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Cosa fare in caso di condropatia?

"Condropatia del condilo femorale mediale ed un'iniziale sofferenza osteocondrale del piatto tibiale mediale". Cosa fare?

Risposta

La cartilagine è un tessuto connettivo formato da cellule dette condroblasti, condrociti e condroclasti immerse in una sostanza intercellulare, formata prevalentemente da acqua, da fibre collageniche, da proteoglicani, da acido ialuronico e da glicoproteine.

La cartilagine delle articolazioni, chiamata ialina, ha un colorito bianco perlaceo, riveste le superfici articolari proteggendole dall'attrito e permettendone il movimento. La cartilagine articolare non è vascolarizzata, in quanto priva di capillari sanguigni, e non è innervata; gli scambi di nutrimento e di ossigeno avvengono per osmosi, attraverso la sostanza extracellulare, dal liquido sinoviale.

Quindi, la presenza di poche cellule specializzate, con una bassa capacità mitotica, in un tessuto avascolare rendono bassissime le capacità rigenerative di questo tessuto. L'erosione di questo tessuto è definita condropatia, cioè un danno del tessuto cartilagineo che non tende a guarire nel tempo, anzi, può evolvere verso un quadro di ulcerazione a tutto spessore fino all’esposizione dell’osso sub condrale.

I fattori predisponenti alla condropatia sono:
  • l’instabilità legamentosa
  • le lesioni articolari concomitanti
  • i malallineamenti dello scheletro
  • le patologie della sinovia
  • l’obesità
  • l’età
  • le patologie autoimmuni
  • le patologie reumatiche
  • l’osteonecrosi
  • i postumi di fratture articolari
  • il tipo di lavoro del paziente
Le attività lavorative che con il tempo rendono più rapido il processo di degenerazione cartilaginea sono sia i lavori pesanti e sia quelli sedentari. Infatti, la sedentarietà e la limitazione del movimento portano a cambiamenti degenerativi, simili a quelli dell'osteoartrosi. Il condrocita ha bisogno, infatti, di continui stimoli meccanici per produrre proteoglicani, stimoli non solo legati al movimento, ma anche all'applicazione di carichi compressivi graduati.

È proprio da questa considerazione che si evince l'importanza di una regolare attività fisica nella prevenzione dell'artrosi.

Le classificazioni più diffuse per stabilire il grado della condropatia sono quella di Outerbridge, quella di Noyes-Stabler, quella della Iternational Cartilage Repair Society (ICRS).

Nello stadio iniziale, si parla di condromalacia. Questo tipo di danno cartilagineo consiste in una perdita di resistenza meccanica della cartilagine che appare quindi soffice alla palpazione pur essendo integra alla visione diretta.

Negli stadi finali, si arriva alla perdita totale dello strato cartilagineo con esposizione dell’osso sub condrale.

Per osso sub-condrale, si intende lo strato di osso immediatamente sottostante alla cartilagine. Conseguenza inevitabile dell’esposizione dell’osso sub-condrale è la comparsa del dolore, poiché lo strato osseo è ricco di terminazioni nervose dolorifiche.

Premesso ciò, rispondere alla domanda è molto difficile senza sapere il grado e la localizzazione della lesione e la conformazione fisica, l’età e lo stile di vita del paziente.

Quindi, il mio consiglio è di recarti al più presto da uno specialista ortopedico che, una volta stabilità la gravità della condropatia, potrà scegliere il trattamento più opportuno.

Per pura conoscenza e per dimostrare la vastità del campo, elenco i trattamenti a disposizione dell’ortopedico.

Fino a qualche anno fa valeva l’assioma: la cartilagine, una volta distrutta, non si ripara, oggi il chirurgo ortopedico ha molte più tecniche a disposizione rispetto al passato; anche se la riparazione delle lesioni condrali in realtà è possibile, è difficile garantire la riproduzione di un tessuto con caratteristiche biomeccaniche e biologiche uguali a quelle della cartilagine ialina per tutta l’estensione del danno.

• Trattamento incruento

Il trattamento incruento comprende innanzitutto il riposo, il controllo del peso corporeo, le modificazioni dello stile di vita al fine di ridurre il carico, la crioterapia, i supplementi dietetici, la terapia medica (antinfiammatori e condroprotettori), il potenziamento muscolare, i campi magnetici pulsati e la fisioterapia.

• Trattamento infiltrativo

Il trattamento infiltrativo può essere effettuato con: corticosteroidi (cortisone), farmaci analgesici/antinfiammatori (Morfina, Bupivacaina, Betametasone) e FANS (Tenoxicam), farmaci anti-citochine (Infliximab), antagonisti dei neurotrasmettitori (botulino tipo A), bisfosfonati (Clodronato), acido Ialuronico, a basso peso molecolare, alto peso molecolare e cross-linkato, proloterapia (iniezione di soluzioni “irritanti” o per meglio dire proliferanti, non contenenti farmaci), PRP (plasma ricco in piastrine) o PRGF (plasma arricchito di fattori di crescita).

• Trattamento chirurgico

I trattamenti chirurgici della patologia cartilaginea si possono schematicamente suddividere in interventi di stimolazione midollare e in interventi di sostituzione biologica della cartilagine.

Interventi di stimolazione midollare come condroabrasione, microfratture, termocondroabrasione.

Interventi di sostituzione biologica della cartilagine, come innesti osteocondrali autologhi (OATS) (mosaicoplastica), trapianto di condrociti di generazione (ACI) (autologous chondrocyte implantation), trapianto di condrociti di II generazione (MACI) (matrix-induced chondrocyte implantation), MSC (Cellule Mesenchimali Autologhe concentrate) + PRP (Plasma ricco in piastrine).

Concludo ricordando che l’articolazione deve essere considerata come un organo in cui la cartilagine è solo uno dei componenti. Quindi, la conditio sine qua non è la correzione di eventuali lesioni associate (instabilità legamentosa, lesioni meniscali, difetti di allineamento, patologie della sinovia) prima o nello stesso tempo in cui si procede alla riparazione del tessuto cartilagineo.

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Risposta a cura di
Dr. Fabrizio Sergio Medico Chirurgo
Dr. Fabrizio Sergio
ortopedico
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