Se ne discute da molto tempo, con conclusioni spesso molto incerte. La vitamina D può ridurre il rischio di diabete oppure no? La comunità scientifica ancora non ha dato un parere unanime. Gli studi a favore sono tanti, certo. Recentemente, però, si sta mettendo in discussione l’esistenza di una associazione tra vitamina D e controllo glicemico. Ecco perché.
Come nasce il diabete
Il pancreas è una voluminosa ghiandola annessa all’apparato digerente.
Come sappiamo, la funzione principale del pancreas è di produrre succo pancreatico, insulina e glucagone. Il primo è adibito alla digestione di alcune sostanze nell’intestino tenue, mentre insulina e glugacone hanno il compito di controllare la concentrazione di glucosio nel sangue.
Sono le cellule beta del pancreas a produrre e rilasciare insulina: se ne producono poca (o non la producono affatto) il glucosio può accumularsi nel sangue fino a livelli tossici per le cellule e i tessuti dell’organismo. Da qui, la comparsa del diabete di tipo 2.
Le vie di prevenzione del diabete
Lo scenario degli studi effettuati è quello di un paese, gli Stati Uniti, in cui il numero di persone affette da diabete sta crescendo ormai in maniera incontrollata: 84 milioni di americani hanno diagnosi di prediabete, ma il 90% di loro non ne è consapevole. Sono numeri spaventosi che portano a percorre diverse strade, da quella farmacologica all’educazione dello stile di vita, pur di provare a contenere questa pandemia, compresa quella della vitamina D che, essendo associata a molti studi su diverse malattie, è diventata una prassi prescriverla.
Secondo tali studi, infatti, un deficit di vitamina D potrebbe essere uno degli elementi scatenanti la malattia. Alcuni di essi hanno evidenziato la presenza di un composto in grado di potenziare l’attività del recettore della vitamina D quando associato alla somministrazione della vitamina stessa, determinando una risposta antiinfiammatoria e offrendo protezione allE cellule beta.
Ma la vitamina D previene il diabete oppure no?
L’Associazione Americana di Diabetologia ha però minimizzato il ruolo della vitamina D sul diabete. Lo studio D2d, il più grande mai eseguito su questo tema, ha dimostrato che i supplementi giornalieri di vitamina D non riducono in modo significativo il rischio di sviluppare il diabete mellito di tipo 2 in soggetti predisposti e che presentano un livello sufficiente di tale vitamina.
È così che si è pensato di somministrare una dose giornaliera di 4000 UI (Unità Internazionali) di vitamina D come supplemento per diminuire il rischio di ammalarsi: analizzando, infatti, i dati ottenuti, non si riscontra nessuna differenza tra i soggetti a cui era stato somministrato il supplemento e quelli che avevano assunto un placebo. Solo il 12% di coloro che avevano assunto vitamina D hanno avuto una riduzione dell’insorgenza di diabete ma tale percentuale è considerata statisticamente non significativa dai ricercatori.
La vitamina D sembra, però, avere effetti benefici sul diabete di tipo 1 se associata ad alte dosi di omega 3: solo in questo caso si possono rallentare, ed in alcuni casi fermare, la progressione di questo tipo di diabete.
Come sempre, si è in attesa di ulteriori conferme. Gli studi ci sono, ma spesso sono contraddittori. Arriverà una conferma definitiva? Nel frattempo, la soluzione è una, e una sola: affidarsi ai consigli del proprio medico o diabetologo.