostrato che un’infiammazione eccessiva aumenta i livelli di MeCP2, una tra le proteine coinvolte in malattie del neurosviluppo” – spiega Michela Matteoli, direttore dell’IN-CNR, del Neuro Center di Humanitas e docente di Farmacologia di Humanitas University – “Bloccando una delle molecole chiave dell’infiammazione attraverso un farmaco antagonista del recettore dell’interleuchina-1 beta, un antinfiammatorio già usato nella pratica clinica, siamo riusciti a correggere i livelli di MeCP2 così come molti dei difetti delle sinapsi che caratterizzano le patologie del neurosviluppo, normalizzando i difetti di apprendimento”. In altre parole, il farmaco potrebbe ripristinare i normali livelli della proteina incriminata, con un conseguente recupero della funzionalità sinaptica e delle prestazioni cognitive: è questa la sensazionale scoperta e la recondita speranza.
Saranno necessari altri studi, non vi è alcun dubbio. Come dicono gli autori, però, un grande passo avanti è già stato fatto, dimostrando la parziale reversibilità del danno. Ora è tempo di mettere a punto lo sviluppo di nuove terapie per i disturbi cognitivi, basate sulla modulazione del sistema immunitario.
Disturbi cognitivi nei bambini: come riconoscerli, come affrontarli
Anche nei bambini, i deficit cognitivi sono più diffusi di quando ci si possa aspettare e sperare. Questi, in particolare, variano da disturbi profondi e marcati a lievi compromissioni delle funzioni cognitive.
Ascoltare e capire il proprio figlio è importante per riuscire a cogliere i sintomi di un disturbo cognitivo di questo tipo, per poi rivolgersi con tutta fretta ad un medico specialista della salute mentale.
È importante, ai primi campanelli di allarme, creare una sorta di “registro” degli indizi che vostro figlio vi lancia per chiedervi aiuto: la difficoltà nell’apprendere e nel comprendere, nel ricordare, nello scrivere, nel seguire le cosiddette “convenzioni sociali”, nel muoversi nel tempo e nello spazio. Tra le altre cose, è probabile che si manifestino:
- Sviluppo della parola ritardato
- Calligrafia molto disordinata, confusionaria e incomprensibile
- Perdita di peso
- Continue dimenticanze
Il miglior modo per affrontare questi tipi di disturbi è rivolgersi ad un medico specializzato nella diagnosi delle disabilità di apprendimento nei bambini. Genitori e figli saranno coinvolti in questa “verifica” per accertare o meno la presenza di un disturbo cognitivo: ai piccoli verranno sottoposti dei test, agli adulti, invece, verrà chiesta un’analisi oggettiva sui comportamenti del bambino e della bambina.
Il medico prenderà in considerazione una serie innumerevoli di fattori prima di diagnosticare un disturbo a vostro figlio, dalle prestazioni scolastiche, alle capacità sociali, relazionali e interpersonali. E da cui, scaturirà il livello di intervento, per sostenere i bisogni di vostro figlio nell’avere successo prima a scuola e in seguito nella vita.