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Sindrome di Brugada: i rischi della morte improvvisa

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

sindrome di Brugada: i sintomi della "morte improvvisa"

Dr. Luigi Gianturco, specialista in cardiologia. 


La Sindrome di Brugada è una cardiopatia su base genetica (forma a eredità autosomica dominante con penetranza incompleta), il cui substrato sono i canali ionici responsabili degli scambi elettrolitici e quindi dello status di polarità di membrana dei miociti. Tale canalopatia quindi porta ad alterazioni nelle carica elettrica di membrana, che esitano in aritmie potenzialmente “maligne”, quali la fibrillazione ventricolare, le tachicardie ventricolari in genere e così via”.

Ce ne parla il dr. Luigi Gianturco, specialista in cardiologia.

Chi è colpito dalla sindrome di Brugada?

Ne sono colpiti soprattutto i giovani, essendo le aritmie manifeste specie dopo le fasi dello sviluppo, dall’adolescenza all’età adulta. Il nome Brugada deriva dai fratelli che per primi nel 1992 la descrissero con dovizia di particolari.

sintomi possono esser palpitazioni, lipotimie e/o veri e propri eventi sincopali (collassi).

L’elettrocardiagramma (ECG) può assumere 3 (tre) diversi pattern. Il più tipico (tipo 1) di essi mostra il cosiddetto “sopraslivellamento del tratto ST coved type“. Mentre la morfologia a “sella” (saddle) contraddistingue le altre due varianti di questa storica classificazione nosografia. Ad oggi poi si può scendere più nel dettaglio con una mappatura genetica che vada a svelare quali geni siano implicati, da caso a caso, e può altresì permettere uno screening familiare proattivo, per impedire evenienze infauste in famiglie con nota sindrome di Brugada e/o con storie di morti improvvise.

Come si diagnostica la sindrome di Brugada?

La diagnosi è stata per anni fatta, oltre che con l’elettrocardiografia di base, con il cosiddetto test alla flecainide, ma la ricerca sta cercando sempre nuovi test più specifici e precisi per consentire l’inquadramento della patologia. Ovviamente, il su citato mapping genetico, svolto a buon bisogno in Centri di riferimento, può certificare quanto già in precedenza edotto dagli esami standard basilari.

Come si cura la sindrome?

Per quel che concerne il trattamento, fino a poco tempo fa, era pervista soltanto l’ipotesi di impianto di un pacemaker defibrillatore (ICD) che fungesse da “limitatore” delle potenziali aritmie.

Oggi, peraltro, alcuni Centri d’Eccellenza aprono alla possibilità di un trattamento meno-invasivo, quale l’ablazione trans-catetere (ATC), una sorta di “bruciatura” di quei circuiti potenziali che possono, una volta innestata l’aritmia, perpetrarla e/o alimentarla.

I dati preliminari che la Comunità Scientifica sta drenando da tali Centri topclass sembrano esser molto rassicuranti, ma l’atteggiamento giusto prevede che non ci si esalti più di tanto, precorrendo i tempi della scienza medica, assolutamente mai matematicamente ineludibile.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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