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Disgerminoma

Ginecologia Oncologia

Che cos’è il disgerminoma

La cellula germinale tumorale più frequente è quella del disgerminoma, che rappresenta circa il 2% dei cancri ovarici.

Sebbene rari, i disgerminoma sono molto importanti, a prescindere dai casi, perché colpiscono comunemente le donne in età riproduttiva (sotto i trenta anni). Infatti, essi compongono due terzi di tutti i neoplasmi ovarici maligni nelle pazienti con età inferiore ai venti anni. Inoltre, una volta diagnosticato, reagisce positivamente alla terapia, risparmiando l’infertilità e la mortalità precoce.

Come avviene la fisiopatologia

Solitamente, le cellule germinali vengono racchiuse alla nascita nei follicoli primordiali. Se in qualche modo riescono a non farsi racchiudere, si verifica la loro morte. Ma, se sopravvivono, ne risulta una rapida crescita, a causa della mancanza di una normale inibizione da contatto, da cui deriva la formazione delle cellule tumorali.

Tutti i disgerminoma sono considerati maligni, ma solo un terzo di essi si comporta in modo aggressivo. L’esatta eziologia del disgerminoma non è stata ancora determinata, sebbene recenti studi molecolari hanno implicato la perdita di funzioni con un potenziale gene soppressore tumorale TRC8/RNF139 come una possibilità.

Inoltre, il 5% dei disgerminoma si presenta nelle gonadi disgenetiche e può essere associato al gonadoblastoma. Le malattie genetiche dell’ovario sono connesse alle anomalie del cariotipo.

Cosa si sa sull’epidemiologia

Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti, i casi di disgerminoma sono rimasti invariati negli ultimi trenta anni. Le frequenze dei neoplasmi ovarici più comuni nelle donne in età riproduttiva sono le seguenti: tumori epiteliali (42%); disgerminoma e altre cellule tumorali germinali (30%); tumore di Krukenberg (14%); tumore stromale (tumore a cellule di Sertoli-Leydig) (13%).

Il tasso di sopravvivenza di cinque anni è pari al 96% se il tumore è ristretto all’ovario, mentre è pari al 63% se si estende oltre le ovaie. La gravidanza non altera la prognosi di buona parte delle neoplasie ovariche, ma complicazioni come la torsione o la rottura possono incrementare la frequenza di aborti spontanei o di parti prematuri.

Ad oggi non sono state rilevate predilezioni di etnia per il tumore germinale. Per quanto riguarda il sesso, è un tumore che colpisce soprattutto le donne, sebbene si presenti anche nei pseudoermafroditi e nei pazienti con disgenesia gonadica. Il seminoma testicolare è l’equivalente istologico maschile del disgerminoma.

Sebbene questa patologia si manifesti maggiormente nell’età delle menopausa e delle perimenopausa (50-59 anni), il disgerminoma può verificarsi frequentemene nella popolazione pediatrica. È comunemente osservabile nelle donne più giovani, presentandosi, nel 75% dei casi, nella terza e quarta decade della vita, con un’età media di 22 anni.

Sintomi del disgerminoma

Non sono stati diagnosticati precisi sintomi. Molti di essi sono comuni a tutti i tipi di masse annessiali/ ovariche.

La maggior parte delle pazienti con disgerminoma avvertono un dolore addominale e l’evidenza di una massa addomino-pelvica.

I sintomi più frequenti sono:

  • Pienezza nella zona pelvica
  • Dolore
  • Precoce sazietà
  • Frequenza urinaria
  • Disuria
Sono meno frequenti vaghi sintomi addominali (dispepsia, disturbi digestivi).

Questi tumori si presentano solitamente come  una massa unilaterale, soprattutto durante la gravidanza. Possono avere una crescita rapida e una predisposizione alla rottura e alla torsione con acuti cambiamenti dei sintomi in circa il 5-10% dei pazienti.

Perché è importante effettuare degli esami fisici?

È importante sottoporsi ad esami fisici in modo da osservare possibili segni di malattie metastatiche al di fuori della cavità addominale, come la linfadenopatia, versamenti pleurici e altre. Sebbene non si noti comunemente con il disgerminoma, ciò può aiutare a restringere le differenziali.

