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Analisi del sangue: sai leggere l’esame?

Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche

Ultimo aggiornamento – 28 Aprile, 2022

Analisi del sangue: come leggeri i diversi valori

Quando si ritira il referto delle analisi del sangue, se tutti i parametri rientrano nei rispettivi intervalli di normalità riportati, magari non ci si sofferma più di tanto a cercare di interpretare sigle e numeri.

Se si riscontra qualche valore al di fuori dell’intervallo di normalità, invece, ci si potrebbe preoccupare più del necessario. Saper leggere l’esame del sangue è utile per non lasciarsi prendere da inutili ansie: vediamo come fare.

Analisi del sangue: quando farle

Gli esami del sangue sono richiesti per varie ragioni: il sangue, circolando in tutto l’organismo, ci consente infatti di ottenere delle preziose informazioni sullo stato di salute di diversi organi e dell’organismo in generale. 

Perciò, le analisi del sangue possono rappresentare uno strumento per la diagnostica oppure per un controllo di routine sullo stato di salute generale, per valutare gli effetti di una terapia o, ancora, per monitorare la propria condizione in vista di una procedura chirurgica.

Le analisi si eseguono su prelievo di sangue venoso effettuato, solitamente, la mattina a stomaco vuoto (è sufficiente il digiuno notturno di 6-8 ore) e potendo bere solo acqua. Il digiuno garantisce che non vi siano sostanze che interferiscono con i dosaggi.

In alcuni casi particolari, è necessario seguire una dieta specifica prima del prelievo o sospendere l'assunzione di alcuni farmaci: in questi casi, sarà dovere del medico informare il paziente. Dopo il prelievo, ci si può ricompensare del sacrificio con una abbondante colazione.

Lettura degli esami del sangue: ecco come fare

Una delle cose fondamentali da sapere quando si leggono le analisi del sangue, soprattutto se si confrontano esami provenienti da laboratori diversi, è che le unità di misura e l’intervallo di normalità di alcuni parametri possono essere diversi (anche se vi è comunque una standardizzazione delle misure): laboratori diversi, infatti, possono utilizzare metodiche di misura differenti

Perciò, se si confrontano delle analisi, occorre guardare bene l’unità di misura e l’intervallo di riferimento indicato dal laboratorio.

Un altro concetto da tenere presente per interpretare correttamente le analisi del sangue è quello di “variabilità biologica”, ovvero il fatto che gli intervalli di normalità dei parametri sono realizzati prendendo in considerazione i valori riscontrati più frequentemente nella popolazione sana; alcuni di noi, tuttavia, possono trovarsi fisiologicamente al di fuori dell’intervallo. 

Un buon modo per conoscere i propri valori di riferimento è quello di confrontare le analisi ripetute nel tempo, poiché se un certo valore è fisiologico tende a mantenersi pressoché inalterato.

Emocromo: di cosa si tratta

L’esame del sangue più richiesto è, senza dubbio, l’esame emocromocitometrico, comunemente indicato come emocromo. Esso è utile sia per il controllo di routine sia negli altri casi e consente di valutare molti parametri: il numero delle cellule del sangue, la quantità di emoglobina e l’ematocrito.

Vediamoli nel dettaglio:

  • Ematocrito – L’ematocrito (la cui sigla è Ht o HCT) indica la percentuale del volume sanguigno occupata dalle cellule del sangue, ovvero la percentuale di quella che è chiamata parte corpuscolata del sangue. Per la corretta interpretazione del dato bisogna aver presente due fattori: età e sesso. Essi, infatti, sono responsabili delle differenze nei valori di normalità: più elevati negli uomini che nelle donne, molto elevati nei neonati e più bassi rispetto al valore normale in gravidanza e nell’anziano.
  • Emoglobina – L’emoglobina, che nei referti è indicata dalla sigla Hb, è una proteina presente nei globuli rossi, responsabile del trasporto di ossigeno e di anidride carbonica. Essa è prodotta nei precursori dei globuli rossi, nel midollo osseo, e rimane in alte quantità nelle cellule mature. Le alterazioni dell’emoglobina sono note come emoglobinopatie, e il dosaggio di questa proteina può essere utile sia per la diagnosi sia per il controllo della malattia.
  • Emoglobina glicosata – A volte il medico può richiedere il dosaggio di una forma particolare di emoglobina, la cosiddetta emoglobina glicosilata o glicata (HbA1c), che viene utilizzata per valutare la concentrazione plasmatica media di glucosio nel tempo. Il glucosio, infatti, si lega all’emoglobina nei globuli rossi, i quali vivono 120 giorni. Ne deriva che la misura di questa forma di emoglobina restituisce un’idea dei livelli medi di glucosio nel sangue in un tempo relativamente lungo. È utile, ad esempio, per verificare se la terapia di un soggetto diabetico riesce a controllare adeguatamente la glicemia.

Con l’emocromo, poi, si ottiene il dettaglio del numero di cellule presenti nel sangue, suddividendole per tipologia.

