Le donne sono fisiologicamente meno esposte degli uomini alle malattie e ai disturbi cardiovascolari? FALSO!
Questa erronea convinzione è stata alimentata per molto tempo a causa di una scarsa informazione, ma anche dalla sottostima delle differenze di genere in medicina. Infatti, la maggior parte delle conoscenze su tali patologie deriva da studi clinici e farmacologici condotti principalmente su campioni maschili.
Le patologie del cuore sono state le prime a essere oggetto di studio nell’ambito della Medicina di genere. In un articolo scientifico risalente al 1991 emerse come le donne fossero meno ospedalizzate, meno sottoposte a indagini diagnostiche, a interventi e a terapie rispetto agli uomini, oltre a essere scarsamente rappresentate nelle sperimentazioni cliniche.
Da allora sono stati fatti molti passi avanti.
Donne malate di cuore: un problema sottostimato
Dietro questo falso mito esiste un dato di fondo: le donne hanno il vantaggio di essere protette nell’arco della vita fertile dallo “scudo estrogenico”.
La caduta dei livelli ormonali che caratterizza la menopausa espone, invece, a un importante incremento del rischio cardiovascolare, amplificato dalla concomitante presenza di patologie/fattori di rischio assai frequenti in questa fase della vita femminile, come sovrappeso, diabete, ipertensione arteriosa e dislipidemie.
Le malattie cardiovascolari rappresentano attualmente la principale causa di morte nella popolazione femminile, complice la maggior diffusione tra le donne di abitudini scorrette, primo fra tutti il fumo di sigaretta. La prevenzione primaria attraverso l’adozione di corretti stili di vita rappresenta la strategia più efficace per mantenere in salute cuore e arterie.
Fattori di rischio: i veri nemici del cuore
Noti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari si possono dividere in due gruppi, in funzione della possibilità di adottare misure preventive. I primi sono i fattori di rischio tradizionali non modificabili, ovvero l’età e la familiarità. La prevalenza aumenta, infatti, con l’avanzare dell’età sia nelle donne che negli uomini, ed esiste una predisposizione individuale modulata da fattori genetici.
I cosiddetti fattori di rischio tradizionali modificabili, invece, sono diabete, ipertensione arteriosa, fumo, dislipidemia, sedentarietà, sovrappeso-obesità. Questi fattori sono i medesimi nei due sessi, ma hanno un peso (rischio relativo) diverso, risultando avere un impatto maggiore in termini di morbilità e mortalità nelle donne rispetto agli uomini.
Il diabete è, infatti, più pericoloso per il cuore delle donne rispetto a quello degli uomini: si stima che tale malattia aumenti il rischio cardiovascolare nell’uomo di 2-3 volte, mentre nella donna tale rischio aumenta fino a 5-7 volte. Anche l’ipertensione arteriosa (che dopo i 55 anni aumenta di più nella popolazione femminile) e il fumo di sigaretta sono più fortemente associati all’infarto nella donna.
Le donne fumatrici avrebbero un rischio più che triplicato di andare incontro a MCV rispetto alle coetanee non fumatrici e ai maschi fumatori, ed è stato documentato che per la donna è sufficiente fumare un terzo delle sigarette dell’uomo per avere lo stesso rischio.
La dislipidemia consiste nell’alterazione dei livelli circolanti di grassi (colesterolo e trigliceridi) che tipicamente aumentano con l’età, in particolare nelle donne in menopausa in cui è più difficile controllare tali valori. La sedentarietà e l’obesità è prevalente nei maschi (tranne che nel Sud Italia, dove prevale nella donna), nei quali però aumenta il rischio cardiovascolare in misura minore rispetto alle femmine.
Nel genere femminile, ai fattori di rischio tradizionali se ne aggiungono altri più comuni e/o esclusivi delle donne, cosiddetti fattori di rischio emergenti.
Le malattie autoimmuni (come artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico) hanno una prevalenza nettamente maggiore nel sesso femminile e sono frequentemente associate a sviluppo di un’aterosclerosi precoce, alimentata dai processi infiammatori che le connotano.
Lo stress psicofisico e la depressione impattano negativamente sulla salute cardiovascolare. Sono fattori di rischio da considerare con attenzione soprattutto nelle donne più giovani e che peggiorano la prognosi dopo evento acuto. La depressione, oltre a essere fattore di rischio cardiovascolare, può manifestarsi anche in seguito di un evento acuto.
È noto, ed è già stato anticipato, che l’effetto cardioprotettivo degli estrogeni endogeni conferisce alle donne un vantaggio temporale rispetto agli uomini. Di conseguenza, un’importante determinante nello sviluppo di MCV è l’età di insorgenza della menopausa: le donne che vanno incontro a menopausa precoce (naturale o chirurgica) hanno una probabilità più elevata di sviluppare MCV. Anche la sindrome dell’ovaio policistico espone la donna ad alterazioni metaboliche e cardiovascolari precoci, che si traducono in un maggior rischio cardiovascolare.
In gravidanza, l’ipertensione è un predittore di sviluppo di ipertensione post-gravidica. Anche il diabete gestazionale aumenta il rischio di sviluppare diabete tipo 2, oltre e incrementare il rischio di MCV indipendentemente dallo sviluppo di diabete manifesto. Le donne con storia di aborti spontanei o parto pre-termine sono a maggior rischio di futuri eventi cardiovascolari ed è stata evidenziata una correlazione tra l’andamento del peso corporeo post-partum e tale rischio.
Esiste poi un’associazione tra le MCV e il tumore del seno, che non riguarda solo la condivisione di multipli fattori di rischio e di maggior incidenza con l’aumentare dell’età, ma si estende anche al trattamento (chemioterapia e radioterapia).