Un accurato esame addominale e pelvico in un lettino ginecologico con staffe può includere un esame retto vaginale, poiché alcune masse annesse ingrandite possono essere rilevate tramite questo approccio. Inoltre, permette di identificare i pazienti con irregolarità nella parete laterale o nel cul-de-sac del peritoneo.

Quali sono gli esami da effettuare?

Test di gravidanza e malattie sessualmente trasmissibili

È sempre consigliabile effettuare un test di gravidanza; questo potrebbe essere obbligatorio per le donne in età riproduttiva che avvertono determinati sintomi alla zona addominale e pelvica.

Poiché il disgerminoma si presenta nelle donna in età riproduttiva e sessualmente attiva, esami colturali come quello per la gonorrea o per la clamidia sono raccomandati nel momento del controllo con  specolo, soprattutto se la paziente avverte i noti dolori pelvici e febbre. In questo modo, le malattie sessualmente trasmissibili possono essere rilevate e curate prima di ricorrere alla chirurgia.

Altri test in laboratorio

I disgerminoma sono spesso associati agli alti livelli di lattato deidrogenasi (LDH), sebbene non tutti i casi riportino tale caratteristica. Occasionalmente, questo tumore può diventare infiltrato con cellule giganti del sincizio trofoblasto, che a loro volta producono la beta-HCG. Aumenti del livello di AFO sono meno comuni; ad ogni modo, è sempre consigliato controllare i livelli di questi segnali nelle pazienti con sospetto di disgerminoma ovarico. Inoltre, i livelli di siero nell’inibina possono essere utili per questa fascia di età. Sebbene l’inibina B sembri essere più sensibile e abbia una maggiore elevazione nelle cellule germinali tumorali, l’inibina A può anche essere elevata con quella B o, più raramente, senza di essa, poiché i tumori stromali sono differenziali per le donne appartenenti a quel gruppo di età con masse pelviche.

Pertanto, tra gli utili segni tumorali per il check up del disgerminoma, troviamo:

  • Beta-HCG
  • AFP
  • LDH
  • Inibina A e B
  • Antigene del cancro 125 (CA 125) (per i tumori epiteliali)
Proteina nucleare nel testicolo

Un esame potenzialmente utile per le cellule germinali tumorali ovariche, tra cui anche il disgerminoma, è l’immunoallergenicità della proteina nucleare nel testicolo (NUT). Elementi germinali in situ o invasivi del disgerminoma associati al gonadoblastoma sono risultati positivi alla NUT in uno studio in cui è stata valutata l’immunocolorazione di quest’ultimo nei teratomi cistici maturi e nelle cellule germinali tumorali maligne.

Come si effettua la diagnosi del disgerminoma?

La diagnosi dei tumori ovarici maligni deve essere effettuata chirurgicamente attraverso una laparoscopia o laparotomia. L’approccio chirurgico appropriato dipende dalle scoperte fatte nel corso degli esami, della diagnostica per immagini e del check-up in laboratorio, risultando utile allo stesso modo come indice di malignità. Se si intraprende una laparoscopia e si deve compiere il drenaggio di una ciste o una morcellazione, la massa deve essere posizionata in una sacca laparoscopica per evitare un versamento del tumore o una sua diffusione. Il disgerminoma, come tutti cancri ovarici, viene trattato chirurgicamente.

In base al tipo di diagnosi effettuato, si ricavano le seguenti considerazioni.

Considerazioni gastrointestinali:

  • Cancro colorettale
  • Adesione intestinale
  • Diverticuli
  • Fecaloma
  • Intestino cieco basso
Considerazioni genitourinarie:

  • Ascesso pelvico
  • Fibromi uterini
  • Torsione ovarica
  • Ciste ovarica benigna
  • Idrosalpinge (salpingitis isthmic nodosum)
  • Tumore retroperitoneale
  • Distensione della vescica
  • Rene pelvico
  • Cisti dell’uraco
Diagnosi differenziali:

  • Gravidanza extrauterina

Quali sono le caratteristiche istologiche?

