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Quell’alga tossica che colpisce le nostre spiagge

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Alga tossica: come proteggersi e cosa fare

Ogni anno, sul finire dell’estate, se ne torna a parlarne. Arriva da lontano, ma da più di un ventennio colpisce periodicamente le nostre coste. Ora, sotto il mirino sono Puglia e Sicilia ma, nel tempo, non ha risparmiato i litorali di Nord e Sud Italia.

Parliamo della Ostreopsis ovata, una micro-alga tossica che con le sue fioriture causa ingenti danni agli ecosistemi marini, provocando inoltre fastidiose intossicazioni per gli esseri umani.

Un’alga tossica tropicale

Ostreopsis ovata è un’alga unicellulare proveniente dai caldi mari dei tropici. Prima ha colonizzato le acque della Polinesia francese, della Nuova Caledonia e delle isole Ryukyu (a sud del Giappone), ma negli ultimi decenni ha raggiunto anche le nostre coste, trasportata dalle acque di scarico delle navi. E proprio qui ha trovato un ambiente perfetto per prosperare, complice anche il riscaldamento globale, che ha fatto impennare le temperature dei nostri mari. I primi allarmi risalgono alla fine degli anni Novanta. Prima in Toscana, poi nel Lazio, Marche, Abruzzo, Friuli, Liguria e Sicilia. La Puglia non è da meno: insieme alle coste liguri, sembra essere l’area più colpita dalle improvvise fioriture di quest’alga tossica.

Se presente in concentrazioni ridotte, è pressoché impossibile individuare a occhio nudo la presenza dell’Ostreopsis ovata. Ma quando si iniziano a notare schiuma e materiale gelatinoso sulla superficie e una pellicola scura che riveste il fondale, significa che gli esemplari dell’alga sono presenti a milioni, forse a miliradi. Ed è qui che iniziano i problemi.

Cosa fare contro l’alga tossica

Ostreopsis ovata produce infatti una tossina (da qui la denominazione che i media gli hanno attribuito) che può danneggiare l’organismo umano in tre modi:

  1. Inalazione di goccioline di acque di mare – In tal caso, la tossina agisce irritando occhi e mucose, dunque causando raffreddore, difficoltà respiratorie e febbre.
  2. Contatto diretto – Attraverso attività in acqua è possibile entrare accidentalmente colpiti dall’alga: in tal caso, potrebbero comparire dermatite, bollicine, macchie rosse sulla pelle e dolori vari, soprattutto agli arti.
  3. Ingestione di molluschi contaminati – Per questi organismi, la tossina non risulta tossica di per sé, sebbene tenda ad accumularsi all’interno dell’organismo. Consumandoli, però, l’intossicazione alimentare è dietro l’angolo: nausea e diarrea potrebbero rovinare la vacanza.

In genere, i sintomi tipici causati dal contatto con quest’alga regrediscono in modo spontaneo in un arco di tempo compreso tra le 24 e le 72 ore, senza particolari complicazioni. Qualora i disturbi dovessero aggravarsi, però, è bene contattare il proprio medico, per un’analisi più approfondita.

Nessun allarmismo: i controlli ci sono e funzionano

Ovviamente, la situazione è più che nota alle autorità. Non è un caso che dal 30 marzo 2010 sia diventato obbligatorio effettuare monitoraggi in aree a rischio di comparsa dell’alga Ostreopsis ovata e di altre alghe potenzialmente tossiche.

Le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA) devono infatti effettuare ogni anno delle indagini nei litorali marini dove già si è evidenziata la presenza di queste alghe in modo da tenere sotto controllo il fenomeno e, nel caso, avvertire tempestivamente i comuni e le Aziende Sanitarie Locali (ASL) di competenza che, a loro volta, sulla base di linee guida definiranno le azioni da intraprendere in base alla diffusione dell’alga.

Nel caso in cui vi sia una fioritura non segnalata, entra in gioco il buon senso. È bene quindi evitare l’attività di balneazione, non sostare sulla spiaggia in caso di vento forte, non consumare molluschi raccolti personalmente e (soprattutto!) segnalare ai gestori della spiaggia (se privata) o all’ARPA di zona, affinché vengano messe in atto tutte le misure precauzionali per assicurarvi… una buona vacanza!

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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