Il caffè è una delle bevande più consumate al mondo, apprezzato per il suo aroma, per l'effetto energizzante e per le numerose tradizioni culturali che lo accompagnano. Tuttavia, quando si parla di salute cardiovascolare, sorge spontanea una domanda: il caffè fa aumentare il colesterolo?
Negli ultimi anni, numerosi studi scientifici hanno cercato di chiarire se esista una correlazione tra caffè e colesterolo cattivo, portando alla luce dati importanti che vale la pena conoscere, soprattutto in caso di colesterolo alto o predisposizione familiare.
Il caffè alza il colesterolo? Cosa dicono gli studi
Diversi studi hanno evidenziato che il caffè non filtrato, come quello preparato con la caffettiera a stantuffo (French press), con la moka o bollito secondo alcune tradizioni nordiche, può aumentare i livelli di colesterolo totale e LDL, il cosiddetto colesterolo "cattivo".
Il motivo risiederebbe nella presenza di diterpeni, in particolare cafestolo e kahweol, sostanze lipidiche presenti naturalmente nel caffè.
Questi composti, secondo una revisione pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition, interferirebbero con la regolazione epatica del colesterolo, determinandone un incremento nel sangue.
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L'effetto, tuttavia, dipende dal metodo di preparazione: più il caffè è filtrato, minore è la presenza di diterpeni. Questo significa che il caffè filtrato con carta, come quello americano o da macchine a filtro, avrebbe un impatto molto più contenuto sul profilo lipidico.
Caffè e colesterolo cattivo: attenzione alle quantità
Il consumo eccessivo di caffè, in particolare se preparato con metodi che non prevedono l’uso di filtri, può influenzare in modo significativo i livelli di colesterolo LDL, noto come colesterolo “cattivo”.
Studi clinici hanno dimostrato che i diterpeni presenti nel caffè, soprattutto cafestolo, possono aumentare i livelli sierici di colesterolo LDL già con l’assunzione di 4-6 tazze al giorno di caffè non filtrato.
Questo effetto tende ad accumularsi nel tempo e risulta più marcato nei soggetti predisposti a ipercolesterolemia familiare o in presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare.
La quantità di diterpeni ingerita dipende dal metodo di preparazione: il caffè bollito o preparato con la French press contiene concentrazioni elevate di queste sostanze, mentre il caffè espresso e quello della moka presentano quantità intermedie. Il caffè filtrato con carta, invece, trattiene gran parte dei diterpeni, risultando quindi la scelta più indicata per chi deve tenere sotto controllo il profilo lipidico.
È importante anche considerare la frequenza del consumo. Bere occasionalmente un caffè non filtrato potrebbe non avere impatti significativi, ma l’assunzione quotidiana e prolungata può contribuire a un progressivo innalzamento del colesterolo LDL. In soggetti con valori già alterati o in trattamento per la dislipidemia, anche questi piccoli dettagli possono fare la differenza nel lungo periodo.
Infine, va ricordato che il caffè, di per sé, non contiene colesterolo, ma può modificarne i livelli in modo indiretto attraverso i suoi composti bioattivi.
Per questo motivo, in presenza di colesterolo alto o altri disturbi metabolici, è consigliabile non superare le 3-4 tazzine al giorno, privilegiando sempre modalità di estrazione che prevedano la filtrazione. Questi quantitativi risultano anche corretti per non impattare in modo eccessivo sul controllo pressorio.
I benefici del caffè: antiossidanti e supporto metabolico
Pur essendo oggetto di attenzione per il possibile impatto sul colesterolo, il caffè rappresenta anche una fonte significativa di composti bioattivi con potenziali effetti benefici sulla salute.
Tra questi, spiccano i polifenoli, in particolare l’acido clorogenico, noto per la sua azione antiossidante e antinfiammatoria, che può contribuire a contrastare lo stress ossidativo e a proteggere le cellule dall’invecchiamento precoce.
Inoltre, il consumo moderato di caffè è stato associato a un minor rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, grazie a un possibile miglioramento della sensibilità insulinica.
Alcuni studi epidemiologici hanno evidenziato una correlazione tra il consumo regolare di caffè e una ridotta incidenza di malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson e l'Alzheimer, probabilmente per via dell’effetto neuroprotettivo della caffeina e di altri composti fenolici.
Il caffè, infine, è noto per la sua capacità di aumentare la vigilanza, migliorare la concentrazione e ridurre la percezione della fatica, rendendolo un alleato utile nei contesti che richiedono attenzione e prontezza mentale.
Tuttavia, tali benefici si osservano in genere con consumi moderati, pari a 2-3 tazzine al giorno, e in soggetti in buona salute. L’effetto complessivo del caffè sulla salute cardiovascolare dipende da numerosi fattori, tra cui quantità assunte, modalità di preparazione, caratteristiche individuali e stile di vita.
Pertanto, è fondamentale valutare il profilo personale di rischio prima di aumentare il consumo quotidiano di caffè a fini preventivi.
In conclusione possiamo dire che Il legame tra caffè e colesterolo alto esiste, ma dipende da diversi fattori, tra cui il metodo di preparazione e le abitudini complessive della persona. Il caffè fa male al colesterolo solo se consumato in grandi quantità e con metodi che non prevedono la filtrazione delle sostanze potenzialmente ipercolesterolemizzanti.
Per chi presenta valori elevati di colesterolo o è a rischio cardiovascolare, può essere utile scegliere metodi di estrazione filtrata e limitare le dosi giornaliere.
Prima di apportare modifiche importanti alla propria dieta o in presenza di dubbi, è sempre consigliabile consultare un medico o un nutrizionista.