Quando dovremmo sottoporci a un elettrocardiogramma (e come leggerlo)

Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche

Ultimo aggiornamento – 04 Ottobre, 2018

elettrocardiogramma: come leggerlo e quando farlo

L’elettrocardiogramma (ECG) è sicuramente il primo esame medico che ci viene in mente quando si pensa alla salute cardiaca. Si tratta di un esame semplice e senza rischi, che può essere eseguito a riposo, sotto sforzo o in modo dinamico, a seconda delle necessità, restituendo importanti informazioni sull’attività elettrica del cuore.

Grazie all’ECG, unitamente ad altri test, si può fare diagnosi di malattia cardiaca, di ischemia o di infarto, o accertare che il cuore funzioni correttamente. Ma quando è necessario sottoporsi a questo esame? E come si legge un elettrocardiogramma?

Cos’è e come si legge l’elettrocardiogramma

L’elettrocardiogramma è un esame medico che richiede l’utilizzo di uno strumento, chiamato elettrocardiografo, in grado di rilevare l’attività elettrica cardiaca e il ritmo del cuore. L’esame è di facile esecuzione e richiede il posizionamento di alcuni elettrodi sul torace, sulle braccia e sulle gambe. Esistono diverse modalità con cui può essere eseguito l’elettrocardiogramma, la più nota e rapida delle quali è sicuramente l’ECG a riposo.

Il risultato dell’esame viene fornito in forma grafica, cioè un tracciato, detto “tracciato elettrocardiografico”, che riporta una serie di “onde” e “tratti” che si muovono sopra e sotto una linea orizzontale, chiamata “linea isoelettrica”. Ogni sequenza  rappresenta l’attività elettrica di un singolo battito cardiaco, e in un tracciato normale è possibile riconoscere tre onde positive (rivolte verso l’alto) e due onde negative (rivolte verso il basso).

Le cinque onde sono chiamate: “onda P”, “onda Q”, “onda R”, “onda S” e “onda T”. Il tratto tra l’“onda P” e l’“onda Q” è chiamato “tratto PQ”, mentre quello tra l’“onda S” e l’“onda T” è detto “tratto ST”. L’ “onda P” corrisponde all’attivazione degli atri, il “tratto PQ” riflette il passaggio dell’impulso dagli atri ai ventricoli, le onde Q, R e S coincidono con la contrazione ventricolare, mentre il “tratto ST” e l’“onda T” riflettono il ritorno allo stato di riposo delle cellule cardiache dopo la contrazione.

L’interpretazione del tracciato da parte del medico avviene sulla base della distanza fra due onde R, che determina la frequenza cardiaca e la regolarità del ritmo, e rispetto alla morfologia e alla posizione delle altre onde, che possono evidenziare difetti di conduzione elettrica diversamente associati con varie condizioni cliniche.

Quando è bene sottoporsi a un elettrocardiogramma

Ovviamente l’elettrocardiogramma è un esame richiesto dal medico (specialista o meno) ma non necessariamente perché vi è il sospetto di una patologia cardiaca.

Ad esempio, l’elettrocardiogramma è necessario per assicurarsi che non ci siano alterazioni cardiache prima di iniziare o per continuare a svolgere un’attività sportiva. Senza elettrocardiogramma, infatti, non si può rilasciare il certificato di idoneità richiesto per la pratica sportiva. Insomma, anche prima di iscriversi in palestra, ad esempio, bisogna sottoporsi ad un elettrocardiogramma!

Un’altra ragione per richiedere l’ECG è il controllo della funzionalità cardiaca se si fa uso di farmaci che potrebbero avere effetti collaterali sul cuore.

Tuttavia, effettivamente l’ECG è più spesso richiesto a scopo diagnostico e di controllo di una patologia cardiaca, poiché consente di valutare la frequenza cardiaca ed evidenziare disturbi del ritmo.

L’ECG è indubbiamente utile e sicuramente richiesto dal medico per approfondire le cause di sintomi come dolore al petto, palpitazioni, dispnea (difficoltà a respirare) e vertigini, indipendentemente dal fatto che i campanelli di allarme siano presenti nel momento in cui il paziente si rivolge al medico o lo siano stati in passato. In passato, esattamente, perché il medico può ritenere opportuno richiedere l’ECG per indagare, in un certo senso, la storia del cuore.

Forse non tutti sanno che con l’ECG è possibile accertarsi che, nel passato, sia avvenuto un infarto. Non tutti gli infarti, però, lasciano una loro traccia sul tracciato elettrocardiografico. Alcuni tipi, chiamati “infarti non-Q”, non modificano l’onda Q del tracciato, pertanto non si può accertare a distanza di tempo che siano avvenuti.

Oltre all’infarto, con l’ECG si possono diagnosticare anche le aritmie cardiache (battiti irregolari, bradicardia, tachicardia), le cardiomiopatie (ispessimento o dilatazione delle pareti cardiache) e l’ischemia cardiaca. Insieme all’anamnesi del paziente e ai risultati di altri test, l’ECG è utile anche per diagnosticare le valvulopatie (le patologie causate dal malfunzionamento delle valvole cardiache) e lo scompenso cardiaco.

Elettrocardiogramma a riposto, sotto sforzo e dinamico: cosa cambia?

Come detto in precedenza, l’elettrocardiogramma può essere eseguito in diverse modalità. Abbiamo, dunque:

  • Elettrocardiogramma a riposo
  • Elettrocardiogramma con prova da sforzo
  • Elettrocardiogramma dinamico

La scelta dipende dal sospetto diagnostico del medico, o dalla finalità per cui viene eseguito l’esame. Ad esempio, l’esame più indicato è un ECG con prova da sforzo se il sospetto diagnostico è un’angina da sforzo o se uno sportivo si rivolge al medico per richiedere il certificato di idoneità all’attività sportiva.

L’esame più conosciuto è l’ECG a riposo, eseguito con il soggetto disteso sul lettino, in condizione – appunto – di riposo. L’ECG sotto sforzo, invece, è eseguito mentre il soggetto pratica un esercizio fisico con intensità crescente. Di solito viene richiesto di pedalare sulla cyclette o di correre su un tapis roulant.

In alcuni casi, però, la modalità più indicata è l’ECG dinamico (esame Holter), che richiede di indossare un piccolo elettrocardiografo per 24 o 48 h. Di solito l’elettrocardiografo portatile è fissato a una cintura o a una tracolla, ed è particolarmente utile quando il medico sospetta che il disturbo cardiaco sia discontinuo e non prevedibile.

Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche
Scritto da Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche

Da sempre interessata alla divulgazione scientifica e con un'implacabile sete di conoscenza che vorrei condividere, sono Biologa, laureata in Biotecnologie Mediche e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche. Svolgo sia attività libero professionale di Biologo Nutrizionista sia attività di ricerca, presso l’Università "La Sapienza" di Roma.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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