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Tri Test in gravidanza: quando farlo e perché serve

Valentina Montagna | Editor

Ultimo aggiornamento – 22 Settembre, 2023

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Il Tri Test, triplo test o Screening Combinato, è un esame di screening non invasivo cui si ricorre nel secondo trimestre di gravidanza per valutare il rischio di alcune patologie, anomalie cromosomiche nel feto, tra cui la sindrome di Down, la sindrome di Edwards (trisomie 21, 18, 13), e la sindrome di Patau.

L'esame è un indicatore di rischio e non rappresenta una diagnosi certa e definitiva, ma è sicuramente un metodo efficace per verificare la necessità di sottoporre madre e bambino a ulteriori indagini.

In questo articolo vediamo cos'è il Tri Test nel dettaglio e in cosa consiste, e la differenza con il Bi-Test, un esame più attendibile che si esegue nel primo trimestre di gravidanza, quindi prima rispetto al Tri Test.

Cos'è il Tri Test in gravidanza e quando farlo

Durante la gravidanza, i test di screening per monitorare la salute del feto e i rischi di alcune patologie, possono essere diversi.

Tra questi, il Tri Test, anche conosciuto come test del triplo screening o test combinato, è un esame prenatale non invasivo, attraverso il quale valutare il rischio più o meno elevato di alcune anomalie congenite nel feto, come la sindrome di Down (trisomia 21), la sindrome di edwards (trisomia 18), la sindrome di patau (trisomia 13), la sindrome di turner (monosomia X). 

L'esame si esegue tra la 15ª e la 20ª settimana di gravidanza e permette di prendere decisioni informate su altre indagini diagnostiche ed eventuali interventi necessari.

Le due componenti principali del test sono l'ecografia transnucalica e il prelievo di sangue materno per misurare i livelli di AFP, uE3 e hCG, tre marker biochimici.

I risultati del Tri Test, insieme all'età materna, vengono poi utilizzati per calcolare il rischio delle anomalie cromosomiche nel feto.

Come si svolge il Tri Test

Il Tri Test inizia con i dosaggi ematici, ovvero con il prelievo venoso del sangue materno per misurare i livelli di alcune sostanze chimiche specifiche, come l'alfa-fetoproteina (AFP), l'estriolo non coniugato (uE3) e la gonadotropina corionica umana (hCG), un ormone prodotto dall'embrione

Eventuali anomalie nei livelli di queste proteine possono lasciar sospettare il rischio delle anomalie cromosomiche.

A seguire, con l'esame ecografico il medico può valutare lo spessore della translucenza nucale del feto, la quantità di fluido che si trova nella nuca del feto e il cui aumento di spessore viene associato alla sindrome di Down.

L'ecografia transnucalica utilizza ultrasuoni per misurare con precisione la sottile sacca di liquido che si forma nella zona del collo del feto. Questa misurazione viene effettuata attraverso immagini visualizzati a video.

Con l'aiuto di un'apposita sonda a ultrasuoni viene individuata la presenza della translucenza nucale. Con un software dedicato si otterrà una misurazione accurata dello spessore.

Nel dettaglio, il Tri Test rileva con una buona percentuale di riuscita la sindrome di Down. Mentre può dare risultati meno attendibili sulla sindrome di Edwards e sui difetti di chiusura del tubo neurale come spina bifida, onfalocele, gastroschisi.

Risultati TriTest: come si ottengono e cosa significano

Per riassumere, dunque, l'esame Tri Test in gravidanza combina i risultati di queste tre misurazioni:

  1. Test del sangue materno 
  2. Ecografia transnucalica
  3. Età materna e altri fattori: l'età della futura mamma è un fattore importante nel calcolo del rischio di anomalie cromosomiche. Le donne più adulte tendono ad avere un rischio leggermente più elevato.

I due risultati del Tri Test vengono combinati con l'età materna e altre informazioni (peso; eventuale presenza di alcune patologie come il diabete; il vizio del fumo), e vengono presentati sotto forma di rischio. Il rischio individuale viene espresso come rapporto probabilistico, ad esempio 1 su 100 o 1 su 1000.

Se il risultato è "positivo", vuol dire che esiste un rischio aumentato di anomalie cromosomiche, mentre il Tri Test negativo suggerisce un rischio ridotto. 

Ciò detto, si osservi che il Tri Test non fornisce una diagnosi definitiva. La positività del risultato non significa che il feto abbia sicuramente un'anomalia, così come il risultato negativo non garantisce l'assenza di anomalie. 

Se il risultato del Tri Test mostra un rischio elevato, potrebbero essere consigliati ulteriori esami diagnostici più invasivi.

Ulteriori esami diagnostici

Se i risultati del Tri Test indicano un rischio aumentato di anomalie fetali, il medico potrebbe raccomandare ulteriori esami diagnostici, come l'amniocentesi o il villus sampling corionico (CVS) o villocentesi, per confermare o escludere definitivamente la presenza di anomalie cromosomiche. 

Questi test offrono una diagnosi definitiva, ma sono anche più invasivi perché comportano una percentuale di rischio di abortività.

Tri Test: una sintesi

Il Tri Test in gravidanza 

  • fornisce una valutazione del rischio e non una diagnosi definitiva: un risultato a rischio non significa necessariamente la presenza di anomalie cromosomiche.
  • può presentare risultati anomali (falsi positivi) che richiedono ulteriori esami per confermare o escludere la presenza di anomalie. Inoltre, il test potrebbe non rilevare alcune anomalie (falsi negativi). È probabile che i valori del Tri Test possano risultare alterati in caso di errore cronologico relativo alla gravidanza; in caso di gravidanza gemellare o trigemina; in presenza di altre condizioni patologiche
  • presenta i risultati del Tri Test che dipendono anche dall'età materna e da altri fattori specifici della gravidanza, che possono influenzare l'accuratezza dell'esame.

Bi Test in gravidanza

Il Bi Test, anche noto come Duo Test o test combinato del primo trimestre, è un esame che si consiglia di eseguire tra la 11° e la 14° settimana di gravidanza, quando il feto ha raggiunto una lunghezza tra 45 e 84 mm.

Il test prevede l'ecografia addominale materna per calcolare la translucenza nucale (misurazione ecografica della translucenza nucale) e il prelievo del sangue della mamma per valutare i livelli di PAPP-A (Pregnancy-Associated Plasma Protein A), una proteina plasmatica A associata alla gravidanza, e hCG (Human Chorionic Gonadotropin), l'ormone prodotto dalla placenta.

Se questi due valori risultano alterati, possono indicare che il bambino sia affetto dalla sindrome di Down.

Il Bi Test non dà certezza che vi siano effettivamente le condizioni anomale cromosomiche e/o le possibilità di sviluppare malformazioni congenite, ma può calcolare questi rischi con una probabilità molto vicina al vero. Il Bi Test ha un'elevata percentuale di rilevamento per la sindrome di Down con una sensibilità del 90% - 95%. 

È importante confrontarsi con uno specialista che possa consigliare e aiutare a prendere decisioni informate sulla gestione della gravidanza, in seguito ai risultati dei test di screening.

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Valentina Montagna | Editor
Scritto da Valentina Montagna | Editor

La mia formazione comprende una laurea in Lingue e Letterature Straniere, arricchita da una specializzazione in Web Project Management. La mia esperienza nel campo si estende per oltre 15 anni, nei quali ho collaborato con nutrizionisti, endocrinologi, medici estetici e dermatologi, psicologi e psicoterapeuti e per un blog di un'azienda che produce format televisivi in ambito alimentazione, cucina, lifestyle.

a cura di Dr. Marcello Sergio
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