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Come si cura la tachicardia parossistica?

Salve,
sono una donna di 59 anni, in menopausa da 10 che, dal periodo della pre-menopausa (13 anni fa), ha iniziato a soffrire di tachicardia parossistica, presente tutt'oggi. L'intensità delle crisi va da lieve (95- 100 battiti) a fortissima (180 battiti e più). Le crisi possono essere brevi (5' -10') o lunghe (anche 4 ore), ma più spesso di durata intermedia (20'- oltre 1 ora). Possono presentarsi a distanza di pochi giorni l'una dall'altra (eccezionalmente 2 volte nella stessa giornata) e poi lasciarmi tranquilla per 2-3 mesi. Non hanno orario, sebbene solo ultimamente si potrebbe affermare che prevalgono di notte o dopo i pasti principali. Se mi colpiscono di notte, fortunatamente non mi svegliano (me ne accorgo solo perché, svegliandomi per altri motivi, molto spesso avverto la tachicardia). Improvvisamente iniziano ed improvvisamente finiscono, di botto, sebbene, quando si prolungano, accade che diminuiscano per un po' di intensità per poi riprenderla, e ciò anche più volte in un'unica crisi. A volte, si scatenano immediatamente dopo uno sforzo fisico che prevede l'accelerazione dei battiti cardiaci (ad esempio una breve corsa). Due volte mi sono recata in ospedale avendo in concomitanza un forte rialzo pressorio estremamente disturbante, ma, giunta lì, monitorata, non mi è stato riscontrato niente di anomalo essendo ormai passata la fase critica. Ho eseguito accertamenti cardiologici (anche holter nelle 48 h) nel corso di questi anni, esami nefrologici, endocrinologici con approfondimenti, senza esito perché al momento delle visite/esami ero asintomatica. Mi è stato suggerito di recarmi al pronto soccorso sul momento, ma la crisi sparisce prima di consentirlo, come già accaduto. Alla fine, riesco a conviverci: nei casi peggiori cerco di sedermi o almeno di stare immobile e possibilmente non parlare. La causa possibile o ormonale (la menopausa, per i cui disturbi non ho potuto assumere farmaci e poi ormai sono tanti anni sebbene soffra ancora di vampate di calore) o tiroidea (ho una tiroidite di Hashimoto subclinica, ancora non curabile) o disturbo da stress o da ansia (quest'ultimo lo escludo per il fatto che anche in quelle svariate notti in cui avevo assunto un ansiolitico per dormire, al risveglio notturno o mattutino ho notato la tachicardia come in altre notti tranquille). Non sono tanto preoccupata per questo sintomo, che finora sono riuscita quasi sempre a gestire, ma per le eventuali conseguenze che potrebbe avere sul cuore, in qualche modo indebolendolo, logorandolo, nessun cardiologo mi ha dato terapie, perché i farmaci per il cuore sono delicati e devono essere prescritti solo per reale necessità e gravità e non in prevenzione. Si accettano consigli. 

Grazie

Risposta

Buongiorno,
complimenti per la tua descrizione minuziosa della situazione e anche per la gestione del quadro. La diagnosi certa può soltanto essere fatta con un ecg eseguito in un momento di crisi.

In mancanza di questo, si fa un'ipotesi diagnostica partendo dalla tua descrizione e da un teorema di epidemiologia che dice che la diagnosi più verosimile è quella che corrisponde alla malattia più frequente in tal contesto.

La tachicardia, ovvero una frequenza cardiaca superiore a 100 battiti/minuto, costituisce in realtà un amplissimo ventaglio di possibili situazioni, dalla semplice tachicardia sinusale legata ad uno stato emotivo (ansia) ad un variabile livello di attività fisica, alla tachicardia ventricolare, aritmia grave e potenzialmente prodromica di una fibrillazione ventricolare o addirittura di un arresto cardiocircolatorio; fra i due estremi, moltissime varietà, più o meno impegnative per la diagnosi e la terapia/prognosi che comportano.

Nel tuo caso, si tratta di fibrillazione atriale parossistica. In sé, non è una malattia grave (la comparazione più calzante è quella dell'auto che va a 3 cilindri invece dei 4), ma ha una complicanza temuta: l'embolia arteriosa con ischemia cerebrale.

La prima cosa da fare è rivolgersi ad un medico e sottoporsi ad un elettrocardiogramma basale, per definire il tipo di tachicardia e per prendere gli eventuali provvedimenti terapeutici; in seguito, eseguire accertamenti mirati per definire gli eventuali momenti scatenanti o aggravanti. 

Va valutato esattamente il rischio con la classificazione CHADS2 e, su questa base, attuare la profilassi adeguata.

Un saluto
Risposta a cura di
Dr. Leon Bertrand Medico Chirurgo
Dr. Leon Bertrand
angiologocardiologo
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