Un sondaggio americano del 2024 pubblicato dal Wexner Medical Center dell'Ohio State University di Columbus getta una luce cruda sulla genitorialità contemporanea: un numero allarmante di mamme e papà percepisce la cura dei figli come un muro invisibile che li separa dal mondo adulto.
Approfondiamo la tematica grazie all'esempio di una rete di supporto nata tramite i social.
La genitorialità è un lavoro a tempo pieno non risconosciuto
I numeri parlano chiaro: il 66% dei 1.005 genitori interpellati si sente talvolta o frequentemente intrappolato in una spirale di isolamento e solitudine a causa delle incessanti richieste della vita genitoriale. E la ferita si fa ancora più profonda se si considera che quasi il 40% lamenta la mancanza di una spalla solida su cui appoggiarsi nel loro delicato ruolo.
"Sono madre di quattro figli e la mia esistenza è un turbinio ininterrotto", ha confessato Kate Gawlik, professoressa clinica associata presso la facoltà di infermieristica dell'Ohio State University di Columbus.
Ma la sua riflessione va oltre la semplice constatazione della frenesia quotidiana: "Mantenersi perennemente occupati, purtroppo, non colma il vuoto lasciato dal bisogno di amicizie autentiche e di conversazioni profonde con anime affini che condividano le nostre passioni e i nostri interessi più veri".
In queste parole risuona l'eco di un bisogno umano fondamentale, quello di connessione, che la genitorialità, nella sua assorbente totalità, rischia pericolosamente di soffocare.
Kacey Cardwell, terapeuta matrimoniale e familiare di Atlanta e ricercatrice clinica presso l'American Association for Marriage and Family Therapy, pur non avendo partecipato direttamente allo studio, traccia un lucido parallelismo: "Quando un genitore si sente prigioniero della solitudine e dell'isolamento, è un segnale inequivocabile che i suoi bisogni da adulto vengono sacrificati sull'altare dei figli.”
La definizione di burnout, come puntualizza Kate Gawlik, è un'esperienza totalizzante di spossatezza che trascende la semplice stanchezza. "Il burnout non è certo una novità nel panorama genitoriale, ma credo fermamente che la pandemia lo abbia catapultato in una dimensione completamente inedita", aggiunge con amarezza. "Ci è stato chiesto di indossare mantelli da supereroi, destreggiandoci incessantemente tra lavoro da remoto e istruzione domestica, senza concederci un attimo di tregua."
L'esempio del gruppo di auto-aiuto newyorkese
Joe Gonzales, allineato a questa sensazione di isolamento e di sopraffazione, ha intrapreso un’avventura digitale con un preciso intento: connettersi con altri padri: "Sentivo una marcata carenza di risorse che risuonassero con la mia identità: quella di un uomo latinoamericano, parte di una minoranza che vive la vibrante modernità di New York", ha confidato.
"Un giorno, una semplice domanda mi ha folgorato: 'Dove si ritrovano i papà?'. E la risposta inattesa è stata un incoraggiamento: 'Non lo so, inizia tu!'". Gonzales ha accolto con entusiasmo questa sfida e, nell'ottobre successivo, ha lanciato un appello su TikTok.
L'eco è stata sorprendente: una ventina di neopapà, accompagnati dai loro piccoli, provenienti da tutta l'area dei tre stati, si sono dati appuntamento per un primo, informale incontro al McCarren Park.
Tra una chiacchiera e l'altra, i temi centrali erano quelli che scandiscono la vita di un genitore: i ritmi delle poppate, i sacri orari dei sonnellini e, immancabilmente, le sorti dei New York Knicks. Così è nato ufficialmente il "Brooklyn Stroll Club" (Brooklyn è un quartiere di New York e stroll significa “passeggino” in inglese), un'iniziativa che da allora ha visto una crescita esponenziale.
La comunità virtuale del club su Discord conta ora quasi 1.400 membri sparsi in ogni angolo del globo, e i posti per gli incontri mensili organizzati da Gonzales finiscono ormai in pochi minuti.
La risonanza del club è diventata virale su TikTok, culminando di recente in un prestigioso articolo nella sezione "Style" del New York Times e attirando l'attenzione dei brand per delle collaborazioni.
"Non m'interessa la viralità, né tutto il clamore mediatico", afferma con convinzione. "Il mio vero desiderio è offrire alla comunità il ventaglio più ampio possibile di opportunità di crescita e supporto."
Gonzales sottolinea come i papà stessi contribuiscano attivamente con le loro competenze e risorse: un membro del club, esperto di Morgan Stanley, ha condotto un seminario gratuito per gli altri genitori su come pianificare un fondo universitario per i propri figli; un altro, co-fondatore di Rumble, tiene appassionanti corsi di boxe per il gruppo.
Spesso, racconta Gonzales, quando i piccoli si ammalano – eventualità tutt'altro che rara – altri padri sono pronti a offrire conforto e consigli pratici ai genitori preoccupati. E quando l'umore di qualcuno vacilla, il gruppo si apre a conversazioni sincere e costruttive sulla salute mentale.
In un'epoca satura di influenze tossiche, podcast fuorvianti e messaggi distorti rivolti a ragazzi e giovani uomini, l'aspirazione più profonda di Gonzales è quella di rappresentare un modello positivo per suo figlio.
"Mio padre è stato un gran lavoratore, per tutta la vita", racconta, ed è palpabile come quelle prolungate assenze paterne lo abbiano profondamente segnato, influenzando radicalmente le sue priorità una volta diventato padre.
Il suo obiettivo primario, oltre a garantire il benessere materiale della sua famiglia, è essere presente fisicamente ed emotivamente per suo figlio.
"Voglio che sappia che ci sono, che sono disponibile", afferma con calore. Nonostante il suo lavoro a tempi pieno, Gonzales utilizza lo smartworking due giorni alla settimana per dedicare tempo prezioso alla sua famiglia.
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Quando il figlio Sol si sveglia ogni mattina alle cinque, Gonzales e Mallory si alternano in turni di un'ora e mezza, offrendo a entrambi lo stesso spazio per prepararsi alla giornata e per stare con il loro bambino.
"Credo che questo rappresenti in larga misura l'essenza del gruppo", conclude Gonzales, "la possibilità di apprendere dall'esperienza. Non solo con lui, ma anche con mia moglie, e di porsi domande cruciali: come comunico? Come esprimo i miei pensieri? Come sto evolvendo come persona? Le mie azioni riflettono amore e attenzione?".
Sebbene Gonzales non sia del tutto sicuro di come sarà il futuro del gruppo se continuerà a espandersi a questo ritmo, è certo di voler continuare a entrare in contatto con altri che si trovano nella sua stessa situazione.
"Voglio solo aiutare i padri. Voglio aiutare me stesso lungo il cammino, e spero che questo possa avere un impatto sulla prossima generazione."