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Suicidio

Psicologia
Suicidio

Cosa si intende per suicidio?

Per suicidio si intende l’atto attraverso il quale un individuo causa intenzionalmente, in risposta a situazioni di vita che reputa insormontabili, la propria morte.

Suicidi in Italia: dati ISTAT

Secondo recenti dati Istat, nel 2017 sarebbero ben 3.9305 i decessi per suicidio in Italia, circa 6,5 casi ogni 100,000 abitanti. Il suicidio, secondo quanto emerso, sarebbe un evento piuttosto raro prima dei 12 anni e aumenterebbe con l’avanzare dell'età, con una frequenza massima oltre i 75 anni, inoltre è 3 volte più frequente nel sesso maschile che in quello femminile, categoria che invece mostra un più elevato tasso di tentativi di suicidio non portati a termine.

Il suicidio è il più delle volte associate a condizioni psicopatologiche severe o all’abuso di sostanze psicoattive quali alcool o droghe, in grado di spingere il soggetto fino al compimento di atti lesivi come il suicidio. 

Cos'è il suicidio assistito?

Il suicidio assistito è considerato come una sorta di accompagnamento alla morte, mediante l'aiuto di un medico (che però non agisce direttamente). Per accedere al suicidio assistito è necessario che il soggetto che ne fa richiesta soffra di una malattia dichiarata incurabile e tale da sottoporre la persona a dolori insopportabili o da provocare handicap severi.

Il suicidio assistito, spesso confuso con l'eutanasia o il biotestamento, prevede la somministrazione autonoma e volontaria da parte di chi ne fa richiesta delle sostanze necessarie a porre fine alla propria vita. Tali farmaci indurranno nel soggetto che li assume un profondo stato di addormentamento cui farà seguito un arresto cardiaco in uno stato di assoluta incoscienza del malato.

Cosa spinge al suicidio?

È spesso difficile comprendere cosa passa nella testa di un suicida, le cause in grado di spingere un individuo al suicidio possono infatti essere varie e molteplici.

Va specificato che non esiste un vero e proprio profilo psicologico del suicida, a volte infatti gli intenti suicidari si manifestano improvvisamente senza un apparente motivo, ma nella maggioranza dei casi riflettono la presenza di un disturbo psichiatrico preesistente, o possono rappresentare la risultante di un grave trauma (fisico o psicologico), un lutto personale, della rottura di legami affettivi, di una malattia debilitante o invalidante o derivante dalla perdita del lavoro.

Secondo diverse ricerche tra i fattori di rischio principali in grado di indurre un soggetto a compiere un simile atto, vi è la famigliarità. Soggetti con una storia familiare di tentativi di suicidio, suicidio oppure di atti autolesivi, avrebbero un rischio maggiore rispetto alla popolazione generale di mettere in atto un simile comportamento. Anche l’abuso di alcol o di sostanze stupefacenti aumenterebbero il rischio di compiere atti suicidari come conseguenza del loro uso.

Tra i disturbi psichiatrici che possono indurre in un individuo pensieri suicidari e portarli all’atto, includiamo:

Quali segni devono allarmare?

La quasi totalità dei tentativi di suicidio è frutto di impulsività e non di una ferma e deliberata intenzione. Malgrado ciò è importante fare attenzione ad alcuni segnali in grado di indicarci se un individuo sta o meno contemplando l’idea del suicidio.

Tra i segni cui prestare attenzione citiamo:

  • il soggetto manifesta delle ideazioni suicidarie; 
  • fa uso o abuso di sostanze psicoattive;
  • si isola dagli affetti;
  • manifesta ansia, irrequietezza, irritabilità e rabbia;
  • mette in atto comportamenti ad alto rischio;
  • manifesta disturbi dell’umore;
  • non ha sufficiente autostima;
  • riferisce sentimenti di impotenza o inutilità. 

Specifichiamo che, nella maggior parte dei casi, tutte le situazioni o i comportamenti che abbiamo elencato non conducono al suicidio, ma la presenza di alcuni di questi segnali, rappresenta un campanello d’allarme che non deve e non può essere sottovalutato, in quanto aumenta in maniera esponenziale il rischio suicidario. 

Prevenzione del suicidio: è possibile?

Come abbiamo avuto modo di comprendere, il suicidio è un fenomeno molto complesso: per questo ma la sua prevenzione e gestione non sono di facile attuazione.

Un’efficace azione di prevenzione deve necessariamente prevedere una serie di interventi tesi ad individuare e trattare gli eventuali disturbi psichiatrici sottostanti e controllare e contenere i fattori ambientali di rischio attraverso un’accurata sensibilizzazione della popolazione. La diffusione di informazioni volte al riconoscimento precoce dei segnali d’allarme o spie di disagio, sono elementi essenziali per il successo dei programmi di prevenzione del suicidio.

È importante che tutti si predispogano all’ascolto attivo dell’altro, in quanto il più delle volte il malessere associato alla malattia mentale può impedire alle persone di chiedere o accettare l’aiuto necessario. Ascoltare e cogliere questi segnali può rappresentare il primo passo per la salvazza, poiché in questo modo la loro sofferenza viene riconosciuta e quindi trattata prima che sia troppo tardi. 

Quali sono le cure per chi ha tentato un suicidio?

La psicoterapia è senza ombra di dubbio la terapia d’elezione per il trattamento dei soggetti che hanno tentato il suicidio o che hanno pensieri o comportamenti suicidari. 

I soggetti con una storia di tentativi di suicidio alle spalle necessitano di cure specialistiche e individualizzate a seconda della causa che li ha portati a mettere in atto un simile comportamento. Nella fase acuta potrebbe essere necessario contemplare l’ipotesi di un trattamento in regime di ricovero, in modo da proteggere il paziente da se stesso e da eventuali altri tentativi di suicidio.

Alla terapia psicologica viene spesso affiancata una terapia farmacologia a base di farmaci psicotropi utili a stabilizzare lo stato psichico del paziente e a scongiurare un possibile altro tentativo di suicidio. 

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Dr.ssa Martina Valizzone Psicoterapeuta
Dr.ssa Martina Valizzone
psicologopsicoterapeuta

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