Il prediabete é preoccupante quanto il diabete? Una nuova analisi internazionale suggerisce che il prediabete non rappresenta una mera condizione “di passaggio”. Infatti, riconoscere il prediabete e riportare la glicemia nella norma può ridurre in modo significativo il rischio di infarto, scompenso cardiaco e morte cardiovascolare.
Il prediabete viene spesso considerato una zona di confine, una mera fase intermedia tra normalità e diabete da monitorare senza particolare urgenza. Tuttavia, la ricerca pubblicata su The Lancet Diabetes & Endocrinology invita a rivedere questa visione.
Secondo lo studio, normalizzare i valori glicemici in questa fase precoce significa, infatti, prevenire il diabete di tipo 2, e tradursi in una protezione concreta e duratura per il cuore e i vasi già nel momento presente.
Ma vediamo nel dettaglio cosa significa.
Prediabete: cos’è e quanto è rilevante il rischio
Il prediabete è una condizione metabolica, più precisamente allerta metabolica, connotata da livelli di glicemia superiori alla norma, ma non ancora sufficienti per una diagnosi di diabete. In genere si parla di:
- glicemia a digiuno compresa tra 100 e 125 mg/dL;
- emoglobina glicata tra 5,7% e 6,4%.
Per anni questa condizione è stata considerata soprattutto un fattore di rischio legato al “futuro”, un segnale che indica una maggiore probabilità di sviluppare diabete.
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Lo studio appena pubblicato mostra, invece, che il prediabete può avere conseguenze cliniche rilevanti già nel presente, in particolare sul piano cardiovascolare. Vediamo cosa dice l'analisi.
Prediabete: lo studio che chiarisce
La ricerca è stata coordinata da Andreas Birkenfeld, docente di Diabetologia al King’s College di Londra e all’Ospedale Universitario di Tubinga, e si é occupata di analizzare i dati di due grandi studi di prevenzione del diabete seguiti per molti anni:
- il Diabetes Prevention Program Outcomes Study (DPPOS), condotto negli Stati Uniti;
- il Da Qing Diabetes Prevention Outcomes Study, realizzato in Cina.
Si tratta di un’analisi post-hoc, ovvero una rielaborazione statistica di dati già raccolti, con un obiettivo specifico: valutare cosa succede al rischio cardiovascolare nelle persone con prediabete che riescono a riportare stabilmente la glicemia nella norma rispetto a chi resta in prediabete o sviluppa diabete.
Quali sono i risultati principali?
I dati emersi dall’analisi sono da considerarsi significativi. Rispetto ai soggetti rimasti in prediabete, coloro i quali hanno ottenuto una remissione della condizione hanno mostrato alcuni segni specifici.
Ecco quali:
- una riduzione di circa il 42% del rischio di infarto, ictus e altri eventi cardiovascolari maggiori;
- un calo di circa il 58% del rischio di morte cardiovascolare o di ricovero per insufficienza cardiaca;
- benefici che si mantengono anche a distanza di molti anni dalla normalizzazione della glicemia.
Questo effetto “a lungo termine” suggerisce l’esistenza di una sorta di memoria metabolica: intervenire precocemente sui livelli di zucchero nel sangue può lasciare un’impronta positiva duratura sulla salute cardiovascolare.
Un altro aspetto importante riguarda il tipo di intervento. Nei due studi analizzati, la normalizzazione della glicemia è stata ottenuta attraverso diverse strategie, vediamo quali:
- aumento dell’attività fisica;
- miglioramento dell’alimentazione;
- controllo del peso;
- in alcuni casi, supporto farmacologico.
Secondo gli autori, i risultati indicano che i soli cambiamenti dello stile di vita, pur fondamentali, non sempre sono sufficienti a ridurre il rischio cardiovascolare se non portano a una vera remissione del prediabete. L’obiettivo, quindi, non dovrebbe essere solo “tenere sotto controllo” i valori, ma riportarli stabilmente nella norma.
Cosa significa per chi ha il prediabete
Lo studio rafforza la necessità di reputare il prediabete come una patologia seria. In quanto opportunità di intervento precoce. In pratica:
- è importante controllare regolarmente glicemia ed emoglobina glicata;
- potrebbe rivelarsi utile discutere con il medico un piano personalizzato di prevenzione;
- il rischio cardiovascolare va valutato nel suo insieme, considerando anche pressione, colesterolo e abitudini di vita.
Meno zuccheri nella dieta e un maggiore movimento incarnano la via maestra per un benessere complessivo. Ma oggi sappiamo che raggiungere e mantenere valori glicemici normali può fare una differenza concreta sul rischio di infarto, scompenso cardiaco e mortalità.
In sintesi, il prediabete non è solo una fase di attesa: intervenire presto e in modo efficace può proteggere il cuore nel lungo periodo.
Fonti:
The Lancet Diabetes & Endocrinology - Prediabetes remission and cardiovascular morbidity and mortality: post-hoc analyses from the Diabetes Prevention Program Outcome study and the DaQing Diabetes Prevention Outcome study
PubMed - Morbidity and mortality after lifestyle intervention for people with impaired glucose tolerance: 30-year results of the Da Qing Diabetes Prevention Outcome Study