  • Globuli rossi – I globuli rossi (o eritrociti) sono le cellule responsabili del trasporto di ossigeno (dai polmoni a tutti i tessuti) e anidride carbonica (da tutti i tessuti ai polmoni) nell’organismo. La diminuzione dei globuli rossi si riscontra in alcune patologie in cui vi è aumento dell’emolisi. Le informazioni sulla grandezza e la forma dei globuli rossi sono fornite, invece, dagli indici corpuscolari: MCV (il volume corpuscolare medio dei globuli rossi), MCH (contenuto corpuscolare medio di emoglobina nei globuli rossi), MCHC (concentrazione cellulare media di emoglobina) e RDW (ampiezza della curva di distribuzione degli eritrociti).
  • Globuli bianchi – I globuli bianchi (o leucociti) sono le cellule deputate alla difesa dell’organismo. Nelle analisi viene sempre indicata la formula leucocitaria, che consente di visionare il numero di ciascun tipo di globulo bianco. Infatti, i leucociti si suddividono in: linfociti, monociti/macrofagi, granulociti neutrofili, eosinofili e basofili). Infezioni e stati infiammatori causano l’aumento del numero di queste cellule, e andando a guardare quale tipo di globuli bianchi ha subito l’innalzamento si può ipotizzare quale sia la causa. Per esempio, i granulociti neutrofili tendono ad aumentare con le infezioni batteriche, mentre i granulociti eosinofili aumentano in corso di infezioni da parassiti e nelle reazioni allergiche. I linfociti, invece, tendono ad aumentare con le infezioni virali o batteriche intracellulari.
  • Piastrine – Le piastrine sono le cellule che partecipano alla coagulazione del sangue. Una loro diminuzione può causare emorragie, un loro aumento, invece, espone al rischio di trombosi.

Ferritina, creatinina, transaminasi, colesterolo e tanto altro

Sono molteplici gli esami che possono essere richiesti tramite le analisi del sangue

Per misurare il tempo impiegato dai globuli rossi per separarsi dal plasma (la parte liquida del sangue), è richiesta la VES (velocità di eritro-sedimentazione). In realtà è un esame abbastanza aspecifico, perché l’aumento della VES è associato a molte condizioni cliniche (dai processi infiammatori ai tumori). Anche la precisione del risultato è abbastanza relativa, ma viene comunque richiesto perché, insieme ad altri esami, può aiutare a definire meglio il quadro clinico.

Per la valutazione della coagulazione è richiesto il dosaggio del fibrinogeno, una proteina che viene attivata trasformandosi in fibrina, la quale prende parte al processo di coagulazione. Il valore del fibrinogeno risulta alterato in caso di emorragie e di infezioni gravi, ma anche durante la gravidanza.

Per valutare la concentrazione ematica di glucosio viene richiesta la glicemia, che va dosata a digiuno la mattina (glicemia basale). Le alterazioni della glicemia basale sono degne di approfondimento con curve di carico glicemico, da eseguirsi separatamente.

Vi sono poi una serie di parametri dosabili che ci riferiscono lo stato di salute epatico. La ferritina, ad esempio, ci dice qual è la riserva di ferro presente nel fegato. Le transaminasi GOT (o AST) e GPT (o ALT) ci indicano principalmente la presenza di danno epatico, perché questi enzimi sono molto concentrati nel fegato. Tuttavia, livelli inferiori di GOT e GPT sono presenti anche nel cuore, nel muscolo scheletrico e nel rene, perciò possono essere alterati anche in caso di danno ad altri tessuti.

Colesterolo e trigliceridi sono altri due parametri utili per indagare lo stato del fegato, perché sono lipidi da esso prodotti. Non dimentichiamo però che sono anche sostanze introdotte con la dieta, quindi se sono troppo elevati è opportuno cambiare qualcosa nell’alimentazione. Questi grassi, infatti, espongono ad un aumentato rischio di malattia cardiovascolare.

Per il colesterolo, nelle analisi si ritrovano i valori di colesterolo totale e quelli singoli di LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) e HDL (il cosiddetto colesterolo buono).

Anche l’accumulo di bilirubina può indicare la presenza di malattie epatiche. La bilirubina è il pigmento della bile e nelle analisi vengono distinte: bilirubina totale, bilirubina indiretta (o non coniugata) e bilirubina diretta (o coniugata). Quella indiretta è la bilirubina che non è ancora stata modificata dal fegato, viceversa quella diretta.

Un altro enzima presente in tutti i tessuti, ma la cui concentrazione è maggiore nel fegato, nel rene, nelle ossa, nell’intestino e nella placenta è la fosfatasi alcalina. Il suo dosaggio, quindi, consente di definire lo stato di salute di diversi organi.

Il fegato poi produce una proteina, chiamata albumina, che mantiene l’equilibrio dei liquidi corporei e trasporta molte molecole endogene ed esogene. Quindi, non solo ci dà un’indicazione dello stato del fegato, ma anche dell’intero organismo.

Tra gli esami più comunemente richiesti, poi, vi sono quelli che valutano la funzionalità renale. Ad esempio, il dosaggio della creatinina e dell’acido urico. La creatinina viene eliminata con le urine, e il suo accumulo nel sangue significa che i reni non stanno funzionando a dovere. L’acido urico è un metabolita di scarto, proviene dal metabolismo proteico e viene eliminato con le urine. Anche in questo caso, l’accumulo nel sangue è indicativo di un malfunzionamento renale. Infine, il medico può richiedere anche il dosaggio delle gammaglobuline, che non sono altro che gli anticorpi.

Ora che conoscete il significato dei parametri misurati nell’esame del sangue, potete farvi una prima idea del vostro stato di salute una volta ricevuti i risultati dell'esame.

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Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche
Scritto da Chiara Tuccilli | Biologa e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche

Da sempre interessata alla divulgazione scientifica e con un'implacabile sete di conoscenza che vorrei condividere, sono Biologa, laureata in Biotecnologie Mediche e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche. Svolgo sia attività libero professionale di Biologo Nutrizionista sia attività di ricerca, presso l’Università "La Sapienza" di Roma.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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