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Decadimento cognitivo

Neurologia
Decadimento cognitivo

Cos'è il decadimento cognitivo?

A livello mondiale stiamo assistendo ad un progressivo invecchiamento della popolazione cui si accompagna un aumento del numero di persone che vanno incontro a disturbi neurocognitivi: dall’indebolimento delle funzioni cerebrali fino a forme di demenza severe.

In Italia si stima che circa 10 individui su 100 nella fascia di popolazione compresa tra i 65 e gli 80 anni d’età, soffrano di un certo grado di decadimento delle funzioni cognitive, proporzione che cresce fino a 20 soggetti ogni 100 nella fascia d’età degli over 80.
Numeri consistenti che impongono una seria riflessione sulla necessità di progettare interventi tesi a garantire una diagnosi precoce, utile a rallentare la progressione dei deficit cognitivi nell’anziano. 

Qual è il significato di decadimento cognitivo?

Per decadimento cognitivo si intende il deterioramento della capacità intellettive, tale da interferire con le normali attività quotidiane.

Il decadimento cognitivo lieve anche noto come Mild Cognitive Impairment (MCI) è invece una condizione clinica che si pone a cavallo tra il normale processo di invecchiamento e la demenza lieve, spesso prodromica di condizioni cliniche più severe, può coinvolgere in maniera superficiale diversi domini cognitivi senza per questo compromettere le abituali attività della persona che manifesta il disturbo.

L'MCI non compromette le attività quotidiane di una persona, però crea difficoltà ad ultimare alcuni compiti complicati; il 10-15% delle persone con diagnosi di MCI sviluppa, ogni anno, la demenza come conseguenza della malattia.

Quali sono le cause?

L’origine del deterioramento cognitivo è complessa e probabilmente vede il coinvolgimento di più fattori concomitanti in grado di provocare la comparsa dei sintomi. I ricercatori ritengono che il decadimento delle funzioni cognitive sia da imputare principalmente al normale processo di invecchiamento, alla presenza di alcuni fattori tossici per le cellule nervose (come la proteina beta-amiloide, la Tau e i corpi di Lewy) ma anche ad una ridotta efficienza del metabolismo neuronale. Il decadimento delle funzioni cognitive è spesso associato a diverse patologie neurologiche, tra queste: 

  • morbo di Alzheimer, demenza vascolare e altre malattie degenerative circoscritte ai lobi frontali e temporali del cervello;
  • infarti o emorragie cerebrali;
  • traumi cranici gravi, con lesioni focali o con danno diffuso dei neuroni.
La malattia di Alzheimer è la più frequente causa della demenza (54%),seguita dalla demenza dei corpi di Levy (spesso in pazienti parkinsoniani),e poi demenza fronto-temporale. Se nelle persone di età > 65 anni si trova un 6,4 % di pazienti affetti da dedacadimento cognitivo, il tasso raddoppia ogni 5 anni, fino ad arrivare al 40% negli anziani sopra 85 anni.

Decadimento cognitivo: i sintomi

Le modalità ed i tempi attraverso i quali si manifesta il deterioramento delle funzioni cognitive possono variare notevolmente da soggetto a soggetto. Solitamente però le prime manifestazioni sintomatologiche riguardano la compromissione di una sola funzione cognitiva, più frequentemente la memoria: i primi segnali evidenti sono piccole dimenticanze e vuoti di memoria che diventano sempre più frequenti e più severi. 

Possono inoltre manifestarsi difficoltà di concentrazione, facile distraibilità, difficoltà di pianificazione, stati confusionali e sensazione di smarrimento in contesti sociali allargati o sconosciuti oltre a difficoltà nel linguaggio sia scritto che parlato. Con la progressione del decadimento cognitivo, i disturbi diventano più severi e invalidanti fino a coinvolgere più di una funzione intellettiva. Anche se molto rari, è possibile che nelle fasi critiche della malattia, si verifichino episodi transitori di allucinazioni e/o deliri.  

Test per il decadimento cognitivo

In Italia sono attivi diversi Centri per il Decadimento Cognitivo (CDC) che si occupano della diagnosi e del trattamento dei disturbi delle capacità intellettive.

Il processo diagnostico solitamente comprende un colloquio clinico con il paziente e i familiari, l’esame obiettivo del paziente completato da eventuali esami strumentali (quali RMN o PET) e l’analisi del profilo cognitivo del soggetto, ottenuta attraverso la somministrazione di test neuropsicologici.

Il test più ampiamente utilizzato per la valutazione del deterioramento mentale nell'anziano è il Mini-Mental State (MMS), che valuta le capacità di orientamento, memoria e attenzione, ma anche di riconoscimento e denominazione di oggetti, la facoltà di rispondere a comandi verbali e scritti, le capacità di scrittura e di riproduzione di figure complesse. 

Alimentazione e decadimento cognitivo

Nei casi di decadimento cognitivo spesso i soggetti anziani fanno fatica a seguire una corretta alimentazione in quanto possono manifestare difficoltà a ricordare di doversi nutrire o fare la spesa, spesso hanno difficoltà a distinguere i cibi, a prepararsi il cibo o ad utilizzare in maniera appropriata le posate.

In questi casi, sarebbe opportuno affiancare all’anziano non più autosufficiente una persona che possa assisterlo durante la preparazione del cibo e al momento dei pasti, in modo da poter guidare la persona ad una corretta alimentazione, che dovrebbe essere bilanciata e varia quindi comprendere frutta e verdura, cereali integrali e pesce, alimenti che aiutano a mantenere in salute le nostre abilità cognitive. 

Terapia per il decadimento cognitivo

Nei casi di decadimento delle capacità cognitive è utile progettare interventi di potenziamento cognitivo mirati a stimolare e potenziare le capacità residue, in modo che vadano a rallentare il progressivo declino delle funzioni intellettive.

La stimolazione avviene attraverso esercizi pratici ed è mirata al consolidamento delle funzioni cognitive più vulnerabili, quali: la memoria (anterograda e retrograda), l’accesso al lessico, le capacità attentive e la ritenzione delle informazioni.

Il potenziamento di queste funzioni consente di rallentare la progressione dei deficit presenti e a preservare alcune capacità residue, ma non è in grado di prevenire l’eventuale comparsa di malattie degenerative, ne ritarda solo la comparsa, permettendo all’anziano di mantenere una migliore qualità della vita.

Inoltre, bisogna impegnarsi a fare attività fisica e mentale,nutrirsi adeguatamente e a socializzare; l'isolamento sociale va ridotto più possibile. Sfortunatamente, gli ultimi dati dimostrano una certa inutilità della terapia farmacologica, in particolare degli inibitori della colinesterasi.

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Dr. Leila Turnava Medico Chirurgo
Dr. Leila Turnava
Neurologo

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