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E se fosse davvero colpa degli ormoni?

Redazione

Ultimo aggiornamento – 07 Maggio, 2021

Le Conseguenze degli Squilibri Ormonali nelle donne

In collaborazione con sanita_informazione


Qual è il ruolo degli ormoni e in che modo condizionano la salute delle donne?

Lo abbiamo chiesto ad alcune Specialiste dell’Associazione Italiana Donne Medico (AIDM), Associazione volta a valorizzare il lavoro della donna medico in campo sanitario, promuovendo numerosi progetti di formazione e informazione.

Sentiamo spesso parlare di come gli ormoni tendano a influire sulla condizione psico-fisica, soprattutto nelle donne. Ma perché questo avviene?

A risponderci, la dott.ssa Stefania Alfieri.

Gli ormoni sessuali, estrogeni e testosterone, influenzano profondamente le funzioni fisiche e psichiche di uomini e donne, ma diversi fattori rendono le donne più vulnerabili ai loro effetti, a cominciare dalla quantità prodotta da ovaie e testicoli e dalla modalità della produzione, costante o ciclica.

La secrezione ciclica degli ormoni nella donna è alla base della sindrome premestruale.
Estrogeni e testosterone hanno un’azione diretta (trofica) sui neuroni, migliorano le connessioni tra essi e possiedono capacità riparatrici. Sono inoltre implicati nella modulazione della secrezione di serotonina, endorfine e dopamina.

In soggetti geneticamente predisposti, il drastico calo di estrogeni che si verifica in puerperio, menopausa o anoressia, può portare a sviluppare una condizione di depressione.

La serotonina, peraltro, è implicata nelle funzioni dell’apparato gastrointestinale, a spiegare perché nella sindrome premestruale possano comparire sintomi quali gonfiore e stitichezza, oltre a irritabilità e depressione del tono dell’umore.

Quali sono le cause degli squilibri ormonali nelle donne e quali sono i segnali che indicano queste alterazioni?

A risponderci, la dott.ssa Paola Sbisà.

Gli squilibri ormonali nella donna sono causati da alterazioni dell’assetto ormonale, che concernono la quantità, l’efficienza, il ritmo della loro produzione, e anche il rapporto tra i diversi tipi di ormoni.

Gli ormoni sessuali femminili vengono prodotti principalmente, ma non esclusivamente, dalle ovaie, anche altri organi o tessuti possiedono questa capacità. Tra le molteplici cause si annoverano diverse patologie d’organo o sistema, ma anche stili di vita e alimentari. Lo stress psico fisico è in grado di incrementare gli ormoni corticosurrenalici, in grado a loro volta di alterare il metabolismo glucidico e idrico salino.

Responsabili possono essere anche terapie farmacologiche ormonali o introduzione di farmaci e sostanze in grado di interferire con l’azione degli ormoni. L’eccesso di peso è molto spesso collegato a disordini endocrini, essendo il tessuto adiposo viscerale un vero e proprio organo  capace di sintetizzare ormoni steroidi, alterando così il prezioso equilibrio tra estrogeni e androgeni nell’organismo femminile.

Molte sostanze derivate dall’inquinamento ambientale e dalla degradazione di numerosi materiali, come la plastica, hanno una composizione chimica simile agli estrogeni, altre hanno la capacità di interferire con la funzione tiroidea. Queste sostanze di uso comune, anche se introdotte in piccole dosi ma per lungo tempo, sono in grado di  sovvertire l’equilibrio del sistema endocrino umano.

I segnali e sintomi dei disordini endocrini possono essere molto vari. I più noti e comuni sono disordini dell’apparato riproduttivo femminile, come alterazioni del ciclo mestruale, della libido e della fertilità.

Altri si manifestano a carico dell’apparato tegumentario; molto comune è l’acne, frequente la secchezza e fragilità dei capelli e l’alopecia. Altri ancora coinvolgono profondamente lo stato psichico, con alterazioni dell’umore, tendenza alla depressione, disturbi del sonno e insonnia.

E’ bene ricordare che tutte le sostanze ormonali prodotte dal sistema endocrino comunicano tra loro e sono comandate dall’attività del sistema nervoso centrale.

Qual è il legame tra ormoni ed emicrania?  

A risponderci, la dott.ssa Gabriella Tanturri.

Innanzitutto, cosa è l’EMICRANIA? E’ un mal di testa, forte e pulsante, che colpisce un solo lato della testa o la fronte. L’emicrania non è un sintomo, ma è una malattia neurologica che colpisce soprattutto il sesso femminile.

Fa parte, insieme alla cefalea tensiva e alla cefalea a grappolo, delle CEFALEE PRIMARIE, appunto i mal di testa che sono malattie neurologiche, da distinguere e curare in modo completamente diverso, dai mal di testa che dipendono da altre cause (sinusite, pressione alta…).

