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Istiocitoma fibroso maligno

Oncologia Ortopedia e traumatologia

Che cos’è l’istiocitoma fibroso maligno?

Fu introdotto per la prima volta nel 1961 da Kauffman e Stout e diversi dibattiti lo hanno tormentato da quel momento. Hanno descritto l’IFM come un tumore ricco di istiociti con un modello di crescita storiforme. Dal 1977, l’ IFM è stato considerato il sarcoma dei tessuti molli più comune nella vita adulta. Nonostante le frequenti diagnosi, è rimasto un enigma. Non sono nemmeno mai state identificate vere cellule originarie.

Nel 2002, la World Health Organization (WHO) ha declassato l’IFM come entità diagnostica convenzionale, rinominandola come sarcoma pleomorfo indifferenziato, non diversamente specificato. Questa nuova terminologia è stata supportata da una convincente quantità di evidenze negli ultimi decenni, suggerendo che l’ IFM rappresenta un percorso comune nei tumori che subiscono una serie di progressi verso l’indifferenziazione.

Mentre rimane del tutto incerto il modo in cui organizzare accuratamente questi tumori, il termine istiocitoma fibroso maligno rappresenta la diagnosi di migliaia di pazienti ed è comunemente utilizzato sia dai medici che dai pazienti stessi. Qui di seguito verranno descritti i tumori su tessuti molli diagnosticati come IFM.

L’istiocitoma fibroso maligno manifesta una vasta gamma di aspetti istologici, suddivisi in quattro sottocategorie:

  • Storiforme- pleomorfo
  • Mixoide
  • Cellule giganti
  • Infiammatorio

Tra questi, lo storiforme-pleomorfo è il più comune, tenendo conto che ricopre più del 70% dei casi. La variante mixoide è la seconda più comune, ricoprendo il 20% dei casi. A differenza di tutti gli altri tipi, quest’ultima variante tende a essere meno aggressiva, dando come risultato una prognosi più positiva. Le ultime due tipologie, invece, sono le più rare. L’IFM infiammatorio tende a verificarsi nel retroperitoneo.

Come si presente l’istiocitoma fibroso maligno?

Così come tutti i sarcomi nei tessuti molli e nelle ossa, l’IFM è raro, con poche migliaia di casi diagnosticati in un anno.

L’istiocitoma fibroso maligno nei tessuti molli si presenta generalmente nei pazienti con un’età dai 50 ai 70 anni, sebbene possa apparire a qualunque età. È comunque molto raro in persone con età inferiore ai 20 anni.

Predomina leggermente su individui di sesso maschile. L’IFM nei tessuti molli può svilupparsi in qualunque parte del corpo ma più comunemente negli arti inferiori, soprattutto nella coscia. Altri posti comuni sono gli arti superiori e il retroperitoneo (e sedi intraddominale e intratoracica - seppure più rare). Spesso i pazienti lamentano una massa o un bozzo che cresce in un breve periodo di tempo, variando dalle settimane ai mesi. È abbastanza frequente che i pazienti riportino un trauma nella zona affetta. Ad esempio, alcuni dichiarano che “hanno sbattuto contro lo spigolo del tavolo”, avvertendo la presenza di un bozzolo da quel momento.

Per quello che si sa, un trauma non causa l’istiocitoma fibroso maligno, ma piuttosto attira l’attenzione. La massa solitamente non causa dolore, a meno che non comprima un nervo vicino. Sintomi come la perdita di peso e la fatica non sono tipici ma possono presentarsi nei pazienti con uno stadio avanzato. I tumori al retroperitoneo possono diventare molto grandi prima che vengano notati, visto che il paziente non avverte la presenza della massa ma piuttosto dei sintomi associati, come l’anoressia o una crescente pressione all’addome.

Cosa fare quando si avverte la presenza di una massa?

Non tutte le masse o i bozzoli sono segno di un cancro. Nonostante ciò è sempre meglio consultare un medico. Le domande frequenti che un medico rivolge ai propri pazienti sono:

  • Da quanto tempo è presenta la massa?
  • Sta aumentando di grandezza?
  • Se sì, in che periodo di tempo?

In seguito il paziente esegue un controllo accurato per attestare la grandezza e la fermezza della massa, esaminando altre parti dell’estremità colpita e ricercando possibili linfonodi ingranditi.

Spesso il primo esame che si effettua è quello a raggi X, solitamente seguito da un RMN. L’RMN è l’esame più utile per osservare i tumori nei tessuti molli perché fornisce informazioni molto importanti tra cui la grandezza, la localizzazione, e la vicinanza alle strutture neuro vascolari. È importante sapere che la diagnosi di un tumore non può essere effettuata solo tramite un RMN.  Per i pazienti che non possono  eseguire questo esame a causa della presenza di impianti metallici come  il pacemaker, può essere effettuata una TAC.

Dopo aver analizzato tutte le informazioni raccolte, se la massa rilevata dà sospetti sulla possibile presenza di un sarcoma, il paziente si rivolto ad un medico specializzato in sarcomi. Lo specialista, generalmente un oncologo ortopedico, eseguirà ulteriori controlli e organizzerà una biopsia.