Come se non bastasse, il disgerminoma è caratterizzato da una struttara solida, con un aspetto marroncino, simile alla pelle. Al microscopio, le cellule sono tonde e ovoidali e contengono un’abbondanza di un citoplasma chiaro secondario all’accumulo di glicogeno. I nuclei hanno una forma irregolare e contengono più di un nucleolo sporgente. Queste cellule tendono a fondersi, formando delle corde e degli strati facilmente identificabili tramite ingrandimenti a basso consumo. Possono anche essere osservate infiltrazioni granulocitarie e linfocitarie nello stroma fibroso in cui si interviene. Curiosamente, i teratomi cistici presentano a volte dei nidi di tessuto disgerminomatoso, e viceversa. Ulteriori esami che rilevino i fattori di trascrizione GATA-4, Ihh e BMP-2 possono dimostrarsi utili per differenziare il disgerminoma e altre cellule germinali tumorali.

Quali sono gli stadi del disgerminoma?

Secondo la Federation of Gynecology and Obstetrics (FIGO), gli stadi del disgerminoma sono i seguenti:

Stadio I – limitato alle ovaie

  • I a – limitato ad una ovaia
  • I b – limitato ad entrambe le ovaie
  • I c – ascite con cellule maligne nei lavaggi peritoneali o estensioni a di là delle capsule sia in I a che in I b
Stadio II – estensione pelvica

  • II a – utero o tube di Falloppio coinvolte
  • II b – estensione alla vescica o al retto
  • II c – stadio II a o II b ma con lavaggi peritoneali positivi
Stadio III – impianti peritoneali al di fuori del bacino

  • III a – impiantazione microscopica della superficie addominale, impianto inferiore ai 2 mm
  • III b – impianto addominale peritoneale, maggiore di 2 mm e inferiore ai 2 cm
  • III c – impianto addominale, superiore ai 2 cm o linfonodi positivi (pelvici, paraortici o inguinali)
Stadio IV – metastasi distaccate

  • Effusioni pleuriche (necessaria la conferma del quarto stadio con citologia positiva)
  • Qualunque coinvolgimento del parenchima epatico

Quali sono le cure mediche?

La maggior parte dei disgerminoma (75-80%) si presentano al primo stadio, quindi possono essere curati tramite resezione chirurgica con un’ovariosalpingectomia unilaterale. Questo metodo viene utilizzato quando si tenta di preservare la fertilità della paziente. Comunque, ulteriori accurate assistenze, come esami pelvici e segnali tumorali (beta-HCG, AFP, LDH) sono necessarie se la resezione è l’unica cura disponibile.

Una terapia adiuvante viene spesso riservata alle pazienti con stadio I b-IV. Nei loro casi è comune ricorrere alla chemioterapia a base di platino ed è spesso ben tollerata. Nel caso di tumori al I-III stadio, si prende in considerazione anche la radioterapia, con ottimi risultati. Ad ogni modo, questo metodo è stato abbandonato visto l’alto tasso di successi ottenuti con la chemioterapia a base di paltino, e anche per evitare le complicazioni a lungo termine provocate dalla radiazioni, tra cui la sterilità e la menopausa precoce.

Nel caso di disgerminoma allo stadio I a, i medici raccomandano difficilmente una terapia adiuvante. Nonostante ciò, il 10-15% dei tumori che ricorrono sono allo stadio I a, e buona parte di essi viene curato con la chemioterapia. I pazienti che hanno contratto un tumore di stadio I b e I c, completamente recisi, devono essere sottoposti a tre cicli di BEP (bleomicina, etoposide, paltino), mentre quelli con tumori di stadio II-IV devono ricevere quattro cicli di BEP. Le cure possono essere comunque effettuate per osservare la tossicità polmonare con la bleomicina e la possibilità di una seconda leucemia attraverso una alta dose cumulativa di etoposide. Si tratta di precauzioni delle quali il medico dovrà discutere con il paziente.

Negli studi condotti su giovani donne che hanno ricevuto la chemioterapia a base di platino per le cellule germinali tumorali, 62 (87%) su 71 riprendono regolarmente il ciclo mestruale e 24 di loro hanno partorito 37 bambini in seguito alla terapia. In uno studio organizzato da Weinberg, 40 donne con un tumore maligno sono state seguite per esiti riproduttivi. Ventidue di loro sono state sottoposte alla fertility-sparing surgery e 16 hanno eseguito dei cicli di chemioterapia. La maggior parte delle pazienti (14 su 16) ha ricevuto la BEP. Le ulteriori cure successive sono risultate disponibili a 14 pazienti su 16. Di queste 14, tutte sono riuscite a riprendere regolarmente il loro ciclo mestruale. Otto su dieci che hanno provato a rimanere incinte hanno avuto 11 gravidanze con 14 bambini nati vivi.