Una diagnosi corretta e tempestiva è fondamentale. L’emicrania è una tempesta che dura diversi giorni. Può comparire già 24 ore prima del dolore, con stanchezza, irritabilità, depressione, particolare appetito per dolci (e tra questi il cioccolato), per poi sfociare nell’attacco vero e proprio che dura dalle 4 alle 72 ore.

Oltre al mal di testa severo, c’è in genere nausea anche forte e vomito. Il dolore peggiora anche con il minimo movimento, luce e rumori diventano insopportabili. Spesso, il dolore aumenta anche da sdraiati: la persona sta in poltrona, nella penombra. Per altre 24-48 ore, finito l’attacco acuto, ci può ancora essere insofferenza, stanchezza, necessità continua di urinare.

Nel 30% degli emicranici, la fase dolorosa è preceduta dalla cosiddetta aura, cioè da disturbi della vista con comparsa di luci scintillanti, alterazioni della sensibilità a un arto superiore e alla corrispondente metà del volto, difficoltà a convertire il pensiero in parole, che dura mediamente 20-30 minuti e scompare quando comincia il dolore.

Questa crisi può ripetersi diverse volte al mese, e può durare fino a 5-6 giorni per ogni attacco. Nella donna l’emicrania si presenta in forma più severa rispetto all’uomo, con attacchi più frequenti, di maggiore intensità e durata. Il rapporto è di tre donne con emicrania per ogni uomo con questa stessa malattia. Ma come mai?

L’emicrania è una malattia neurovascolare a carattere familiare con base verosimilmente genetica.

La maggiore presenza di emicrania nella donna trova ragione proprio nelle sue caratteristiche di genere: le sue differenze anatomiche, ormonali e fisiologiche spiegano la maggiore possibilità di sviluppare patologie che provocano dolore e una più bassa soglia di percezione del dolore rispetto all’uomo; in particolare, le elevate concentrazioni di estrogeni influenzano l’attività del sistema nervoso, rendendolo più sensibile e reattivo agli stimoli in generale e, dunque, anche a quelli dolorosi.

In pratica, le donne sono più ricettive allo stimolo doloroso, lo registrano con maggiore intensità e lo ricordano meglio. Sul piano emotivo, la donna ha un rapporto intimo con il dolore, spesso chiamata a occuparsi e a farsi carico della sofferenza altrui, diventando così particolarmente empatica e sensibile al fenomeno.

L’emicrania è tra le più frequenti patologie dolorose croniche al femminile. Gli ormoni sessuali femminili hanno un ruolo determinante nello spiegare la prevalenza tripla della patologia nelle donne rispetto agli uomini e i mastociti (che presentano recettori per estrogeni e progesterone) sono riconosciuti attori cellulari protagonisti nel determinare le differenze di genere che si osservano nell’evoluzione del dolore cronico e nell’emicrania.

C’è una relazione tra le variazioni ormonali del ciclo femminile (in particolare degli estrogeni) e la ricorrenza degli attacchi emicranici. In genere, infatti, l’emicrania compare con l’inizio della pubertà, le crisi si presentano durante l’età fertile in corrispondenza con la ovulazione o nel periodo mestruale, i sintomi migliorano in gravidanza e in menopausa.

Dunque, la malattia emicranica è molto più grave nel periodo più produttivo della vita femminile, e provoca conseguenze importanti sul percorso di studio e sulla vita lavorativa, ma anche ahimé sulla coppia, sulla famiglia e sulle relazioni sociali.

L’emicrania può affiancarsi ad altre malattie, endometriosi, depressione. Per quanto riguarda il rischio vascolare, un ruolo determinante nell’aumento del rischio è svolto dai contraccettivi ormonali: l’etinilestradiolo è, infatti, un riconosciuto fattore di rischio per le trombosi arteriose e venose.

Nella donna con emicranica con aura, l’impiego di pillole estroprogestiniche non solo può peggiorare o addirittura scatenare le crisi, ma aumenta anche, e molto, il rischio di ictus cerebrali, specie se la donna fuma.

Queste donne quindi non devono assolutamente prendere pillole a base di estrogeni. Il rischio ischemico non aumenta invece se si prende un contraccettivo a base di solo progestinico.

Tutto questo ci spiega perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità classifichi l’emicrania come una delle malattie più disabilitanti, specialmente nelle donne, e perché l’Istituto Superiore di Sanità le abbia dedicato, il 31 ottobre 2018, il Libro Bianco: “Emicrania, una malattia di genere”.

Squilibri ormonali possono favorire un abbassamento delle difese immunitarie? A quali disturbi si è più a rischio? 

A risponderci, la dott.ssa Cristina Tarabbia.

Il sistema immunitario è costituito da un complesso insieme di cellule e organi che cooperano, ciascuno con un ruolo ben determinato, alla difesa dell’organismo attraverso sistemi di crescente specificità.

