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Coronavirus, quando si è guariti (anche in assenza di tampone)?

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Coronavirus guarigione

I dati sull’emergenza Covid-19 scandiscono la nostra quotidianità: numero di contagiati, guariti e decessi arrivano ogni giorno puntuali.

Se in modo semplice cogliamo al volo cosa significhi contagiati, sorge qualche dubbio su come definire un paziente guarito dal nuovo Coronavirus. In realtà la risposta è stata fornita dal Consiglio superiore di sanità, l'organo di consulenza tecnica e scientifica del Ministero della Salute. 

Dunque, fare chiarezza in merito è possibile. Vediamo insieme cosa significa guarire dal Coronavirus, secondo le autorità sanitarie.

Guarire dal Coronavirus, ci sono due diversi casi

In Italia, il Gruppo di lavoro permanente del Consiglio Superiore di Sanità ha diffuso a fine febbraio un documento nel quale definisce i criteri per poter definire “guarita” una persona. Vi sono due diverse possibilità:

  • Clinicamente guarito - Un paziente che ha contratto il virus Covid-19 si definisce “clinicamente guarito” se, dopo aver manifestato i diversi sintomi (in maniera più o meno grave) correlati all'infezione, risulta asintomatico, dunque privo di qualsivoglia manifestazione clinica. Attenzione, però. Pur essendo clinicamente guarito, un paziente può ancora presentare un test positivo al Sars-CoV-2.
  • Paziente guarito - Molto diverso è il caso del paziente guarito: lo è, infatti, non solo da un punto di vista clinico, ma anche virologico. In questo caso la persona, oltre a risultare asintomatica, deve essere negativa a due test consecutivi per il Coronavirus, svolti peraltro a distanza di 24 ore uno dall’altro. 

Quando il paziente è guarito, di fatto il Coronavirus non è più rilevabile. I medici parlano in questo caso di clearance del virus, che indica appunto la scomparsa dell’RNA virale rilevabile nei fluidi corporei. Questo vale per tutti: in persone risultate positive con manifestazione dell'infezione sia negli asintomatici.

Attenzione, però. Il Coronavirus ha un tempo di incubazione medio intorno alla settimana, con un massimo di 14 giorni: significa che dal momento in cui si è contratto il virus al momento in cui si sviluppano i sintomi possono passare fino a due settimane. Una persona che non mostra ancora sintomi può quindi risultare ugualmente positiva ai test perché ha comunque già il Coronavirus: in questo caso, viene consigliato di ripetere il test non prima di 14 giorni dal precedente, in modo da verificare l’effettiva negativizzazione.

Ci si può ammalare due volte di Coronavirus? Sembrerebbe di no

Quando il virus viene eliminato, vi è generalmente la comparsa di anticorpi specifici di tipo IgG per il Sars-CoV-2 prodotti dall’organismo stesso. Ed è una buona notizia. Significa, infatti, che si è sviluppata un’immunità al patogeno. “Tali anticorpi” - si legge tra i documenti prodotti dal Ministero - “hanno un carattere protettivo, ovvero sono in grado di difendere l’organismo da eventuali reinfezioni con lo stesso virus”.

Si legge, ancora, che riguardo al caso di “possibile reinfezione da Sars-CoV-2, non è escludibile che venga ricondotto ad una lunga persistenza del virus nell’organismo, e che alla base dell’osservazione vi possa essere o un’inadeguata gestione pre-analitica del campione o un limite di sensibilità del test”. 

Sembrerebbe verosimile, dunque, che i casi di reinfezioni da Coronavirus siano pressoché nulli. “I dati correnti – si legge – sembrerebbero escludere la possibilità di rapida insorgenza di mutanti in grado di sfuggire al controllo del sistema immunitario quando questo sia stato in grado di eliminare il virus”.

E in assenza di tampone, quando ci si considera guariti?

Purtroppo, dare una risposta a questa domanda non è per nulla semplice. Si può dire che i pazienti gravi diffondono il virus per 20 giorni in media, ma per pochi altri questo periodo può durare fino a 37 giorni. Per i malati lievi la durata media è di 10 giorni, ma per alcuni continua fino alle due settimane, come ha sottolineato uno studio dell'Istituto Negri di Bergamo, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Scienze Sociali di Parigi. 

E se si è asintomatici - o con sintomi lievi, che non necessitano un ricovero ospedaliero - è inutile sottoporsi a esami particolari per la conferma di una diagnosi. Ad oggi, infatti, solo il tampone rino-faringeo è considerato attendibile. Quindi no, come conferma lo stesso Ministero, "non esistono al momento kit commerciali per confermare la diagnosi di infezione da nuovo coronavirus. La diagnosi deve essere eseguita nei laboratori di riferimento Regionale, su campioni clinici respiratori secondo i protocolli di Real Time PCR per SARS-CoV-2 indicati dall’OMS"

Per la ricerca di anticorpi specifici di tipo IgG per il Sars-CoV-2 sono invece sufficienti esami del sangue? Risposta negativa, anche in questo caso. "Si conferma che non esiste alcun test basato sull'identificazione di anticorpi diretti verso SARS-CoV-2 validato per la diagnosi rapida di contagio virale o di Covid-19", ha evidenziato ancora una volta il Ministero.

Insomma, nessuno può considerarsi davvero “guarito” senza un test diagnostico ripetuto più volte, contando che la diffusione del virus può continuare anche dopo la scomparsa della febbre e dei sintomi più gravi. Cosa fare quindi? Aumentare la prevenzione, osservando tutte le norme e le regole imposte dalle autorità sanitarie.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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