I quattro regimi della chemioterapia sono i seguenti:

  • BEP, il regime che si preferisce
  • Metotressato, actiomicina D e clorambucile (MAC)
  • Cisplatino, vincristina e bleomicina (PVB)
  • Vincristina, actiomicina D e ciclofosfamide (VAC)
Sebbene sia stata esaminata l’efficacia di ciascuna di queste procedure, la BEP è risultato il preferito perché ha apportato un alto tasso di guarigioni con un profilo di tossicità favorevole. È importante notare che gli esperti tentano di mantenere i pazienti in programma nonostante la tossicità del midollo osseo possa accrescere. Dare un alto tasso di cure e un basso tasso di febbre neutropenica è il modo migliore per mandare avanti le cure secondo il programma anche se gli emocromi sono più bassi di quello che si ritiene opportuno per iniziare un nuovo ciclo. Le considerazioni riguardo la riduzione delle dosi e l’aggiunta dei fattori di crescita possono essere prese caso per caso e possono essere utilizzate in seguito alla febbre neutropenica.

La procedura del BEP  è la seguente:

  • Bleomicina, massimo U IV a settimana per 9 settimane; dose a 20 U/m²
  • Etoposide (ad esempio VP-16), 100 mg/m² nei giorni 1-5 una volta ogni tre settimane per tre corsi; riduzione del 20% in caso di febbre granulocitica o precedente radioterapia
  • Cisplatino, 20 mg/m² nei giorni 1-5 una volta ogni tre settimane per tre corsi
Nel 2004, il Gynecologic Oncology Group (GOG) pubblicò i risultati del loro tentativo di utilizzare etoposide e carboplatino nei casi di disgerminoma ovarici. Seguirono 39 pazienti idonee con un tumore completamente reciso allo stadio I b-III con una serie di cure per una media di 7-8 anni. Non si sono verificate recidive, sebbene una paziente ebbe una morte intercorrente per un cancro ai polmoni. Nonstante questo standard non sia considerato comune, può essere tenuto in considerazione per le pazienti con malattie renali o neurologiche preesistenti. Tale regime si compone di carboplatino  400 mg/m² nel giorno 1 ed etoposide 120 mg/m² nei giorni 1-3 una volta ogni quattro settimane per tre cicli.

Per quanto riguarda gli antiemetici, quelli utilizzabili nella chemioterapia sono i seguenti:

  • Cloropromazina – 25-50 mg PO/IM/PR ogni quattro ore
  • Ondansetron 4-8 mg IV/PO prima della chemioterapia
  • Lorazepam 1-2 mg PO/IV ogni tre ore
  • Desametasone 8 mg IV prima del cisplatino e 4 mg ogni quattro ore per due dosi
La radioterapia viene presa in considerazione nel momento in cui il paziente non tollera la chemioterapia o la chirurgia. Le radiazioni sono utilizzate per curare i linfonodi metastatici paraortici  e pelvici. Spesso si protegge anche l’ovario rimanente per tentare di preservare la fertilità.

L’ooforopexia (lavaroscopia) può essere usata per tenere lontano meccanicamente l’ovaio rimanente dalla radiazioni.

La radioterapia è spesso utilizzata per i disgerminoma allo stadio I b-III. Il campo di esposizione si estende dalla T11 alla L5, con annessa la protezione dell’ovario controlaterale e della testa del femore.

Nel caso di tumori allo stadio I a, la radioterapia è più una precauzione. Molti pazienti con questo stadio vengono curati semplicemente con la resezione (ad esempio con una ovariosalpingectomia). Molti esperti raccomandano la radioterapia nei casi di questo stadio per i tumori superiori ai 10 cm. Comunque, a causa dell’alta sensibilità alle radiazioni e alla chemioterapia a base di platino, gli esperti non raccomandando la cura di un tumore allo stadio I a con altre terapia adiuvanti.

De Palo, Freed e Lawson, hanno sviluppato tre importanti protocolli di radioterapia. Essi si distinguono principalmente nelle cure per la malattia addominale per nodo positivo e nel trattamento profilattico del mediastino.

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Dr. Carlo Pastore Medico Chirurgo
Dr. Carlo Pastore
oncologo

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