Quando la diagnosi del sarcoma è sospettosa, bisogna comprendere se il tumore è isolato (localizzato) o diffuso (metastatico). Quando i sarcomi nei tessuti molli si diffondono, possono metastatizzarsi ai polmoni. Per questo, una TAC al petto viene spesso effettuata per determinare la presenza o l’assenza di una metastasi. Mentre i sarcomi, compreso l’IFM, possono espandersi in altre parti, come i linfonodi e le ossa, ciò è abbastanza inusuale. Il compito di esami come la scintigrafia ossea o la tomografia non è ancora del tutto chiaro. 

Alcuni medici sostengono che il compito di questi esami possa essere utile.

Cosa succede se viene diagnosticato un’istiocitoma fibroso maligno?

Una volta che la diagnostica per immagini è stata effettuata e anche la biopsia è avvenuta, può essere determinato lo stadio della malattia. Il sistema più comune è quello della AJCC (American Joint Commission on Cancer). Spesso i pazienti richiedono informazioni sullo stato della malattia. Bisogna tenere in mente che lo stadio non determina il futuro comportamento del tumore. Esso provvede solamente a dare una guida al medico e chi si occuperà delle cure, così da affrontare la malattia nel modo migliore possibile e ottimizzarne lo stato.

Una volta che la diagnosi conferma la presenza del tumore, viene programmata una cura personale per ogni paziente. Le cure dei sarcomi prevedono degli approcci multimodali con la conseguente partecipazione di un team specializzato. Sono tre le tipologie principali di cura che hanno bisogno di coordinazione:

  • Chirurgia
  • Radiazioni
  • Chemioterapia

Chirurgia

La chirurgia è la cura basilare per tutti i tipi di sarcomi nei tessuti molli. Il suo scopo è quello di estirpare tutti i mali nell’area affetta. Per i sarcomi più gravi, la opzioni chirurgiche si suddividono in due categorie: amputazione o interventi mirati agli arti. Storicamente, i sarcomi venivano curati con l’amputazione. Fortunatamente, grazie alle nuove conoscenze su questo tumore,sono state trovate delle cure. Diversi studi hanno dimostrato che non ci sono differenze tra i pazienti che hanno subito un’amputazione e quelli che hanno subito un intervento. In un casuale esperimento clinico svolto dalla National Cancer Institute, non si sono presentate differenze nella sopravvivenza generale dei pazienti con amputazione (70%) contro quelli che sono stati operati chirurgicamente (71%).  Attualmente almeno il 90% dei tumori sono rimossi utilizzando interventi mirati agli arti, eliminando quindi il tumore ma risparmiando l’arto interessato. Questa scelta viene presa nel momento in cui il medico è certo di poter rimuovere completamente la massa tumorale e che la parte del corpo interessata non subisca complicazioni. Ovviamente bilanciare esiti oncologici e funzionali è un’impresa complicata e soggettiva. È molto importante che il medico e il paziente discutano insieme delle aspettative preoperatorie. La ricostruzione in seguito alla resezione della massa tumorale è a volte necessaria in base alla grandezza del tumore e alle strutture sacrificate. Ad esempio, un osso o un’articolazione possono aver bisogno della ricostruzione, così come possono servire lembi di tessuti molli per coprire possibili ferite.

Una volta che il tumore sarà stato rimosso, il patologo analizzerà l’intero campione per confermare il grado e i limiti. Con limiti ci si riferisce ai bordi più estremi di un campione. Dei limiti negativi indicano che non ci sono cellule tumorali nella periferia del tumore, confermando la realizzazione di una completa resezione. Dei limiti positivi, invece, indicano che sono state trovate delle cellulare tumorali nella periferia della massa tumorale, quindi può essere rimasto un piccolo residuo. Chiaramente si spera sempre di trovare dei limiti negativi una volta effettuato l’intervento chirurgico. Sfortunatamente non è sempre possibile ottenerli. Quando è possibile, vengono tentate procedure ampie e radicali per ottenerli.

Radiazioni

La radioterapia è gestita da un radioterapista. Lo scopo delle radiazioni è quello di migliorare il controllo del tumore locale uccidendo residui maligni. Esse hanno chiaramente dimostrato di migliorare i casi di tumori ricorrenti, diventando parte integrale delle cure per l’IFM. Solitamente la dose di radiazioni varia da 45 Gy a 65 Gy.

Ci sono numerosi modi per gestire le radiazioni. Il metodo più utilizzato prevede l’utilizzo di un fascio di radiazioni esterne che possono essere fornite in casi pre-operatori, intra-operatori e post-operatori. Ciascuno di essi ha dei vantaggi e degli svantaggi. Per i tumori in contatto con nervi principali e con vasi sanguigni, le radiazioni pre-operatorie possono ridurre potenzialmente la massa, rendendo l’intervento chirurgico più facile e possibile. L’unico svantaggio in questo caso è l’associazione con le complicazioni post-operatorie dovute a possibili ferite. Le radiazioni post-operatorie sono la tecnica più utilizzata. Di solito si quelle post-operatorie che quelle pre-operatorie vengono somministrate in un periodo di 5 settimane. Le radizioni intra-operatorie, hanno il vantaggio di lanciare una dose di radiazioni direttamente nell’area interessata, risparmiando gli organi vicini come l’intestino o la vescica. È particolarmente utile per curare i sarcomi più grandi nel retroperitoneo dove è facile ottenere un controllo del tumore locale.