Esiste una risposta “innata” immediata, ma aspecifica, che dà l’allarme e favorisce una risposta “adattativa” più specifica verso gli agenti patogeni e le proteine estranee (a sua volta distinta in immunità umorale mediata dagli anticorpi e in immunità cellulo-mediata), in grado di sviluppare una memoria immunologica per il futuro.

Entrambe le risposte si realizzano attraverso gruppi differenti di cellule specializzate appartenenti alla famiglia dei globuli bianchi, che producono sostanze chimiche (citochine) responsabili sia di una reazione infiammatoria, sia della segnalazione tra le varie cellule del sistema immunitario per ottimizzare la risposta.

Quando i globuli bianchi diminuiscono nel sangue in maniera patologica (leucopenia), allora le risposte immunitarie sono inadeguate e l’organismo debilitato è maggiormente esposto alle infezioni e a varie malattie.

Molte sono le cause che determinano una riduzione delle difese immunitarie: banali cambi di stagione, malattie infettive virali o batteriche (es: AIDS, mononucleosi), tumori del sangue (es: linfomi, leucemie), ma anche la carenza di vitamina B12, di folati, abuso di alcool e di alcuni farmaci (es. antibiotici), variazioni importanti degli ormoni sessuali (anche fisiologiche: la gravidanza e la menopausa) e soprattutto lo stress.

Lo stress attiva principalmente l’asse ipotalamo-ipofisario a produrre una cascata di ormoni che stimolano le ghiandole surrenaliche a liberare una quota massiva di cortisolo. Questi ormoni modulano negativamente le risposte immunitarie a più livelli: riducono la produzione di linfociti T, ne promuovono la morte cellulare e ne inibiscono la tossicità; inibiscono la sintesi e l’attività delle citochine.

Anche gli ormoni sessuali influenzano il sistema immunitario. Il testosterone e il progesterone agiscono come immunosoppressori, mentre il 17betaEstradiolo aumenta la risposta umorale, ma sull’immunità cellulo-mediata ha azioni variegate e opposte, a seconda della propria concentrazione ematica e dei recettori con cui interagiscono.

Dunque, la diversa esposizione agli ormoni sessuali sia nel corso delle diverse fasi della vita (e nella donna anche del ciclo mestruale), sia in relazione agli stili di vita (alimentazione, consumo di alcool, attività fisica), sia in presenza di patologie a carico degli organi produttori (prostata, ovaie, tessuto adiposo, surrene), sia in corso di trattamenti ormonali con antagonisti (nella terapia post-chirurgica del tumore della mammella e della prostata) oppure di terapie ormonali sostitutive, in caso di carenza fisiologica o patologica, può indurre una diversa difesa immunitaria, un differente decorso delle malattie autoimmuni e una differente suscettibilità alle patologie infiammatorie.

Le difese immunitarie basse si manifestano con segni iniziali, quali: stanchezza, dolori muscolari, cefalea, perdita di capelli, anemia, pelle disidratata, tendenza ad ammalarsi, guarigioni lente, manifestazioni allergiche, sensazioni di caldo o freddo, disturbi intestinali, formicolii e possono rendere più vulnerabili allo sviluppo di malattie cardiovascolari, tumorali ed a patologie autoimmunitarie.

Cosa fare in questi casi, per ritrovare l’equilibrio ormonale?

A risponderci, la dott.ssa Cristina Tarabbia.

In generale, in caso di squilibrio vengono consigliate terapie farmacologiche basate sulla somministrazione di ormoni che ne ripristinino il livello ottimale.

L’utilizzo di tali terapie deve essere però attentamente indicato nei singoli casi, valutando alcuni fattori: (i) reale indicazione e controindicazioni, secondo le linee guida (ii), efficacia comprovata dagli studi, (iii) rapporto costo/beneficio, (iv) dosaggi, (v) durata della somministrazione, (vi) via di somministrazione (vii) monitoraggio degli effetti collaterali.

Vi sono farmaci non ormonali che modulano selettivamente i recettori degli ormoni, oppure integratori naturali a base di sostanze chimiche ormono-simili, che producono effetti mirati sui bersagli che si vogliono raggiungere. Anche in questo caso la valutazione prescrittiva deve sottostare alle valutazioni precedentemente indicate.

Fondamentale resta comunque la correzione degli stili di vita: alimentazione, attività fisica, abitudini voluttuarie hanno un ruolo fondamentale non solo nel miglioramento dei disturbi, ma anche in prevenzione delle malattie.

Generalizzazioni e autoprescrizioni sono da bandire: le condizioni che generano squilibri ormonali sono estremamente diverse e le terapie vanno declinate al paziente dopo attenta analisi del medico specialista.


L’Associazione Italiana Donne Medico (A.I.D.M.) è un’associazione apartitica e aconfessionale e senza fini di lucro.
Fondata nel 1921 a Salsomaggiore Terme e riconosciuta nel 1922 a Ginevra, dal Bureau Internazionale, è membro della “Medical Women’s International Association” (M.W.I.A.).

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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