Un altro metodo per gestire le radiazioni è una tecnica chiamata brachiterapia. Dopo che il chirurgo ha rimosso il tumore,il radioterapista posiziona un catetere vuoto sul lettino. Una volta che la ferita sarà guarita (di solito 5 giorni dopo l’intervento), il catetere viene riempito di materiali radioattivi, tenendolo sul letto per altri 5 giorni. Ciò permette ad una buona dose di radiazioni in un breve periodo di tempo di evitare un trattamento a base di radiazioni giornalieri per diverse settimane.

Sfortunatamente le radiazioni hanno effetti collaterali ben noti. I problemi con la guarigione delle ferite sono stati già spiegati, così come i problemi con la cicatrizzazione dei tessuti. La complicazione più seria è lo sviluppo di un secondo cancro nel campo irradiato. Questo viene chiamato sarcoma post radioterapia o sarcoma radioindotto. Il loro sviluppo è comunque raro, presentandosi in casi inferiori al 5%.

Chemioterapia

Il ruolo della chemioterapia per la cura dell’IFM non è del tutto chiaro. Diversi esperimenti clinici che hanno fatto uso della doxorubicina hanno mostrato degli andamenti di miglioramento nella sopravvivenza libera da eventi senza grandi impatti nella sopravvivenza globale. Il risultato di una grande quantità di analisi, che include almeno 1600 pazienti affetti da sarcoma nei tessuti deboli, ha portato alla conclusione che l’aggiunta della chemioterapia migliora la sopravvivenza di poco meno del 10%. I risultati erano migliori nei pazienti con tumori estremi che nei pazienti con tumori assiali o nel retroperitoneali. Recentemente, altri esperimenti che hanno fatto uso di ifosfamide e doxorucina hanno mostrato un miglioramento nella sopravvivenza libera da malattie. Uno dei maggiori limiti della chemioterapia è la quantità di tossicità necessarie per ottenere un impatto significante. L’aggiunta di medicinali di supporto come il fattore di crescita ematopoietica, ha permesso l’osservazione di numerose sopravvivenze.

Sfortunatamente, l’interpretazione dei risultati di questi e altri esperimenti di chemioterapia sono cambiati così tanto che è diventato difficile per i pazienti decifrare le informazioni in modo da decidere se aggiungere la chemioterapia alla loro cura. Questa decisione deve essere chiaramente presa con il proprio medico. La chemioterapia viene consigliata di solito a quei pazienti che hanno già avuto malattie metastatici o che hanno un alto rischio di contrarle. Molto più spesso viene sottoministrata come test clinico.

Quale può essere la prognosi e il risultato?

I fattori prognostici che vengono correlati alla sopravvivenza nei pazienti affetti dall’IFM, includono:

  • Stadio del tumore
  • Spessore
  • Grandezza
  • Stato metastatico
  • Età del paziente
  • Sottotipo istologico

I fattori favorevoli prevedono un’età inferiore ai 60 anni, una grandezza del tumore inferiore ai 5 cm, una posizione superficiale, uno stadio basso, l’assenza di malattie metastatiche e un sottotipo mixoide.

I pazienti più anziani con una massa tumorale superiore ai 5 cm e radicata,  e ad un alto stadio, non riceveranno un risultato favorevole. Ad esempio i pazienti con un tumore piccolo e a basso stadio hanno più probabilità di guarire. Invece, per i pazienti con una massa tumorale grande, profonda e ad alto stadio (stadio III), vengono stimati 5 anni di vita per una percentuale che va dal 34% al 70%.

Una recidiva locale (RL), ovvero la riapparizione di un tumore locale, avviene nel 20-30% dei pazienti con un sarcoma nei tessuti molli. È inferiore nei sarcomi estremi, e alta nei retroperitoneali e nei sarcomi alla testa e al collo. La diffusione è direttamente correlata alla possibilità di rimuovere completamente il tumore durante l’intervento chirurgico. Alti livelli di RL sono osservati in casi di limiti positivi, molto più difficili da raggiungere. Se il controllo locale ha un impatto nella sopravvivenza generale non è del tutto chiaro e rimane ancora argomento di discussione. Diverse ricerche hanno apportato dei risultati che supportano entrambe le ipotesi.

È importante che i pazienti sappiamo che le varie informazioni sul risultato e sulla sopravvivenza derivano da analisi eterogenee e retrospettive che mancano di rigorosi criteri di inclusione.

Le statistiche sulla sopravvivenza sono molto più utili al medico, con le quali saprà come guidare la terapia individuando i possibili limiti del paziente.

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Dr. Mario Filippo Antonio Massa Medico Chirurgo
Dr. Mario Filippo Antonio Massa
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